Lunedì, Novembre 16th/ 2015
– di Sergio Basile –
Mercoledì, Ottobre 10th/ 2012
– di Mario Luongo e Sergio Basile –
Tobin Tax / Adesione Italia / Cooperazione rafforzata / Ferdinando Nelli Feroci / George Osborne / Ecofin / No della Gran Bretagna / Algirdas Semeta / James Tobin / Delocalizzazione finanziaria / Fuga di capitali europei all’estero / Angela Merkel / Francois Hollande
Tobin Tax – L’Italia ci Ripensa e dice Si.
La tassa Partirà con soli 11 Paesi
Secco e strategico "No" del solito Regno Unito
Ora bisognerà vedere come gestirla e come evitare
gli sconvolgenti effetti collaterali: deciderà l'Ecofin
del prossimo 13 Novembre
Lo stesso James Tobin, nel 1972, riconobbe i pericoli
di una sua errata applicazione
Bruxelles, Roma – Alla fine il professore ci ha ripensato, e – contrariamente alle precedenti dichiarazioni – nelle scorse ore ha detto "Si" alla Tobin Tax, la tanto discussa – ma invocata – tassa sulle transazioni finanziarie. Marcia indietro del governo italano – sulla scorta di una pressante critica innescata tra i principali attori sociali nazionali, contro il primo freno tirato da Grilli all'Ecofin di Lussemburgo – che si è rivelata decisiva. Una sorta di ago della bilancia. Il numero legale minimo utile per una “cooperazione rafforzata”, infatti, era di nove Stati membri e fino a ieri erano solo otto, con l'Italia nettamente protesa per il no, e attaccata da più fronti. Con l’ingresso dell’Italia, anche Spagna ed Estonia hanno seguito quelli che ora sono diventati gli “undici della Tobin Tax”: con Germania e Francia, a guidare il gruppo al quale si sono poi accodati anche l'Austria, il Portogallo, il Belgio, la Slovenia, la Grecia e la Slovacchia. Certo non poco sconcerto ha destato il fatto che nell'elenco vi siano i nomi dei Pigs (4 su 5) ed invece non compaia, clamorosamente, la Gran Bretagna: UK che delle transazioni finanziarie è il regno, il paradiso degli speculatori. Alla luce di queste stranezze, la tanto agoniata misura, si rivelerà un altra ennesima presa per i fondelli europea? Vedremo!
La soddisfazione di Feroci per un "mezzo successo"
L’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, uno dei negoziatori italiani principali in questo ambito, nelle ultime ore si è dichiarato moderatamente soddisfatto della riuscita dell’accordo. "Avremmo preferito – ha dichiarato Nelli Feroci – che ci fossero stati più paesi, ma sosteniamo l’intenzione e speriamo che altri Stati si aggiungano”. Quindi in poche ore il cosiddetto miracolo è avvenuto: anche se a ben vedere si tratta, per ora, solo di un "mezzo successo", e vedremo perchè! Ciò, sperando sempre che il tutto non si trasformi in un nuovo inferno recessivo ai danni dell'Italia e degli Italiani.
Le manovre di Cameron tra le nebbie della City
I più compiaciuti di tutti, nelle ultime ore, sono apparsi proprio i "padroni di casa" di Parigi e Berlino: riusciti, inaspettatamente, nell'impresa di convogliare attorno al proprio asse, una forza che seppure minima ha impedito agli altri stati di intervenire con veto. Vedi la Gran Bretagna, il cui no ha a lungo bloccato i lavori in materia. United Kingdom che ha strategicamente dichiarato, tramite il cancelliere George Osborne, la sua estraneità alla tassa: “ Non metteremo i bastoni fra le ruote, ma non aderiamo”, ha dichiarato Osborne. Certo, sarebbe stato interessante vedere – alla vigilia – a quanto i bookmakers davano il "No" di David Cameron. Noi un'idea ce l'abbiamo! Ma a pensarci bene, amici lettori, perchè gli inglesi dovrebbero opporsi ad una tassa che colpirebbe in tal modo i loro diretti concorrenti europei? Se tale doppioggiochismo dovesse permanere senza alcuna concessione da parte di Londra, l'UK trarrebbe – ovviamente – dal mutato scenario finanziario continentale tutti i vantaggi del caso, monopolizzando ed attraendo a sé tutti gli investitori fuggiti dalle piazze finanziarie concorrenti. Ma questo, amici, era esattamente il fine opposto voluto da James Tobin.
Applicazione parziale: un disastroso boomerang recessivo per i Pigs
Posizione, come al solito molto comoda ed egoistica, dunque, protesa – evidentemente – ad incrementare i fenomeni speculativi. Infatti, la Tobin Tax (come denunciato nei giorni scorsi dal nostro osservatorio) qualora non fosse accettata da tutta l'Ue, dagli altri paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) e dagli Usa, nemmeno in un prossimo futuro, si rivelerebbe un clamoroso flop, un disastroso boomerang speculativo ai danni dell'Eurozona. Ciò in quanto, come detto, favorirebbe la fuga dei capitali e degli investitori verso le zone franche. City e Wall Street in testa. Pertanto la speculazione anziché diminuire ed essere posta sotto-controlo finirebbe per esplodere a svantaggio dei Paesi aderenti ed esposti in prima linea: Spagna, Portogallo, Grecia ed Italia, in testa.
Un tesoretto da 30 miliardi
"La nuova proposta sulle tassazioni sarà presentata ufficialmente il 13 Novembre all’Ecofin – ha dichiarato Algirdas Semeta, il Commissario dell’Unione europea per la fiscalità – e prevede (almeno per il momento ) una tassa dello 0,1% su transazioni inerenti ad azioni e titoli, mentre per quanto riguarda i derivati sarà dello 0,01%". In questo modo si verrebbe a creare un “tesoretto” del valore di circa 60 miliardi di euro annui, ma solo nel caso aderissero tutti e 27 i Paesi, cosa che almeno adesso appare alquanto improbabile. Ad oggi il gruppetto degli undici aderenti può vantare al loro interno Germania, Francia, Italia, insomma membri di un certo rilievo. Pertanto, anche in questa situazione di entrate ridimensionate, si parla di una cifra che si aggira sui 30 miliardi. L’adesione italiana è stata accolta positivamente da buona parte dei partiti e degli attori sociali, ma comunque i dubbi – come detto – restano, e non solo a livello interno.
Il Fantasma della Delocalizzazione esorcizzato da James Tobin
Il fantasma della delocalizzazione – cioè quello della fuga di massa all'estero di capitali, delle singole banche europee – per altro fu un "effetto collaterale" paventato dallo stesso ideatore della tassa, il Nobel per l'economia (anno 1981) James Tobin, che ha sempre avuto dei dubbi fin dalla sua nascita. Fin dal 1972 (anno dell'ideazione della tassa) l'incubo principale per il papà della tassa finanziaria è sempre stato uno: la sua adozione non su scala planetaria ma, bensì, su scala locale o zonale. Per l'economista, infatti, era impensabile adottarla solo in alcuni paesi. Pertanto, se la Tobin Tax da un lato era moralmente necessaria ed auspicabile, dall'altro canto, ora, potrebbe rivelarsi causa di ulteriori sconquassi economici e speculazioni ancor più radicali, contribuendo in maniera pesantissima alla definanziarizzazione di un intero sistema-paese, quale quello della stessa l'Italia, o addirittura dell'intera Eurozona: per la gioia degli Usa. Inizialmente per evitare questi problemi la proposta della Commissione Ue fu quella di applicare la tassa ad almeno un’istituzione finanziaria per ogni paese membro, anche se effettuata in zone extra europee; proposta – come spesso accade a Bruxelles, e come accaduto ad inizio anno, ad esempio, per il "pacchetto anti-rating" di Michel Barnier – poi fatta cadere nel nulla. Ora invece, la Tobin si applicherà agli undici paesi aderenti e secondo i canoni che saranno discussi nel prossimo vertice Ecofin di Novembre.
Chi gestirà il tesoretto?
Ma l'altro grande interrogativo emerso è quello sulla gestione degli introiti fiscali della Tobin Tax. Allora un'altra domanda fondamentale da porsi è: dove finiranno questi 60 o 30 miliardi l’anno? Nel bilancio comunitario comune a tutti e 27 i Paesi? In questo modo non si verrebbe a creare uno squilibrio tra gli undici della “Cooperazione rafforzata” e i restanti paesi che non contribuiscono? Ovviamente si! Sull’asse franco-tedesco sono piovute diverse soluzioni in merito. Francois Hollande, nelle ultime ore, ha suggerito di utilizzare i capitali a disposizione per programmi che sostengano il welfare e per progetti di sviluppo economico ed occupazionale. Ma ancora siamo nell'alto e profondo mare delle ipotesi.
Il Paradosso Merkel e i vantaggi indotti del "Sistema Target 2"
Angela Merkel – per contro – ha proposto di dare un "premio di maggioranza" ai paesi virtuosi (guarda caso), ossia un ritorno maggiore dei proventi per chi ha i bilanci più in regola. Dimostrando con tale affermazione – qualora ce ne fosse ancora bisogno – una profonda mala fede ed una mentalità da Terzo Reich. Canone selettivo, questo, assolutamenbte non condivisibile e frutto di logiche totalitaristiche ed accentratrici. La Merkel, infatti, dimentica (o finge di dimenticare) come i maggior vantaggi dei quali gode oggi il suo Paese, non sono del tutto meritori, ma bensì largamente indotti dagli iniqui e squilibrati meccanismi del "Sistema Targat 2": sistema inaugurato nel 2007, che favorisce largamente la bilancia commerciale ( e dunque i surplus) e l'industria pesante tedesca (vedi approfondimenti in allegato). Ne è prova il fatto che prima del 2007 la Germania, la ricca Germania, non riusciva a creare surplus e fosse completamente sovrastata – in questo – proprio dall'Italia, e dal suo (ex) invidiabile tessuto economico. Anche questa è storia!
Mario Luongo, Sergio Basile (Copyright © 2012 Qui Europa)
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