Venerdì, Dicembre 12th/ 2014
– di Nicola Arena, Sete di Giustizia Anguillara Sabazia –
Sete di Giustizia, Nicola Arena, [...]
– di Sergio Basile e Vincenzo Mannello –
Redazione Quieuropa, Brasile 2014, Vincenzo Mannello, Sergio Basile, mondiali di calcio, Brasile 2014, Balotelli, Prandelli, eliminazione dell'Italia, sentenza Bosman, UE, Matteo Renzi, Piano Kelergi
Brasile 2014 – L'Italia della globalizzazione indotta
non paga neppure nel calcio
Ricordate la sentenza Bosman?
di Sergio Basile e Vincenzo Mannello
Mal di pancia calcistici e propaganda…
Roma, Brasilia – di Sergio Basile e Vincenzo Mannello – L'Italia calcistica, come logico che sia, sta mal digerendo l'eliminazione dal mondiale brasiliano. Ma tra una polemica e l'altra non mancano le frecciatine alla FIGC, incapace, pare ormai da anni, di trovare nuovi campioni all'altezza della situazione e degni di disputare un mondiale. Come mai? Cosa ci sarà dietro? Beh, non sappiamo in realtà chi abbia ragione e chi no… E non vogliamo entrare nel merito delle polemiche "pallonare" con tutti i problemi gravi di usura legalizzata ed iper-immigrazione indotta che l'Italia sta vivendo e dei quali nessuno (o quasi) parla con verità… Tuttavia, un dato storico merita di essere valutato, per le curiose ripercussioni che sta avendo (nel lungo termine) anche su un piano squisitamente culturale e non solo: dalla cosiddetta sentenza Bosman qualcosa di profondò è cambiato nello sport italiano. E non solo…
La sentenza Bosman e lo zampino internazionalista
La sentenza in questione maturò con decisione presa nel 1995 dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee che consenti ai calciatori professionisti con cittadinanza UE di trasferirsi gratuitamente verso un altro club alla scadenza del proprio contratto. Essa, come qualcuno tra voi ricorderà, fu promossa dall'omonimo calciatore (Jean-Marc Bosman – vedi in foto, a sinistra) che all'epoca giocava nella Jupiler League, la massima serie belga. Il suo contratto era scaduto nel1990. Il calciatore intendeva cambiare squadra e trasferirsi al Dunkerque, una squadra francese che tuttavia non offrì al club del R.F.C. Liegi una contropartita in denaro sufficiente a chiudere la trattativa. La squadra belga, dunque, rifiutò il trasferimento. Nel frattempo, l'ingaggio del calciatore venne ridotto ed egli si ritrovò ben presto fuori dalla prima squadra.
Il merito della causa
Il giovane decise allora di portare il caso presso la Corte di Giustizia dell'UE in Lussemburgo, denunciando una restrizione al commercio. Egli – malgrado i passaggi internazionali di calciatori stranieri fossero già permessi – vinse il processo e il 15 dicembre 1995 e la corte accertò la tesi della denunciata restrizione alla libera circolazione dei lavoratori (e quindi anche dei calciatori). Ciò – sostennero – era proibito dall'articolo 39 del Trattato di Roma del 1957: trattato che ovviamente, fin dal suo concepimento, mirò a creare, in ultima istanza, un unico stato europeo attraverso la politica dei piccoli passi: gli "Stati Uniti d'Europa". A Bosman e a tutti i calciatori dell'Unione fu permesso di trasferirsi gratuitamente, alla fine del loro contratto, nel caso di trasferimento da un club appartenente ad una federazione calcistica dell'Unione Europea a un club appartenente ad un'altra federazione calcistica, sempre dell'UE. In seguito a questa storica sentenza, dal 15 dicembre 1995 un calciatore può firmare un pre-contratto con un altro club, sempre a titolo gratuito, se il contratto attuale ha una durata residua inferiore o uguale ai sei mesi.
La globalizzazione del calcio – L'eliminazione del tetto minimo
Ma dettagli tecnici a parte, la sentenza Bosman mirava evidentemente ad altri scopi. Essa proibì alle leghe calcistiche nazionali degli stati UE, e anche all'UEFA – dato che ci preme sottolineare di più – di porre un tetto al numero di calciatori stranieri qualora ciò avesse "discriminato" cittadini europei. Insomma iniziò la globalizzazione del calcio e dello sport… Due gli effetti principali: la progressiva perdita d'interesse e stimolo per i vivai nazionali, nonché l'acquisto sempre maggiore di stranieri, con l'internazionalizzazione indotta della sqadre di calcio. Ovviamente il sistema (cui obiettivo è quello di plasmare il pensiero delle masse e controllarle al meglio) ci ha abituato a pensare che tutto ciò, anche nel calcio, sia e sia stato normale e meritevole di promozione (propaganda) in tutti i sensi… Ma poi puntualmente (per fortuna) spuntano – come funghi velenosi, sparsi qua e là, in un imprevedibile sottobosco culturale e di libero pensiero – le polemiche sul depotenziamento dei vivai e sul fatto che in Italia ormai non ci siano più certezze, neppure nella difesa e nel lancio di giovani promesse calcistiche. Mancano le motivazioni – si dice – e la concorrenza estera è sempre maggiore. Chissà perché!
Multiculturalismo – L'elemento culturale e la rivoluzione dei costumi
Ma l'elemento forse più importante della faccenda Bosman fu la rivoluzione culturale creata: essa aprì sempre più ad una immagine di multietnicità e multiculturalismo che fosse il più possibile accettata e coltivata dalle nuove generazioni, sfruttando l'immensa cassa di risonanza che è lo sport. Insomma, la formazione indotta di un unico popolo europeo e multirazziale del futuro (sull'onda di questa vergognosa ed incontrollata iper immigrazione indotta) per essere credibile e il più indolore possibile deve andare, evidentemente, di pari passo con una nuova cultura razziale e sportiva. Se fosse una mera questione di rispetto per le diversità, per la solidarietà e per l'apertura al Prossimo, ovviamente non ci sarebbe nulla di male! Anzi! Ma tutto questo rispetto – a partire dagli spalti e dal trattamento verso le popolazioni africane e mediorientali riservato dall'élite mondialista al potere – non si vede! la questione di fondo è molto più sottile di quanto si possa pensare… D'altronde, per i pochi conoscitori del "Piano Kalergi" (il vero motore del progetto mondialista ed internazionalista chiamato Unione europea) tutto torna chiaro… Tutto assume senso! (vedi video in allegato).
La bocca sollevò dal fiero pasto il calciator,
Non pochi in questi giorni, dunque, sono tornati a tirare in ballo la "Bosman", rilanciando il motto: "dove sono finiti i Mancini ed i Vialli"? Dove i Conti e i Rossi, i Del Piero e i Totti, i Maldini e Baresi che hanno fatto grande il calcio italiano?" Una domanda legittima e per certi versi caduta nel vuoto di un silenzio sospetto. Fatto sta che dopo l'eliminazione – e chiudiamo la parentesi Bosman per tornare al puro aspetto calcistico della vicenda – il CT Prandelli, come noto, si è rivolto alla FIGC offrendo le proprie dimissioni irrevocabili e lamentando (probabilmente a ragione) di essere stato al centro di un "attacco da parte di ambienti ostili"; oltreché (particolare di non scarso conto) di esser diventato – suo malgrado – protagonista di un "progetto tecnico non vincente (??)". In verità il CT si è pure rivolto alla Fifa per il morso di Suarez a Chiellini, con la richiesta di far sprofondare il goleador uruguagio nel nono girone, quello che annovera i reprobi squalificati del mondiale. Verrà ascoltato? Beh, dal suo amico Matteo Renzi, sicuramente si!
Salvato dalle acque.. in tempesta?
Sembra, infatti, sia pronto un posto di prestigio come commissario della commissione europea per il "rinnovamento" che lo collochi al sicuro dalle accuse nazionali (e, diciamolo, un poco provinciali) di "rubare i soldi dei contribuenti" rivoltegli da giornali berlusconiani (senti chi scrive!). Quanto al "progetto tecnico non vincente", basta considerare, aldilà di qualunque giustificazione, che la nazionale azzurra ha prodotto nella due partite chiave (Costarica ed Uruguay) solo due tiri sbagliati in 180 minuti. Tutti trascorsi dai valenti calciatori – e dal "fenomeno" Balotelli compreso – a trascinarsi per i campi brasiliani in condizioni fisiche peggiori dei dispersi in deserti africani.
Siam pronti alla morte…
"Stingiamoci a coorte, siam pronti alla morte!". Così hanno gridato prima della partita della discordia i "nostri" intonandosi al suono e ai versi – spesso ironici e spesso sarcastici – dell'inno nazionale. Ma la verità è stata un'altra: non si è vista assolutamente la presunta coorte, ma solo sbrindellati giocatori che ogni tanto colpivano la palla ognuno rigorosamente per proprio conto, senza che la stessa riuscisse a raggiungere il compagno cercato; né tantomeno la porta avversaria. La morte, quella figurata per fortuna, si è invece fatta vedere: quella del bel gioco, della freschezza atletica, dell'intelligenza tattica, ma soprattutto del buon senso. Dalla testa di Prandelli – suo malgrado – è partita… è poi passata dai giocatori ed al povero Prandelli è tornata. Allenatore e giocatori a cantare erano pronti, a morire per la patria probabilmente di meno… Almeno questi ultimi! Ma forse, francamente, più di questo ad un tal gruppo non si poteva chiedere. Non illudiamoci!
Il vero problema è in cima alla piramide calcistica… e sociale
Il problema probabilmente è a monte della piramide calcistica. Molto evidentemente non sappiamo su presunte direttive giunte dall'alto… Chissà! Ormai c'è da aspettarsi di tutto! Anche che magari qualcuno, nei piani alti, abbia imposto dall'alto la convocazione di un ectoplasma calcistico chiamato Balotelli: un panchinaro anche nel suo club, che nella stagione appena trascorsa di certo non ha brillato per freschezza e risultati, rispetto ad altri suoi colleghi rimasti a casa! Ma restiamo evidentemente nel mare delle supposizioni. Il problema, intendiamoci, non è Balotelli in sé…Piuttosto quel che sta dietro questo andazzo denunciato. Balotelli è solo un ragazzo di 23 anni – magari viziato e idolatrato oltre ogni raziocinio – che merita comprensione (non ha senso colpevolizzare il solo Balotelli)… ma anche qualche tirata d'orecchi in più! Al di là di tutto una cosa è certa: lo spirito calcistico nazionale non si crea importando campioni stranieri in massa… O no? Questa è la riflessione "consolatoria" (e l'interrogativo sottile) che vi lasciamo!
di Sergio Basile e Vincenzo Mannello (Copyright © 2014 Qui Europa)
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