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L'Importanza di Sentirsi in Missione
e le vere rivoluzioni: l'emblematico
caso di Simone
La Controrivoluzione dello Spirito che supera
le rivoluzioni violente
Le Strane scelte di Dio: Simone lo Zelota, da
settario violento ad apostolo e santo
di Padre Piotr Anzulewicz
La Controrivoluzione dello Spirito
Catanzaro – di Padre Piotr Anzulewicz – Oggi la Chiesa ricorda i santi Simone e Giuda, apostoli: il primo, soprannominato Cananeo o Zelota, è patrono dei pescatori; l'altro (da non confondere con l'Iscariota o "il traditore") fratello di Giacomo (Lc 16, 16; At 1, 13), detto Taddeo (Mt 10, 3; Mc 3, 18), che significa «magnanimo», è patrono dei casi disperati; tutti e due scelti da Cristo per condividere con Lui i tre anni della sua vita pubblica per poi essere inviati nel mondo ad annunciare il suo Regno e testimoniare la sua Resurrezione. In loro celebriamo l'assoluta gratuità dei doni divini e le misteriose vie che il Signore percorre nel fare le sue scelte, con infinita sapienza e amore. Egli scelse dodici uomini per dare avvio alla sua missione. Dodici uomini ai quali diede anche il nome di apostoli. Penso che nessuno di noi sarebbe riuscito a mettere insieme gente così diversa: intellettuali (come Giovanni) con pescatori (come Pietro), pubblici peccatori (come Matteo il pubblicano) con fedeli farisei (come Bartolomeo), conservatori (come Giacomo) con violenti come Simone lo zelota, che oggi ricordiamo come santo, ed ex-membro di una comunità davvero particolare…
Chi erano gli Zeloti?
Ma chi erano gli zeloti? Secondo molteplici ed autorevoli ricostruzioni storiche si tratta di una setta segreta che voleva, con l'uso della violenza, liberare Israele dall'occupazione romana; con sé i membri della setta abitualmente portavano un coltello per uccidere qualche romano: tra le loro fila, probabilmente, si schierava Barabba. Tra i dodici, Gesù scelse, dunque, un violento, un aspirante terrorista che però diventerà santo. Simone verrà come perforato dall'umiltà e la remissività di Gesù e capirà che l'amore è più forte e devastante della violenza… Giuda Taddeo, apostolo, è citato spesso come il Santo dimenticato. Il suo ruolo nella vicenda di Gesù e la sua imponente opera di evangelizzazione sono sempre state offuscate, se non addirittura annullate, dall’ingombrante omonimìa con Giuda Iscariota, il traditore per antonomasia. Nonostante questo, milioni di fedeli ancora oggi lo venerano e ne invocano l’intercessione per le cause disperate, impossibili e perse. Se in alcune parti del mondo, specialmente in America Latina, si può parlare di “devozione di massa”, in Italia e in altri paesi della consolidata tradizione cattolica, San Giuda è ancora “di nicchia”. Nonostante, dalle testimonianze dei fedeli una cosa è certa: una volta entrati in contatto con la forza dell’apostolo Taddeo, difficilmente se ne può fare a meno. Da dove deriva tutto questo? Forse dalla parentela con Gesù di Nazareth? Potrebbe scaturire dalla tenacia con cui nei secoli il suo nome ha resistito all’accostamento con l’Iscariota? A voi la risposta!
L'Uomo delle cause disperate
La storia, alla lunga – ed al netto di tutti i tentativi umani di riscriverne a proprio piacimento l'andamento – in genere emette giudizi insindacabili ed è particolarmente feroce con chi commette errori. Alla lunga, infatti – anche se nel breve periodo non è quasi mai così – più l’errore è grave, più il peso del giudizio negativo sarà insostenibile e il nome del “peccatore” e/o infame di turno risalterà nella linea del tempo. Se, poi, il peccato consiste nel tradire il Figlio di Dio disceso sulla terra per salvarci, non è difficile capire perché il nome “Giuda” possa provocare più di qualche antipatia. È molto improbabile che nei secoli successivi alla morte di Gesù qualche madre si sia azzardata ad affibbiare un appellativo tanto scomodo al proprio figlio. Tra coloro i quali furono (e sono) chiamati a pagare le spese di quel bacio nel giardino degli ulivi vi furono e vi sono sono diversi Giuda, antichi e contemporanei dell’Iscariota. Tra queste vittime della storia e dell’omonimìa, poi, vi è proprio San Giuda Taddeo apostolo, il quale – suo malgrado – combatté una "personale" battaglia uscendo vincitore e riuscendo ad arrivare ai nostri giorni con milioni di devoti sparsi per il mondo, pronti a chiedere la sua intercessione per le cause ritenute addirittura impossibili e disperate. È curioso notare come alcuni autori cristiani abbiano visto in lui lo sposo delle nozze di Cana. Forse per questo viene ritenuto, insieme a Santa Rita di Cascia, il patrono dei casi disperati, visto che è riuscito a salvare un matrimonio che rischiava di naufragare il giorno delle nozze, o forse perché Santa Brigida di Svezia invitò a invocarlo con fiducia nel periodo medievale, quando il povero Giuda Taddeo godeva di ben poca attenzione, in quanto omonimo dell’Iscariota e si temeva che ad invocare un Giuda si potesse sbagliare, per così dire, indirizzo. Intanto, il suo potere d'intercessione rimane ad oggi immenso.
Le "Strane" scelte di Dio
Rileggiamo questa pagina del Vangelo quando vogliamo insegnare a Dio come rifare la Chiesa... Ma alla luce della storia, non possiamo non fidarci della scelta del Signore Gesù … specie quando – presi dalla tentazione e dal nostro egoismo – vorremmo far diventare le nostre comunità dei club di persone "devote". Vorremmo omologare le diverse sensibilità. Non ci siamo scelti, ma Dio ci ha scelto e l'unica cosa che davvero ci lega è la grande passione verso il Signore. Stemperiamo, allora, io e voi, le nostre intemperanze: anche gli accesi e gli iracondi hanno un loro patrono, Simone lo zelota. Tutti vogliamo diventare cittadini del Regno e tutti vogliamo imparare a guardare oltre. La preghiera di Gesù la dice lunga sullo stile di Dio, che ama l'impresa impossibile, che ci propone un modello di apostolato per le nostre comunità. La croce fonderà i cuori di questi uomini diversi e la resurrezione li renderà un unico, acceso annuncio di luce per ogni uomo.
Non siamo apostoli per la nostra volontà
Non siamo apostoli per la nostra volontà, per un desiderio, per quanto nobile sia. E' Gesù che costituì, che fece i Dodici. E' opera sua, come la nostra stessa vita è una sua opera che scaturisce dalla sua intimità con il Padre. Mette i brividi pensare al grande mistero della profonda intimità con Gesù alla quale e per la quale siamo stati chiamati. Essa giunge al punto di far di noi degli altri Cristo, condividendo con Lui vita e missione. Gesù è sceso in missione sulla Terra uscendo dall'intimità con il Padre per cercare e salvare la pecora perduta. Si è consumato nell'amore che lo ha gettato all'ultimo posto, il posto più lontano dal Padre, scavalcando in una corsa a ritroso, il peccatore più grande della storia. L'ultimo posto di Gesù perché nessuno resti escluso dalla salvezza.
L'Ultimo posto
Nell'ultimo posto di Gesù vi è il nostro ultimo posto, quello dell'apostolo, quello che ci è riservato ogni giorno. E' esattamente dove i fatti della nostra vita ci conducono che siamo inviati in missione. E' nella difficoltà sul lavoro, in famiglia, dove e con chi sia, che siamo mandati ad essere Cristo stesso, a portare la salvezza, a caricarsi dei peccati del mondo, o meglio a lasciare che Cristo li carichi sulle sue spalle che ha preso in prestito da noi. E' questa la missione, la chiamata che ci ha raggiunti, l'amore che consuma il male consumando la nostra vita, perché il mondo riceva la vita, quella vera che ci è data e che sovrabbonda in noi.
La Missione e la Comunità
La comunità della quale siamo parte è la costellazione della storia che indica la salvezza e la via a Dio, la nostra esistenza è una stella, che si consuma brillando, luce purissima che brucia peccati e debolezze, il fuoco dell'amore infinito di Dio riversato in noi perché tutto di noi sia un segno sicuro e autentico del Cielo. Simone lo zelota e Giuda Taddeo convertano le nostre comunità alla tolleranza e all'accoglienza e le aprano ad accogliere le diversità e l’alterità. Ci aiutino a passare dalle nostre logiche, spesso miopi, deformate, mondane, a quelle di Dio che tutti ama, tutti accoglie, tutti rende sempre più umani e gioiosi. A tutti portiamo, dunque, la vera gioia, la gioia della fede, specie in questo tempo di falsità e inganni pressocché totali. Inganni che respiriamo e percepiamo a correnti più o meno alternate – ogni giorno – immergendoci nel fiume mediatico del mondo. Viviamo e comunichiamo questa gioia, per essere, davvero – come ieri ha augurato Papa Francesco alle migliaia di famiglie arrivate in Piazza S. Pietro in occasione della “Giornata della Famiglia” promossa nell’ambito dell’Anno della Fedeper la celebrazione eucaristica delle ore 10.30 – «sale della terra e luce del mondo, è lievito per la società».
Comunione e Gioia Vera
«La gioia vera – ha affermato il Papa – viene da un’armonia profonda tra le persone, che tutti sentono nel cuore, e che ci fa sentire la bellezza di essere insieme e di sostenerci a vicenda nel cammino della vita. Ma alla base di questo sentimento di gioia profonda c’è la presenza di Dio nella famiglia, c’è il suo amore accogliente, misericordioso, rispettoso verso tutti. E soprattutto, un amore paziente: la pazienza è una virtù di Dio e ci insegna, in famiglia, ad avere questo amore paziente, l’uno con l’altro. Avere pazienza tra di noi». Palestra ideale per affrontare sereni, preparati e forti le sfide che il mondo ci mette dinnanzi. Se ciò si è realizzato in maniera mirabile in un violento e "lontano da Dio" come Simone lo Zelota, a Dio piacendo, potrebbe verificarsi anche in noi.