Venerdì, Marzo 22nd/ 2013
– di Giovanni Antonio Fois –
Lunedì, Novembre 25th/ 2013
– di Padre Piotr Anzulewicz –
Domenica, Scrittura, Reliquie di San éietro, Padre Piotr, Regalità di Cristo, Papa Francesco, Morte, Nuova Prospettiva, Evangelii Gaudium, Vita eterrna, Anno della Fede
Pietro, la Regalità di Cristo e la Nuova Prospettiva
A Chiusura dell'Anno della Fede, Papa Francesco ha
esposto le reliquie di San Pietro
Comprendere la regalità di Cristo, oltre la morte per la
realizzazione dei sogni più veri…
di Padre Piotr Anzulewicz
Pietro, Francesco e la Regalità di Cristo
Roma – Ieri, Domenica 24 novembre, è stata celebrata la solennità della regalità universale di Cristo – Re delle intelligenze, dei cuori e delle volontà – con contestuale rinnovo della consacrazione dell’umanità al Sacro Cuore di Gesù. La Chiesa universale ha altresì celebrato la chiusura dell’Anno della fede e alle ore 10.30, in Piazza San Pietro, Papa Francesco ha presieduto la Santa Messa di chiusura, con l’esposizione per la prima volta dell’urna contenente frammenti delle reliquie dell’Apostolo Pietro. Occasione propizia per la consegna dell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium: a riceverla dalle mani del Papa sono stati i rappresentanti di molteplici realta riconducibili ad ogni evento che ha scandito quest’Anno della fede: uomini provenienti dai 5 continenti. Presenti anche artisti nella persona di Etsuro Sotoo, scultore giapponese che ha collaborato alla Sagrada Famiglia, e la pittrice polacca Anna Gulak, perché la bellezza è forma privilegiata di evangelizzazione. Altri momenti importanti sono stati quelli dell'incontro con i giornalisti ed il ricordo – la preghiera e la raccolta fondi – in favore della popolazione filippina colpita dal tifone Haiyan. Ma ieri è stata anche la Giornata nazionale di sensibilizzazione per creare una effettiva solidarietà tra i fedeli e i loro sacerdoti, garantendo a tutti loro le risorse necessarie ad un dignitoso sostentamento. In merito c'è da dire che tutti i sacerdoti, impegnati nelle Comunità parrocchiali, sono affidati alle offerte dei fedeli e non – come molti pensano – allo Stato o addirittura al Vaticano.
La Giornata dei catecumeni
Sempre a Roma, Sabato scorso, si è celebrato uno dei tre eventi conclusivi dell’Anno della fede: la Giornata dei Catecumeni, con le testimonianze dei neofiti e l’incontro di Papa Francesco con 500 adulti provenienti da 47 Paesi del mondo – tra i quali: Russia, Moldavia, Bosnia Erzegovina, Egitto, Marocco, Algeria, Cina, Mongolia, Cuba – che si sono preparati a ricevere il battesimo. Già le scritture di Sabato hanno introdotto la solennità della regalità universale di Cristo, presentandoci dapprima l'immagime di un re terreno che muore "nella più nera tristezza", e successivamente l'immagine di un Re Risorto. "Dio – dice Gesù – non è Dio dei morti, ma dei vivi, perché tutti vivono per lui". Davvero siamo figli di Dio, tu ed io, dunque? "Figli della risurrezione" in Cristo Risorto? Siamo già, anche se profeticamente e non ancora in pienezza, in questo tempo e in questo mondo "giudicati degni di un altro mondo e della risurrezione dai morti"? Con la profonda umiltà di Maria, riconosciamo la nostra miseria, professiamo il Dio della vita e dei viventi, non dei morti, affidandoci a lui, il Signore che ama la vita, la suscita e la dona a chi lo ama e lo segue.
Una nuova prospettiva
(1 Mac 6,1-13; Sal 9; Lc 20,27-40) Dio non è dei morti, ma dei viventi. Gesù, al solito, non entra nel merito del barocchismo teologico, ma va all'essenziale e afferma una straordinaria verità: il nostro Dio è il Dio dei vivi, non dei morti. E ci lascia intuire che la dimensione dell'al di là è una dimensione in cui i parametri che usiamo nei rapporti tra di noi non funzionano più. Lasciamo stare, allora, le casistiche e le discussioni sterili, e non passiamo il tempo a spaccare il capello in quattro nella fede. Andiamo all'essenziale che è la scoperta di un Dio che ama e dona la vita, che il Dio dei viventi non si circonda di morti, che gli uomini del mondo futuro sono immortali, per cui anche il mondo dei defunti è un mondo dei risorti, dei viventi, dei figli del mondo futuro. La resurrezione non è un'ipotesi, una speculazione, è Dio che si rivela a Mosè, ardendo in un amore che non si consuma, ma brucia la morte e il peccato. La resurrezione è quel Rabbì che avevano di fronte, nel quale appariva ai loro occhi l'Eterno incorruttibile in una carne del tutto simile alla loro. Il brano evangelico (Lc 20,27-40) spazza via la domanda-trabocchetto dei sadducei, beffarda e grottesca: «La donna, alla risurrezione, di chi sarà moglie?» (v. 33). Secondo loro l’immortalità dell’anima e la risurrezione della carne sono tutte panzane e frottole. Chiara e tonda è la risposta di Gesù, che dilata il loro orizzonte e «rivela che nell’uomo è iscritta l’eternità stessa di Dio, e non una modesta eternità biologica» (M. Marcolini. La vita eterna non è un prolungamento, una riproduzione o una riedizione della vita terrestre, con i suoi piaceri e voluttà. I vincoli che ci accomunano qui, gli affetti, sono solo il “segno” di un altro mondo, inimmaginabile e indicibile. «Dio non è Dio dei morti – aggiunge –, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui» (v. 38). Ciò significa che tutti i morti da millenni «vivono da qualche parte», appartengono a lui e lui appartiene a loro. Se non ci fosse una vita al di là di quella terrestre, il «Dio dei viventi» regnerebbe su un planetario «cimitero di morti».
La Piena realizzazione dei sogni più veri
In faccia a noi sta il Dio che non uccide, ma fa vivere la sua creatura, il Dio che non violenta, ma libera l’uomo e risveglia il suo “tu”, il Dio che chiama per nome perché l’uomo cominci a conoscere se stesso e il mondo, il Dio dell'alleanza, il Dio della relazione personale, il Dio di Abramo “e” di Isacco “e” di Giacobbe “e” di Mosé, “e” di ogni persona umana, il Dio Amore infinito! In faccia a noi sta dunque la vita in pienezza/pienezza di vita, luminosa e vera. La morte è alle spalle. Solo con tale ottica è possibile dare speranza alla nostra esistenza, lottare per la salute e contro la sofferenza, le angustie e le precarietà, promuovere iniziative di pace, di giustizia e di solidarietà, e diffondere tale «morale della responsabilità» (H. Jonas) che ci insegni a sentirci difensori dei nostri simili. In un mondo senza speranza, che mette da parte sempre più spesso la dignità umana, rifugiandosi ipocritamente dietro termini come "crisi" e/o "economia" e/o "Democrazia", solo quest’ottica e questa convinzione – come costantemente ci ricorda Papa Francesco – aprono la nostra vita al sorriso, alla gioia, alla bellezza di una relazione d’amore; alla piena realizzazione dei sogni più veri che abbiamo coltivato e stiamo coltivando passeggiando come pellegrini nel tempo della storia in questo mondo, nonostante tutto, in quanto creature di Dio.
Padre Piotr Anzulewicz (Copyright © 2013 Qui Europa)
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