Sabato, 21 Maggio/ 2016
– di Roberto Pecchioli –
Venerdì, Agosto 31th/ 2012
– di Mario Luongo e Serena Spagnolo –
Italia / Trattativa Stato – Mafia / Giorgio Napolitano / Nicola Mancino / Panorama / Giorgio Mulè / Antonio Ingroia / Intercettazioni telefoniche / Nota del Quirinale / Ricatto al Presidente della Repubblica / Lettera di Scarpinato / Roberto Scarpinato / La richiesta di 400 magistrati / Mario Luongo / Serena Spagnolo
Intercettazioni-Quirinale: Panorama accende
la miccia per l'ennesima bagarre mediatica
Ma per ora sembra solo fumo negli occhi:
e le copie in edicola volano!
Intanto la lettera di Scarpinato divena un classico:
400 magistrati ne chiedono la diffusione capillare
negli istituti scolastici
Immortali – Falcone e Borsellino sono ancora più vivi che mai!
Roma – La trattativa Stato–mafia della quale abbiamo parlato più volte nei nostri articoli assume tinte sempre più assurde nei suoi diversi capitoli. Il capitolo più recente è quello delle telefonate tra Nicola Mancino e il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con le relative intercettazioni e gli annessi dibattiti scatenati su questo tema. In tal proposito si sono ormai espressi tutti, ma davvero tutti: dalle cariche istituzionali ai leader politici, dai direttori di quotidiani e periodici ai più svariati opinionisti, passando per magistrati giuristi e chi più ne ha..
I "Destabilizzatori" e la trave nell'occhio dei potenti
Gli scontri più o meno accesi tra i garantisti e i “destabilizzatori” – come li definisce una nota del Colle – si concentrano prima sul contenuto delle conversazioni, poi, sulla loro legittimità costituzionale o sulla decisione di Napolitano di ricorrere alla Corte Costituzionale per tutelare il proprio ruolo istituzionale. Si potrebbe andare avanti ancora per un pò, ma si è arrivati ad un punto in cui la bagarre mediatica scatenata da questo episodio e dal suo corollario sta distogliendo, se non fuorviando, l’attenzione pubblica dal nocciolo della questione: il contenuto delle conversazioni tra Mancino e Napolitano sono essenziali ai fini dell’indagine sulla trattativa Stato–Mafia? Possono fare luce su un’ombra che l’Italia si porta dietro e dentro da vent'anni? Certo, gli altri aspetti che gravitano attorno a queste domande non sono affatto secondari, anzi! Basti pensare all’ennesima “variazione sul tema” che ha scatenato l’ennesimo polverone mediatico, questa volta da parte del settimanale Panorama.
Ricatto al Presidente?
“Ricatto al Presidente” titola in copertina sul numero di questa settimana, continuando con “Le verità sulle intercettazioni che scottano”. All’interno segue una ricostruzione “esclusiva” delle telefonate tra Mancino e Napolitano che si concentrano su alcuni inquirenti di Palermo, ma anche su personaggi politici come Di Pietro e Berlusconi, sui quali, sempre a detta di Panorama, vengono spese parole non lusinghiere. E da qui si è accesa la miccia per far esplodere l’ennesimo dibattito tra le parti in causa. Da una parte il Colle che nella stessa nota dichiara come “la pretesa, da qualsiasi parte provenga, di poter ricattare il Capo dello Stato è risibile”; dall'altra la risposta del direttore di Panorama Giorgio Mulè che (forse per stemperare) risponde che le richieste ed i dubbi avanzati dal suo periodico sono gli stessi del Quirinale. In mezzo tante voci, tra cui quella di Antonio Ingroia che sottoscrive le parole di Napolitano sottolineando che "nella trattativa tra lo Stato e la mafia hanno operato ambienti abituati a gestire manovre torbide” e che il ricatto sembra più quello fatto da Panorama. Insomma sembra di capire che tutti dicano lo stesso concetto, ma con parole e sfumature diverse. Ma allora se davvero di sfumature si tratta, a cosa è dovuto questo polverone? E soprattutto a cosa serve, se non ad aggiungere elementi spesso inutili e non inerenti ad un’indagine legata a temi molto importanti per lo Stato italiano? Da quello che era partito come un tentativo di fare chiarezza sulla trattativa si è arrivati ad uno scontro tra magistratura e Quirinale. Da questo, si è giunti ancora ad un contrasto tra le diverse fazioni politiche che appoggiassero o meno il Colle, fino ad arrivare alla bagarre mediatica combattuta sui giornali a suon di titoli (e copie vendute). Da parte nostra, abbiamo ormai paura di sapere di cosa parlerà il prossimo capitolo. Intanto a Sud, qualcosa tuttavia dopo vent'anni sembra muoversi con maggior forza. Nasce un nuovo fermento, un sobbalzo di speranza dalle semplici righe di una lettera lasciata ai posteri da un magistrato.
Rinascere a Sud
‘’Stringe il cuore a vedere, e talora tra le prime file, nei posti riservati alle autorità, anche personaggi la cui condotta di vita sembra essere la negazione stessa di quei valori di giustizia e di legalità per i quali qualcuno è andato incontro alla morte; personaggi dal passato e dal prensente equivoco le cui vite – per usare le parole di un martire della giustizia – emanano quel puzzo del compromesso morale che tu tanto aborrivi e che si contrappone al fresco profumo della libertà’’. Queste le parole di Scarpinato; questa la lettera indirizzata a quell’eroe di Paolo Borsellino che morì vent’anni fa per ricercare l’onore. Scarpinato parla, rivolgendosi a lui ma anche a tutti quelli che ascoltandolo si sentono messi alla berlina, uomini, politici, schiavi del Dio denaro che preferiscono consegnare la loro vita (e quella del loro paese) in mano a dei ladri, anziché combattere per provare a cambiare qualcosa. Trattativa stato-mafia! Il solo improbabile connubbio implica guai ed evoca suoni distorti che traviano la mente. Trattativa tra legalità e inganno, tra fede e disonore, tra bene e male, anche se ormai quale dei due porti avanti il bene – obietta qualche pentito – non è molto chiaro. Scarpinato intanto non sta a guardare e scrive, legge, interroga, domanda, per ottenere giustizia: quella che hanno provato a cercare Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Inutilmente? Ogni giorno si spera di no, ma l’Italia dei potenti e degli intoccabili ormai questo dimostra, o vorrebbe dimostrare spavaldamente.
La lettera di Scarpinato diventa un "Classico"
Intanto, ormai la lettera diventa un classico, o almeno si prova a farla divenire tale, perche oggi più di 400 magistrati chiedono che la lettera di Roberto Scarpinato diventi immortale e che sia diffusa "nelle istituzioni e nelle scuole, tra i concittadini onesti ed impegnati”. Una goccia in un mare di omertà, certo, a almeno qualcuno ci prova! E forse la differenza tra un lavoratore onesto e un politico corrotto sta proprio in questo: il primo vede nella lettera una speranza; il secondo una semplice diffamazione. Chissà! Un qualcosa che gli impedisca, forse, di guardarsi allo specchio!? Non crediamo sia così, ma almeno si spera che dopo la lettera immortale di Scarpinato qualcosa possa cambiare. Almeno tra gli Italiani che vogliono ancora essere fieri di chiamarsi cosi, seguendo la scia di onestà lasciata da Paolo Borsellino e Giovanni Falcone.
Mario Luongo, Serena Spagnolo (Copyright © 2012 Qui Europa)
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