di Nicola Arena / Sete di Giustizia
Redazione Quieuropa, Nicola Arena, Sete di Giustizia, [...]
Giovedì, Gennaio 3rd/2013
– di Silvia Laporta e Sergio Basile –
Egemonia anglofona / Delors / Egemonia Anglofona sull'Europa / Gran Bretagna / Jacques Delors / Commissione europea / Ue / Charles De Gaulle / Mario Monti / David Cameron / Tobin Tax / City / Usa / Neocolonialismo / Board Bce / Sacco del Britannia /Bce / Imperialismo anglofono / Transazioni finanziarie / Direttive europee / Wall Street / Paradisi fiscali / Silvia Laporta / Sergio Basile / Tecnocrazia / Consiglio europeo / Euro / Masochismo dei popoli europei / Muro di Berlino
Finanza – L'Egemonia Anglofona sull'Europa
E' giusto che Londra rimanga nell'Ue? Il parere di Delors
L'analisi dettagliata del socialista francese, già presidente
della Commissione Europea e la truffa finanziaria e
mercatista che rende l'Europa schiava dei Paesi anglofoni
– L'Analisi di "Qui Europa": la gabbia europea ci sta portando
all'autodistruzione! Uscirne al più presto la priorità dei popoli!
– Cosa si nasconde dietro la strategia di accentramento continentale:
Il Piano Delors
di Silvia Laporta e Sergio Basile
Finanza L'egemonia anglofona sull'Europa
Parigi, Londra – Mentre i Francesi sono alle prese con il caso Depardieu (Putin ha offerto cittadinanza russa all'attore) e con la fuga dei super-ricchi dalle grinfie del nuovo "fisco all'austerity" imposto dal governo di Francois Hollande, Jacques Delors, socialista francese e già Presidente della Commissione Europea (nonchè membro della celeberrima Commissione Tilaterale) ha inscenato una sorta di polemica (o pseudo-tale) nei confronti della Gran Bretagna. Ma a ben vedere le argomentazioni poste sono venute da un tecnocrate, ossia da una delle persone che vorrebbe vedere i 27 abbandonare pian piano la propria sovranità politica ed economica per sottostare ai diktat pieni della Commissione Europea e alla scure della Bce. Le sue obiezioni di primo acchitto sono apparse apparentemente condivisibili, ma da un'analisi più dettagliata, come vedremo, in larga parte totalmente pive di senso. L'interpetazione del "Delors pensiero" potrebe aprire, infatti, ad ancor più pericolose derive colonialistiche. Vediamo perchè!
Le ragioni di Delors La Gran Bretagna fuori dall'Ue
In una intervista ad un quotidiano tedesco, l'ex-politico ha esposto le sue ragioni: "la Gran Bretagna dovrebbe uscire dall'Ue ed optare per un'altra forma di legame privilegiato politico ed economico". Il motivo? "Gli Inglesi – nota Delors – vivono in una situazione di estrema comodità". Bella scoperta, caro Delors! "Troppo semplice – ha sostenuto ancora Delors – appartenere all'Unione Europea, senza però prendersi le responsabilità di questo legame!". Considerazione inoppugnabile! In parole spicciole – come ampliamente dimostrato da "Qui Europa" finora – i britannici fanno i propri interessi, sia politici che economici, mantenendo però saldamente la loro posizione di appartenenza condizionata ai 27 paesi. La posizione di Delors risalirebbe – secondo l'intepretazione ufficiale manifestata da molti tabloid europei – al lontano 1972, quando il socialista francese era consigliere del primo ministro gollista, Jacques Chaban Delmas. Delors sarebbe stato totalmente contrario all'entrata di Londra nell' Unione Europea e l’allora Presidente della Repubblica, Georges Pompidou, – secondo l'interpretazione che va per la maggiore – avrebbe salvato la City definendo "senza senso" un'Unione Europea senza Londra.
L'egemonia anglofona UK complice Usa
Ma nel tempo molte sono rimaste le anomalie intorno al rapporto "privilegiato" tra Londra e Bruxelles. Aggiungiamo per dovere di cronaca, per completezza, che la stessa Banca d'Inghilterra (in assoluta autonomia rispetto a Bce ed Eurozona) detiene ancor oggi la maggioranza relativa delle quote bancarie della stessa Bce. Pazzesco ma vero! Pertanto non solo predominio finanziario indiretto della City (predominio recentemente rafforzato dalla stessa tecnocazia del Consigio Europeo, nel quale Monti è stato determinante, con l'adozione di una Tobin Tax non estesa a tutti ma estesa a soli 11 Paesi (fessi): manovra autolesionista tale da favorire (vedi allegato) la controproducente fuga dei capitali di tali Paesi proprio verso la City di Londra) ma anche altre forme di sottile e strategico controllo.
Dietro le ovvietà Il sottile gioco dei tecnocrati
Delors si è detto altresì convinto – in un festival delle ovvietà e delle mezze verità – come d'altra parte anche lo stesso Charles De Gaulle (presidente francese dal 1958 al 1969) che la Gran Bretagna fosse solo un escamotage che gli Usa volevano utilizzare per tenere sotto controllo un’Europa che era forte politicamente, militarmente ed economicamente e non perdere la propria supremazia. E su questo c'è piena identità di vedute. Cosa diversa, invece, sulle conclusioni poi tirate da Delors. La Gran Bertagna – inutile negarlo – ha sempre privilegiato (per motivi linguistici, legami storici ma, soprattutto, interessi finanziari) gli Stati Uniti, trincerandosi fittiziamente dietro sentimenti europeisti (a corrente alternata): un lavoro certosino e sistematico di disgregazione dell'Europa e della sua economia.
Il Liberismo europeo? Una bomba per distruggere l'Europa!
Delors è parso apparentemente indignato davanti ad un'apertura dei mercati realizzata solamente per aiutare le banche e le multinazionali. Un'apertura che – come evidente a tutti – ha provocato l'abbassamento del costo del lavoro provocando nel contempo il fallimento di decine di migliaia di piccole imprese. Ad oggi lo stato delle cose è dunque davvero pessimo. Ma le conclusioni alle quali è giunto l'ex Presidente della Commissione Europea non sono per nulla condivisibili. In tali condizioni di disordine economico-finanziaio e di disagio – ci viene da obiettare – caro "presidente" lei propone il modello di un'Europa più "continentale", e "che non abbia bisogno dell'Inghilterra e degli Usa per andare avanti". Ma lasciando tutto invariato e consentendo la definitiva fuga dalla gabbia della sola Gran Bretagna, la situazione giocherebbe ancora una volta a solo vantaggio del colonialismo anglofono. Non trova caro Delors?
Un'osservazione fondamentale Il nocciolo del cancro mercatista
Permettere ora la sola fuoriuscita dell'UK di Cameron dall'Ue, senza prima porre fine a questo distruttivo liberismo e senza invertire il processo di distruzione e disintegrazione degli stati in effetti farebbe proprio il gioco del colonialismo anglofono sulla stessa Europa, rafforzando ancor più tale tendenza. D'altronde il caso lapalissiano dell'anomala presenza di Londra nell'Unione è la non partecipazione al sistema dell’euro va proprio letta in tal direzione. Un rappoto storico di pura convenienza! Allora ci chiediamo: Perchè Londra ha un peso determinante nella Bce – banca a carattere privatistico che stampa le banconote dell'euro senza adeguata copertura in oro – senza aver adottato l'euro stesso come propria moneta? Gli inglesi, dal canto loro, pensano bene a mantenere la sterlina, garanzia ed espressione del suddetto colonialismo, senza incorrere nei disastrosi effetti collaterali dell'iniquo euro. Ciò mentre il 70% delle transazioni di titoli emessi in euro passa sempre per la piazza di Londra, tanto che – come denunciato in più occasioni da "Qui Europa" – la City of London si è trasformata nel maggior centro finanziario continentale (il secondo al mondo dopo Wall Street) fornendo nel contempo servizi finanziari all’intera unione economica europea, ma traendo dall'Unione soli vantaggi. Una sorta di secondo "Sacco del Britannia" (vedi allegato) però di dimensioni ancora maggiori: per l'appunto continentali.
La priorità Porre fine al colonialismo Commonwealth
Al tempo stesso la City è rimasta una piazza finanziaria che risponde in minima parte alle direttive europee. Il risultato – riepilogando – è che la Gran Bretagna non fa parte dell'Eurozona, ma condiziona pesantemente la nostra moneta unica e lo stesso spread tra i titoli pubblici più forti, i tedeschi Bund, e quelli sottoposti ad attacchi speculativi: come Bonos spagnoli e Btp. Una speculazione che inizia da Wall Street, dalla City e dai paradisi fiscali posti sotto la sovranità anglo-americana: iIl che testimonia non solo l’approccio autolesionista dei Paesi europei – incapaci non soltanto di tutelare i propri interessi ma anche di individuare i propri nemici reali – ma anche il loro tentativo, per mezzo della tecnocrazia dominante, di salvaguardare per copione gli interessi anglofoni contro gli interessi degli stessi popoli europei. Stesso dicasi sul piano "prettamente industriale" con il predominio delle lobby tedesche. Basta! O questa dittatuta cambia o è meglio uscire tutti da questa gabbia di matti chiamata Unione europea, che ci costa miliardi di euro l'anno a fronte di lacrime e sangue, e zero vantaggi. E' l'ora di capirlo, cari lettori! Ma gli europei – ci chiediamo – sono davvero un popolo di masochisti o eterni illusi?
Silvia Laporta, Sergio Basile (Copyright © 2013 Qui Europa)
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Schede e Approfondimenti
Il Piano Delors e il Mondialismo
Il Piano Delors – Nel 1989, quasi contestualmente alla caduta del Muro di Berlino, il Rapporto Delors (allora Presidente della Commissione della CEE) delineava i tre passaggi chiave verso la realizzazione dell'unione economica e monetaria europea. Il primo fu sancito nel luglio 1990, attraverso lo SME (Sistema Monetario Europeo) proteso a rafforzare il raccordo tra le monete dei Paesi comunitari, e la creazione del SEE (mercato interno europeo): il secondo fu proteso alla creazione del SEBC (Sistema Europeo di Banche Centrali) a carattere sostanzialmente privatistico (con pieni poteri di signoraggio, a discapito della sovranità monetaria e finanziaria degli stati nazionali) e con poteri di controllo enormi.
Il Piano – Le strategie eseguite in Italia
In Italia contestualmente Draghi & C. sul panfilo della Regina Elisabetta (Britannia) davano luogo all'ominimo "sacco", iniziando un programma di privatizzazioni senza precedenti. Nel 1992 il Decreto Carli-Amato portò alla privatizzazione della Banca d'Italia, che divenne succube delle scelte dei banchieri privati (che ottennero di fatto il 96% delle quote azionarie); Il terzo passaggio verso l'accentramento portò alla ceazione di tassi di cambio fissi e alla moneta unica: la cosiddetta "moneta imperiale" del nuovo super-stato accentratore chiamato Unione europea, l'euro.
Il trattato di Maastricht
Fondamentale fu poi il Trattato di Maastricht, firmato anch'esso nel 1992 (in una strategia ben studiata e pianificata) con lo scopo di dare agli organismi Ue (specie consiglio e Commissione) più poteri in campo politico e organizzativo, favorendo unione monetaria e di politica estera (e di sicurezza) comune (ma ovviamente filo Nato).
Il vincolo del 3%, la BCE e l'ingresso nell'euro-gabbia
Il trattato stabiliva inoltre le condizioni per entrare nell'UEM: tra l'altro fu stabilito che il tasso di sconto non avrebbe dovuto essere superiore al 2% rispetto a quello dei tre Paesi a più bassa inflazione. Infine, e qui ricasca l'asino, fu stabilito che le finanze pubbliche avrebbero dovuto contenere le spese correnti entro il 3% del PIL e il debito pubblico complessivo doveva dimostrare di scendere verso il 60% del PIL. Pur sapendo che a lingo temine – vista la futura ceazione del sistematarget 2 di regolamentazione interbancariatra banche centrali – ciò sarebbe stato semplicemente impossibile ed implosivo per l'intera Unione, visto la profonda differenza tra le economie dei diversi stati dell'Unione. Porli sullo stesso piano equivalse dunque ad un vero e proprio suicidio. Nel 1994 fu poi la volta dell'Istituto Monetario Europeo (IME) – preparatorio alla transizione verso l'euro – e la Banca Centrale Europea (BCE) che lo sostituì.
Delors e la Commissione Trilaterale
Curioso è notare come lo stesso Delors – cui posizioni ufficiali in merita ai problemi di sovranità si mostrarono da sempre vicine ad un ridimensionamento reale della democrazia dei paesi comunitari, a vantaggio di una cerchia ristretta di personaggi – provenisse dalla Commissione Trilaterale – come d'altronde altri autorevoli personaggi del mondo politico e bancario come Robert D. Hormats, anche membro del Bilderberg Group e vicepresidente della banca ebraica Goldman Sachs. La molti sono i personaggi vicini ai progetti di accentramento europeo e provevienti dagli ambienti della Trilaterale. Tra di essi Henry Kissinger, Helmut Schmidt, il giapponese Ogata e Richard Gardner (esponente di punta della comunità ebraica americana) giusto per fare qualche nome. Senza ovviamente dimenticare gli italiani Giorgio La Malfa (Bilderberg Group, Commissione Trilaterale, Istituto Affari Internazionali italiano); lo stesso Silvio Berlusconi (anche come noto ex membro della P2); Luciano Benetton; Gianni e Umberto Agnelli e Giorgio Benvenuto (sindacalista della U.I.L.). Ma la lista è lunga e corposa, da destra a sinistra, al centro. Il trasversalismo politico è sempre stato la principale costante. Ciò dimostra anche come la politica di oggi sia diventata per lunghi tratti una sorta di segreteria del mondialismo dominante e lontanissima dal considerare l'uomo e la sua dignità (e sacralità) quali epicentri dello sviluppo della società civile, contrariamente a quanto sostenuto da Papa Leone XIII nella sua Rerum Novarum: enciclica oggi di fatto ridotta a carta straccia. E le conseguenze si vedono!
Redazione Qui Europa
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