Sabato, Novembre 2nd/ 2013
– di Padre Piotr Anzulewicz –
Mercoledì, Settembre 24th/ 2014
– di Gianluca Monaco / Sete di Giustizia –
Presidente "Scuola di Studi Giuridici e Monetari, Giacinto Auriti"
Premessa a cura della Redazione di Qui Europa
Redazione Quieuropa, Gianluca Monaco, Scuola di Studi Giuruduci e Monetari Giacinto Auriti, Sete di Giustizia, inquinamento, effetto serra, truffa mondialista, Protocollo di Kioto, Usa, Club di Roma, Direttiva 2003/87/CE del 13 ottobre 2003, Direttiva MiFID II, Osama Bin Laden
Mondialismo e presute truffe finanziarie da CO2,
ipotesi a confronto
Le ricostruzioni del Corsera sulle presunte truffe finanziarie
da CO2 e le curiose ipotesi sui canali alternativi di
finanziamento dell'integralismo islamico
Negoziazione delle quote di emissione dei gas serra nei
mercati finanziari: interrogativi e congetture
di Gianluca Monaco
Presidente "Scuola Monetaria, G. Auriti"
Premessa a cura della Redazione di Qui Europa
Premessa – Ricostruzione del Corsera sulla presunta truffa CO2
Roma – Premessa della Redazione di Quieuropa– Mesi fa pubblicammo un articolo su una clamorosa rivelazione dello scienziato italiano Antonino Zichichi, che denunciava in un polemico affronto alla scienza ufficiale quella che definì la truffa dell'effetto serra creata dal mondialismo e dagli ambientalisti malthusiani… (vedi qui – Effetto Serra – Zichichi svela la Truffa Creata dal “Nuovo Ordine”). Oggi il dibattito, per contro, resta aperto ed emergono – in aggiunta – nuove "particolari" rivelazioni che toccano ancora una volta il delicatissimo tema dell'ambiente. Alla fonte possiamo porre la curiosa ricostruzione del Corsera sulla presunta truffa CO2 smascherata dalla Procura di Milano… A voi il giudizio!
Altre forme di finanziamento occulto all'integralismo islamico?
Milano – di Gianluca Monaco – La procura di Milano, anni fa, secondo le ricostruzioni del Corsera, scopri una truffa I.V.A. o pseudo tale (?) sul mercato internazionale dei Diritti di Emissione di Co2 per finanziare gli integralisti islamici. Tutto sarebbe partito mentre l'Occidente "cercava" Osama Bin Laden… alla fine "trovarono" solo un pugno di fatture, sulla scia di una frode fiscale sui certificati ambientali servita a finanziare – pare – anche il terrorismo. Fantasie atte a creare confusione o verità?? "I pm e la Guardia di Finanza – secondo il Corriere della Sera – vedi qui La grande truffa dell’Iva in Italia per finanziare i gruppi islamici – si erano mossi dopo che a presentarsi in Procura era stata una commercialista di Milano spaventata dalla facilità con la quale guadagnava soldi a palate lavorando per alcune società intestate a prestanome cinesi e italiani, cartiere che facevano girare milioni di euro vendendo e acquistando migliaia di carbon credit".
Le ipotesi del Corsera e la via degli emiri
Le due organizzazioni criminali – sempre secondo il corsera – operavano sia singolarmente che insieme. Acquistavano i certificati in Gran Bretagna, Francia, Olanda e Germania attraverso società fittizie con sede in Italia, vere e proprie «cartiere» che producevano solo fatture e che erano intestate o a prestanome quasi sempre cinesi o a persone estranee ma vittime di furti d’identità. Dopo aver acquistato senza pagare l’Iva, esclusa in questo tipo di transazioni intracomunitarie, le «cartiere» aggiungevano l’Iva al 20% e vendevano i certificati ad altre società, anche queste fittizie, che facevano da intermediari con gli ignari acquirenti finali. Una volta incassata l’Iva invece di versarla allo Stato italiano la «cartiera» – almeno secondo quanto dichiarato dal Corriere – chiudeva i battenti e spariva nel nulla, mentre i soldi, milioni e milioni di euro, venivano dirottati su conti correnti a Cipro e Hong Kong per finire a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti (probabilmente – aggiungiamo – si tratterebbe di altre particolari forme di finanziamento, in aggiunta a quelle occulte dei soliti paesi mondialisti).
Cosa sono i Diritti di Emissione di CO2? Pagheremo anche l'aria?
Con la proposta di revisione della Direttiva 2004/39/CE (di seguito la “Direttiva MiFID II”) il legislatore comunitario ha per la prima prese posizione in merito alla natura giuridica delle quote di emissione di gas ad effetto serra, inquadrandole nel novero degli strumenti finanziari. I sistemi di scambio di quote di emissione di gas serra rappresentavano invero un innovativo strumento di politica ambientale introdotto e regolamentato nell’ordinamento giuridico comunitario dalla Direttiva 2003/87/CE del 13 ottobre 2003 (di seguito la “Direttiva 2003/87/CE”) al fine – almeno secondo quanto dichiarato ufficialmente – "di consentire ai Paesi dell’Unione Europea di adempiere, con costi meno significativi per le proprie imprese, agli impegni assunti con la ratifica del Protocollo di Kyoto del 1997 circa la riduzione dei livelli di emissione di gas serra rispetto alle quantità emesse negli anni ‘90".Più nel dettaglio, la Direttiva 2003/87/CE prevedeva che l’autorità regolamentare competente di ciascuno Stato membro potesse assegnare un certo numero di quote di emissione di CO2 equivalente – da intendersi come permessi di emettere gas serra per un determinato ammontare – alle imprese autorizzate a partecipare ai sistemi di scambio e che necessitassero di emettere gas nell’ambito del proprio ciclo produttivo, sulla base di un piano nazionale di assegnazione la cui conformità ai criteri enunciati dalla Direttiva venisse valutata dalla Commissione Europea.
La negoziazione delle quote di emissione
A differenza dell’attività di negoziazione in strumenti derivati, quella relativa alle quote di emissione nell’Unione Europea si è contraddistinta per l’assenza di una regolamentazione ad hoc. La mancanza di una cornice normativa nell’ambito della quale potesse essere inscritto e disciplinato il fenomeno in questione, ha favorito il diffondersi di pratiche fraudolente che hanno fatto emergere l’esigenza di rafforzare la trasparenza ed aumentare la sicurezza dei sia pur curiosi e ambigui scambi negli emissions trading systems europei.
L'anomalia dei mercati dello spot trading
A quanto già sopra rilevato si aggiunga che la qualificazione giuridica delle quote di emissione come strumenti finanziari avrebbe un notevole impatto anche sulle sedi di negoziazione di tali strumenti, in quanto comporterebbe per i gestori dei relativi mercati l’obbligo di richiedere una autorizzazione ad operare come mercato regolamentato oppure come sistema multilaterale di negoziazione (MTF) o come sistema organizzato di negoziazione (OTF) ai sensi della Direttiva MiFID. Ad oggi peraltro, i tre mercati principali che consentono di svolgere attività di spot trading già soddisfano i requisiti richiesti dalla MiFID per i mercati regolamentati, pur non avendo ottenuto l’autorizzazione come tali.
Il Regolamento della Commissione del 12 Novembre 2010 / 1031
In proposito, va altresì evidenziato che il Regolamento della Commissione Europea del 12 novembre 2010 n. 1031/2010, come modificato dal Regolamento del 23 novembre 2011 n. 1210/2011, ha previsto che dal 2013 l’assegnazione delle quote di emissione alle imprese da parte degli Stati membri, avvenga tramite un meccanismo ad asta che dovrà essere effettuato su piattaforme autorizzate come mercati regolamentati ai sensi della Direttiva MiFID. In ogni caso, il concretizzarsi del nuovo scenario fin qui descritto sarà condizionato non soltanto all’effettiva entrata in vigore della Proposta di Direttiva e del nuovo Regolamento in materia di market abuse, ma anche dalle decisioni e dagli impegni che verranno assunti a livello internazionale in merito alla riduzione delle emissioni di CO2 ed alla sorte del Protocollo di Kyoto dopo il termine di scadenza fissato al 2013.
Clima prigioniero della finanza?!
Il Protocollo di Kyoto (peraltro mai rispettato dagli USA) ha autorizzato l’apertura del mercato delle quote di emissione di gas a effetto serra, contabilizzate in tonnellate equivalenti di CO2, a cominciare dai “meccanismi di flessibilità”. Si compone di due parti essenziali, strettamente legate tra loro. Esiste un mercato di scambio dei “diritti di emissione” (o di “permessi di inquinare”) in cui le aziende di produzione elettrica e le industrie sottoposte a dei vincoli massimi di emissione si scambiano (cioè vendono o acquistano) i permessi di emissione assegnati loro dagli stati in cui risiedono: in Europa si parla di Eua (European Union Allowances), o quote di emissione di CO2, e costituiscono dei “crediti di carbonio”.
Follia mondialista – Permessi ad inquinare e mercati di comodo
Su questo mercato si scambiano i permessi di emissione non utilizzati dalle imprese, recuperati, o di cui esse hanno bisogno. Il mercato europeo o Ets (Emissions Trading System – Sistema di scambio commerciale delle quote di emissione) è il primo mercato di questo tipo entrato in funzione dal 2005. Chi ci ha guadagnato sono le imprese che hanno una produzione intensiva di energia e che hanno beneficiato del mercato dei crediti. Il crollo del prezzo della tonnellata di CO2 equivalente nel 2007 e la sua volatilità dimostrano il fallimento di questo strumento nel perseguire la riduzione delle emissioni. Altri mercati di questo tipo si stanno avviando in Australia e negli Usa.
I crediti delle emissioni evitate
Il mercato delle emissioni di CO2 include anche un altro compartimento per lo scambio dei “crediti delle emissioni evitate”. Su questo mercato circolano i certificati di riduzione delle emissioni, ossia “crediti” non emessi dagli stati ma ottenuti grazie a interventi realizzati all’estero nel quadro dei meccanismi di flessibilità previsti dal Protocollo di Kyoto. Questi crediti sono la remunerazione per le emissioni “evitate” grazie a degli investimenti “puliti”. Il primo di questi meccanismi, denominato meccanismo di attuazione congiunta (Mac o Joint Implementation) riguarda essenzialmente gli investimenti fatti nell’Europa dell’Est, che offrono la possibilità di ottenere dei crediti, a basso costo, grazie alla sostituzione di impianti industriali vetusti. Ma il meccanismo più importante è il cosiddetto meccanismo di sviluppo pulito (Clean Development Mechanism – Cdm) che si applica agli investimenti effettuati nei paesi in via di sviluppo.
La regola dell'addizionalità
Le imprese dei paesi ricchi possono finanziare dei progetti “addizionali”. La regola dell’addizionalità vuole che il proponente dei progetti, riconosciuti essere dei Cdm dall’Onu, dimostri che tali progetti non avrebbero potuto realizzarsi in assenza di tale meccanismo (ad esempio, un progetto di sostituzione del carbone con energie rinnovabili) e che tali progetti permettono effettivamente di evitare delle emissioni rispetto alla situazione preesistente.
L'attribuzione dei crediti di emissione
La realizzazione di progetti riconosciuti come Cdm genera l’attribuzione di crediti di emissione chiamati CERs (Certified Emission Reductions Units – Unità di riduzione certificata delle emissioni) che potranno essere negoziati sia sui mercati europei che su quelli internazionali. Le aziende dei paesi ricchi hanno potuto così acquisire dei “diritti” a buon mercato ed evitare di sostenere i costi necessari per passare a produrre emettendo meno anidride carbonica (a casa loro).
Verso i sub-prime della CO2?
In questi mercati le operazioni di acquisto e vendita dei permessi e dei crediti di emissione passano dai mercati derivati e dai contratti a termine che contengono delle promesse di vendita delle quote di emissione o dei crediti di emissione in una certa quantità, a un certo prezzo, a una certa data. Al momento i mercati delle emissioni di CO2, benché in crescita, sono ancora limitati, ma la priorità assegnata alla “finanza della CO2” per governare i cambiamenti climatici costituisce un richiamo che li farà crescere molto rapidamente.
La proliferazione dei contratti "bad carbon" e "junk carbon"
Un recente rapporto di un'organizzazione ambientalista chiamata “Amici della Terra internazional” sottolinea la proliferazione di contratti “cattiva CO2” (bad carbon) o anche “CO2 spazzatura” (junk carbon) che comportano elevati rischi di non esecuzione e i cui prezzi possono crollare…. In effetti, i rischi sono di diverso ordine di grandezza: difficoltà nel valutare gli effetti reali di un progetto sulle emissioni future; contestabile indipendenza degli organismi preposti alla valutazione; difficoltà di verifica delle addizionalità dei progetti; vendita a termine dei crediti ancora prima che siano assegnati ecc… I rischi ormai palesi dei mercati finanziari si combinano, quindi, con la logica industriale di vasta scala. I progetti che possono iscriversi in questi mercati sono esclusivamente quelli dell’industria e dell’agroindustria che, una volta riconosciuti validi come progetti Cdm, hanno accesso al mercato della CO2, contrariamente a quanto accade invece alle attività tradizionali e locali. Come abbiamo appreso, le truffe sono già iniziate e a pagarne le conseguenze saremo noi cittadini.
Nota della redazione di Quieuropa
D'altra parte – aggiungiamo – quando si parla di "ambientalismo", spesso e volentieri tali concetti fanno rima con "mondialismo", cioè con quelle bizzarre teorie malthusiane riconducibili soprattutto al Club di Roma, uno dei pilastri del Nuovo Ordine Mondiale. Teorie largamente smentite, che vorrebbero farci credere nella fine ad orologeria del pianeta per colpa dei consumi e delle emissioni di C02 della cittadinanza mondiale…. Ovviamente l'inquinamento è un problema, ma occhio ai burattini che potrebbero strumentalizzare questo problema per i soliti giochi di potere stile risiko (Redazione Quieuropa).
Gianluca Monaco / Sete di Giustizia (Copyright © 2014 Qui Europa)
Presidente "Scuola di Studi Giuridici e Monetari, Giacinto Auriti"
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