Mercoledì, 15 Giugno/ 2016
– di Francesco Lodi, Sete di Giustizia Genova –
Lunedì, Settembre 24th/ 2012
– di Sergio Basile –
Italia / FIAT / Torino / Roma / Sergio Marchionne / Mario Monti / Crisi / Chiusura stabilimenti italiani / FIOM / Sindacati / Piano Fabbrica Italia / Chrysler / Casini / Bersani / Polonia / Brasile / Serbia / Ammortizzatori sociali / Bugie mediatiche / SKY TG 24 / Stefano Fassina / Barack Obama / Bonanni / Antonio Di Pietro intervento su Facebook / Gianni Fava / Tav in Val Di Susa / Isolamento della Fiom / Spaccamento del fronte sindacale / Crescita della Crysler negli Usa
FIAT – Un vertice dei miracoli inconcludente
A,B,C e le ipocrite repliche dei sostenitori del
recessivo Fiscal Compact
Resta spaccato il fronte sindacale mentre Marchionne
non presenta alcun piano di sviluppo. Solo altre
promesse per l'Ad Fiat
Intanto Chrysler Vola negli Usa grazie agli incentiti di
Obama ed all'impegno di Marchionne
Roma – "Nonostante gli sforzi del governo, mi pare che il problema Fiat rimanga del tutto aperto. Al tavolo di ieri c'era un convitato di pietra e cioè una nuova stagione di ammortizzatori sociali costosi per i lavoratori e per lo Stato, senza una prospettiva sicura". Nelle scorse ore, all'indomani di un incontro piuttosto inconcludente tra i vertici del Lingotto e il premier Mario Monti, sul "Caso Fiat", questo è stato il commento del segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. Ma, in effetti, col senno di poi, dubbi e perplessità sono stati espressi anche dal collega Fassina e da tutti i leader della maggioranza.
Fassina-Bersani: la politica del Gatto e della Volpe
"Dati alla mano – continua Bersani – una prospettiva sicura non sembra poter esser più garantita dalla sola Fiat. Credo che ci vorranno anche altri e urgenti incontri con i protagonisti del settore auto: componentistica, reti commerciali, e organizzazioni sindacali. E' sull'intero settore – dichiara Bersani – che ci giochiamo un pezzo dell'avvenire del Paese". E lo dice forse dimenticando che – sempre dati alla mano – il Paese probabilmente ce lo siamo già giocati a tarallucci e vino, prima dell'estate, grazie all'approvazione da parte della maggioranza e dello stesso Pd, dei recessivi ed illusori "Fiscal Compact" e del "Fondo Salva Stati Permanente" (Meccanismo Europeo di Stabilità – MES) ratificato da Mario Monti nel Consigio europeo di fine Giugno. La stessa inconsistente e vuota eco di Bersani è risuonata nelle parole (di circostanza) del collega di partito Stefano Fassina, secondo il quale "la Fiat, nonostante i proclami di Fabbrica Italia già irrealistici nel 2010, intende affrontare passivamente un mercato in profondo e strutturale mutamento con conseguenze negative per l'azienda, per i lavoratori e per il tessuto produttivo nazionale".
Alfano il "Fiduciario"e Casini il "Fedelissimo"
Sull'altro fronte, quello "berlusconiano" della maggioranza e delle fiducie indiscusse (ben 37) al governo Monti, non è tardata la replica del segretario del Pdl, Angelino Alfano, "E' certamente positivo l'avvio di un percorso condiviso tra Fiat e Governo nel corso del quale dovrà essere protetto il reddito dei lavoratori. In quest'ottica, pensiamo necessaria e possibile la conservazione di tutti i siti produttivi (…) – ha continuato Alfano – il governo dovrà però individuare misure per la generalità delle imprese e non solo per Fiat. Tuttavia – conclude – sono tendenzialmente contrario ad altri incentivi. Non mi sento rassicurato ma preoccupato". Da sky TG24 anche Pieferdinando Casini ha voluto dire la sua sul sulla crisi Fiat. "La Fiat adempia agli impegni che aveva preannunciato. Questa è serietà! – ha sbottato il leader dell'Udc – Non si può chiedere ai politici e riservarsi parti in commedia. Lo Stato ha fatto bene ad aiutare, abbiamo già dato, ora dia la Fiat". Sempre nell'intervista a Sky, tuttavia, il centrista aveva dichiarato un momento prima come era impossibile pensare al futuro politico italiano senza fare il nome di Mario Monti. Poichè a suo dire, in Italia, non esisterebbero personalità poitiche in grado di surrogare il suo lavoro e degni del suo spessore. Un clamoroso autogol anche per lo stesso "ruolo politico" dello stesso Casini, che evidentemente non si sente all'altezza! Che dite? Ma insomma – la domanda è d'obbligo – al netto delle bugie mediatiche, e delle dichiarazioni d'amore incondizionato, chi ci ha mandato in recessione, caro Casini?
Ambiguità – Le Colpe della Recessione e il Debito Fittizio
Come analizzare tali dichiarazioni? Beh, una cosa è certa: vi è una contrattizione di fondo che le lega. Un comune ed evidente filo conduttore: tutti i leader del celeberrimo trio montiano "A,B,C" sembrano, infatti, spaventati a morte dallo spettro della recessione che ora si abbatte violento e impietoso sulla più famosa azienda italiana, e su migliaia di dipendenti impiegati in tutta la filiera dell'auto, ma lo fanno soltanto ora, a giochi fatti! Come dimenticare, d'altronde, le dure contestazioni riservate proprio al responsabile economia del Pd, Stefano Fassina, solo pochi giorni orsono dinnanzi al Ministero dello Sviluppo Economico dai dipendenti dell'Alcoa? Davvero non si può! Gli attuali e "coscienziosi" grilli parlanti della politica ammoniscono il "pinocchio Marchionne" soltanto ora, dopo aver aiutato il "governo Lucignolo" a mandare in recessione il Paese. E a pro di che? Per fingere di ripagare un debito pubblico autorigenerantesi ed inestinguibile, se non in virtù della restituzione al popolo italiano della propria sovranità monetaria: loro rubata dai banchieri privati grazie a squallide e meschine leggi e decreti che hanno favorito, dal 92 ad oggi, (Vedi decreto Carli-Amato del 92) la privatizzazione della Banca d'Italia a tutto vantaggio della "privata" BCE.
La posizione della Lega in Italia ed Europa e le PMI
In questo ipocrita contesto, francamente un pò più realistiche ci sono apparse le dichiarazioni di Gianni Fava – responsabile per l'economia della Lega Nord (unico partito, bisogna dargliene atto, ad essersi opposto tramite i propri europarlamentari, a Bruxelles e Strasburgo, alle strane e deleterie misure rigoriste di Fiscal Compact e MES – che ha reso noto come "la Lega Nord si opporrà ad eventuali incentivi dati ad hoc per la Fiat; se sono necessari ad aiutare le imprese, come crediamo – ha aggiunto Fava – allora bisogna darli a tutte, in particolar modo alle piccole e medie imprese, locomotiva dell'economia del nostro Paese, che stanno vivendo un gravissimo momento di crisi senza mai ricevere, a differenza della Fiat, aiuti di Stato".
La solita farsa!
Molto dura anche la posizione del leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, che dalla propria pagina FaceBook ha scritto testualmente: "ieri l'A.d. Fiat, Sergio Marchionne, e il presidente del Consiglio, Mario Monti, hanno messo in scena la solita farsa. Invece di continuare a rimandare la soluzione – ha scrito di Pietro – il governo avrebbe dovuto porre a Marchionne delle domande precise che noi dell'Italia dei Valori facciamo da almeno due anni e che ribadiamo ancora una volta: quando la Fiat – domanda da FB, Di Pietro – ha intenzione di fare gli investimenti, quali sono i modelli innovativi, dove intende produrli?". In effetti non una parola è emersa dall'atteso faccia a faccia su tempi e sui modi con i quali la Fiat targata Marchionne intenderà investire in Italia, e sull'impegno reale dei fondi pubblici (20 miliardi di euro) avuti da mamma Italia. Per ora – è bene ribadirlo – solo un miliardo di euro è stato speso in tal direzione!
Sindacati – Il Bonanni che ti aspetti!
Più (ingiustificatamente) disteso e speranzoso è stato il commento del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, secondo il quale "In Italia sappiamo fare tantissime cose, dall'auto, alla moda e all'alimentare, dobbiamo entrare nella logica che lavorare in questi settori sono punti di Pil. Credo però – e qui Bonanni forse avrebbe fatto meglio a tacere! – che non ci sia questa consapevolezza, altrimenti non ci sarebbero casi di gioco al massacro autolesionisti come su Fiat, Ilva e Val di Susa che fanno stare al palo l'Italia. (…) L'incontro tra la Fiat e il governo – ha poi continuato il sindacalista – é stato certamente un fatto positivo, ma ora la Fiat deve incontrare anche i sindacati che si sono assunti le proprie responsabilità per gli investimenti peraltro già realizzati di Pomigliano e Grugliasco. Noi – aggiunge – vogliamo una verifica puntuale con Marchionne sui futuri piani di investimento della Fiat in Italia. I gufi – dichiara infine – sono stati smentiti. Marchionne ha confermato che la Fiat non andrà via dall'Italia ma punterà nei prossimi mesi sull'export in attesa che si riprenda il mercato interno. Ma si sà, dalle parole ai fatti – proverbialmente – c'è di mezzo il famoso ed immenso mare! E poi non va dimenticato che Bonanni è stato uno degli artefici del noto e discussoo isolamento della FIOM, che ha sancito un grave spaccamento del fronte sindale, a svantaggio delle politiche unitarie di difesa degli operai Fiat, e non solo.
L'amara realtà al netto delle chiacchiere
A ben vedere, da parte nostra, quella emersa ieri da Roma ha tanto il sapore di una presa di posizione piuttosto umoristica ed inconcludente. Una sorta di presa per i fondelli all'italiana (per comprenderci) vista l'assoluta latitanza di un piano progettuale d'investimento per il presente o per il prossimo futuro del Lingotto! Che fine faranno dunque i restanti 19 miliardi di euro che Sergio Marchionne avrebbe dovuto fin da subito investire nel Paese? Come si può pensare di risollevare il settore, se come noto gli investimenti fatti in un comparto produttivo danno frutti solo a distanza di 2/3 anni? Come si può pretendere di "raccogliee" i frutti se non si è provvedutto a "seminare"? Prospettive utopistiche ed alquanto aleatorie agli orizzonti del sodalizio Fiat-Italia, dunque! E' questa l'amara realtà al netto delle chiacchiere.
Il Felice trend della Chrysler e l'impegno di Marchionne negli Usa
E ciò mentre la Chrysler, negli Usa, vola sull'onda degli investimenti realizzati oltreoceano ed in paesi "off-shore" (vedi Polonia, Serbia, Brasile e Argentina, dove il costo del lavoro è nettamente inferiore a quello italiano) dallo stesso Marchionne con i con i dollari donati da Barack Obama, e malgrado il periodo non felice nel quale versa l'intero comparto produttivo statunitense, caratterizzato da bassa produttività per certi versi assimilabile ed equiparabile a quella italiana. D'altronde non va dimenticato che gli Usa sono il secondo Paese al mondo per livello di Debito Pubblico, dopo il Giappone, che guida la classifica con circa 8000 miliardi di euro di debito: lo stesso delle imprese private francesi!
La partita aperta sul fronte sindacale
Nei prossimi giorni, dunque – per tornare in italia – molto si giocherà sul fronte sindacale ed in relazione ad un eventuale ma difficile rinsaldamento del fronte apertosi tra i due blocchi: Fim-Cisl, Uilm, Ugl e Fismic, da una parte e Fiom-Cgil, dall'altra. Vedremo come andrà a fine questa disarmante telenovelas, questa fiction sempre più internazionale, e poco nazionale.
Sergio Basile (Copyright © 2012 Qui Europa)
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