Mercoledì, Dicembre 24th / 2014
– A cura di Massimo Mancinelli / Redazione "Qui Europa" –
Tratto da Maurice Pinay, Complotto contro la Chiesa – Roma [...]
mercoledì, 24 maggio/ 2017
– di Don Floriano Pellegrini
Redazione Quieuropa, Don Floriano Pellegrini, massoneria, Cristianesimo, demoni
Senza verità la politica è culto dei demoni
I documenti di Joseph Ratzinger del 1962
Joseph Ratzinger – gli scritti del 1962
Roma – Con sorpresa di molti osservatori, ma non di chi è abituato a guardare alle cose in profondità, più passa il tempo, più la figura di papa Benedetto XVI si fa punto di riferimento, grazie a Dio ancora vivente. La crescente stima è dovuta a varie cause indipendenti dalla persona di Joseph Ratzinger, ma anche alla sua stessa levatura spirituale e culturale. Si potrebbe ben dire che si sta cominciando a rendergli quel tributo di onore che gli è dovuto e ciò sia tra gli studiosi di più solida preparazione, cattolici e assolutamente non meno laici, sia tra persone non addette alla speculazione, sia tra persone che cercano motivazioni, stimoli ed esempio di una vita cristiana e sacerdotale coerente (malgrado il mistero aperto dell'inaspettato e curioso ritiro in favore di Bergoglio – Ndr). Non da ultimo, bisogna riconoscere che anche il vasto mondo di internet si occupa sempre più del cosiddetto "Papa emerito", tant’è che gli sono dedicati numerosi siti specifici, aggiornati e tutti di buon livello, in lingua italiana ed inglese, poiché l’interesse coinvolge cattolici e non di tutti i continenti.Tutto questo mostra una cosa sola: che alla fin fine la grandezza di un uomo, se è tale, non resta in ombra (pur tra chiaro-scuri spesso incomprensibili – Ndr). L’articolo e gli scritti che seguono ce ne danno, da soli, indiscutibile prova. In particolare poniamo l'attenzione su un testo che il giovane Ratzinger (nato nel 1927) elaborò per una conferenza dell’autunno 1962 alla settimana della «Salzburger Hochschule». Un breve estratto ne venne pubblicato nella rivista dei laureati cattolici «Der katholische Gedanke» (19, 1963, pp. 1-9) mentre una parte più vasta era stata già stampata in «Studium Generale» (14, 1961, pp. 664-682). I due articoli vennero poi rielaborati nel volume «Die Einheit der Nationen» (1971), tradotto in Italia nel 1973 e ora riedito col titolo: L'unità delle nazioni. Una visione dei Padri della Chiesa (Brescia, Ed. Morcelliana, 2009, pp. 120). Di seguito presentiamo uno stralcio dell'ultimo capitolo e la recensione scritta dal prof. Manlio Simonetti, uno dei maggiori studiosi di patristica e di storia del cristianesimo, che reca il significativo titolo: «La rivoluzione che ribaltò il concetto di potere».
Don Floriano Pellegrini
Senza verità la politica è culto dei demoni
Testo di Joseph Ratzinger – Come presso Origene, anche presso Agostino il punto di aggancio per la teologia della realtà politica risulta da una necessità della polemica. La caduta di Roma nell'anno 410 per opera di Alarico aveva chiamato in campo di nuovo la reazione pagana: dove sono mai le tombe degli Apostoli? si gridava. Essi manifestamente non erano stati in grado di difendere Roma, la città che era rimasta invitta finché si era affidata alla tutela dei suoi dèi patri. La sconfitta di Roma dimostrò con evidenza palmare che il Dio creatore, che la fede cristiana adorava, non si prendeva cura delle vicende politiche; questo Dio poteva essere competente per la beatitudine dell'uomo nell'aldilà; che non fosse competente per l'ambito della realtà politica, l'avevano appena mostrato efficacemente gli eventi.
La politica aveva manifestamente la propria struttura di leggi,
che non concerneva il Dio sommo,
doveva quindi avere anche la propria religione politica.
Ciò cui la massa aspirava, piuttosto per una sensibilità generale, voglio dire che, accanto alla religione elevata si dovesse dare anche una religione delle cose terrene, e specialmente di quelle politiche, era cosa che si poteva motivare pure più profondamente ancora partendo dalle convinzioni filosofiche dell'antichità. Bastava solo ricordarsi dello assioma del pensiero platonico formulato da Apuleio: "Tra Dio e l'uomo non v'è nessuna possibilità di contatto".
Platonismo
Il platonismo era convinto nel senso più profondo
della distanza infinita tra Dio e mondo, tra spirito e materia;
che Dio si occupasse direttamente delle cose del mondo, doveva apparirgli del tutto impossibile. Il servizio divino per il mondo era curato da esseri intermedi, da forze di natura diversa, a cui ci si doveva attenere, quando si trattava delle cose di questo mondo. In questa accentuazione eccessiva della trascendenza di Dio, che significava segregarlo dal mondo, escluderlo dai concreti processi di vita d'esso, Agostino scorgeva a ragione il nucleo vero e proprio della resistenza contro la rivendicazione di totalità da parte della fede cristiana, che non poteva mai tollerare un'emarginazione della realtà politica dall'ordine dell'unico Dio. Alla reazione pagana che tendeva a una restaurazione del rango religioso della pòlis e in tal modo a relegare la religione cristiana dell'aldilà nell'ambito puramente privato, egli contrappose anzitutto due precisazioni fondamentali.
La religione politica non ha alcuna verità
La religione politica non ha alcuna verità. Essa poggia su una canonizzazione della consuetudine contro la verità. Questa rinuncia alla verità, anzi lo stare contro la verità per amore della consuetudine, è stata persino ammessa apertamente dai rappresentanti della religione romana – Scevola, Varrone, Seneca. Ci si assoggetta a pagare la tradizione con quanto si oppone alla verità. Il riguardo alla pòlis e al suo bene giustifica l'attentato contro la verità. Ciò vuol dire: il bene dello Stato, che si crede legato al persistere e sopravvivere delle sue antiche forme, viene posto al di sopra del valore della verità. Qui Agostino vede scoppiare in tutta la sua asprezza il contrasto vero e proprio: secondo la concezione romana la religione è una istituzione dello Stato, quindi una sua funzione, e come tale subordinata a esso. Non è un assoluto il quale sia indipendente dagli interessi dei gruppi che la rappresentano, ma è un valore strumentale rispetto allo "Stato" assoluto. Secondo la concezione cristiana, per contro, nella religione non si tratta di consuetudine ma di verità, che è assoluta, che quindi non viene istituita dallo Stato, ma ha istituito per se stessa una nuova comunità, la quale abbraccia tutti quanti vivono della verità di Dio. Partendo di qui,
Agostino ha concepito la fede cristiana come liberazione:
liberazione per la verità dalla costrizione della consuetudine.
Asservimento a consuetudini ostili alla Verità
La religione politica dei Romani non ha alcuna verità, ma al di sopra di essa esiste una verità, e tale verità è che l'asservimento dell'uomo a consuetudini ostili alla verità lo pone in balìa delle potenze antidivine, che la fede cristiana nomina demoni. Perciò
il servizio agli idoli ora
non è, invero, solo uno stolto affaccendarsi senza oggetto,
ma, consegnando l'uomo in balìa della negazione della verità,
diviene servigio ai demoni:
dietro gli dèi irreali sta il potere sommamente reale del demone e dietro la schiavitù alla consuetudine v'è il servaggio agli ordini degli spiriti malvagi.
Liberazione cristiana… dalla consuetudine
In ciò sta la vera profondità a cui scende la liberazione cristiana e la libertà conquistata in essa: liberando dalla consuetudine affranca da un potere, che l'uomo ha egli stesso dapprima creato, ma che di gran lunga si è levato al di sopra del suo capo e ora è signore su di lui; è divenuto un potere oggettivo, indipendente da lui, breccia d'invasione da parte della potenza del male come tale, che lo sopraffà, cioè dei "demoni". La liberazione dalla consuetudine per attingere la verità è emancipazione dalla potestà dei demoni che stanno dietro la consuetudine. In ciò il sacrificio di Cristo e dei cristiani ora diviene veramente comprensibile come "redenzione", cioè liberazione: elimina il culto politico opposto alla verità e al posto di esso, che è culto dei demoni, mette l'unico universale servizio alla verità, che è libertà.
Agostino, Origene, i demoni
In ciò, il processo di pensiero di Agostino s'incontra con quello di Origene. Come questi aveva inteso l'assolutezza religiosa dell'elemento nazionale quale opera degli angeli demoniaci delle genti e l'unità sovranazionale dei cristiani come liberazione dalla prigionia contro il fattore etnico, così anche Agostino riporta la realtà politica nel senso antico, cioè la divinizzazione della pòlis, alla categoria del demoniaco e
nel cristianesimo vede il
superamento del potere demoniaco della politica,
che aveva oppresso la verità.
Anche per lui gli dèi dei pagani non sono vuote illusioni, ma la maschera fantastica, dietro la quale si celano potestà e dominazioni, che precludono all'uomo l'accesso ai valori assoluti, rinserrandolo nel relativo. E anch'egli nell'elemento politico scorge il dominio vero e proprio di queste potenze. È vero che Agostino ha riconosciuto il suo valore di verità all'idea di Evemero che tutti gli dèi siano stati in origine una volta uomini, cioè che ogni religione (dei pagani) poggi su una iperbolizzazione di sé da parte dell'uomo, ma ha visto al tempo stesso che l'enigma delle religioni pagane, con questa ammissione, non è affatto risolto. Le potenze, che apparentemente l'uomo fa scaturire e proietta da se stesso, presto si dimostrano oggettive ipostasi di potere, "demoni", che esercitano su di lui una signoria sommamente reale. Da esse può liberare solo Colui che ha potere su tutte le potestà: Dio medesimo.
Cristianesimo "rivoluzionario"
Se qui, a conclusione, ci chiediamo quale sia la risultanza complessiva dell'indagine, dobbiamo constatare che anche Agostino non ha tentato di elaborare qualcosa da intendere come la costituzione di un mondo fattosi cristiano. La sua civitas Dei non è una comunità puramente ideale di tutti gli uomini che credono in Dio, ma non ha neppure la minima comunanza con una teocrazia terrena, con un mondo costituito cristianamente, bensì è un'entità sacramentale-escatologica, che vive in questo mondo quale segno del mondo futuro. Quanto sia precaria la causa di un cristiano, glielo aveva mostrato l'anno 410, in cui veramente non erano stati solo i pagani a invocare gli antichi dèi di Roma. Così per lui lo Stato, pure in tutta la reale o apparente cristianizzazione, rimase "Stato terreno" e la Chiesa comunità di stranieri, che accetta e usa le realtà terrene, ma non è a casa propria in esse. Certo, la convivenza delle due comunità era divenuta più pacifica di quanto fosse ai tempi di Origene; Agostino non parlò più della cospirazione contro lo Stato "scitico"; ma ritenne giusto che i cristiani, membri della patria eterna, prestassero servizio in Babilonia come funzionari, anzi come imperatori. Mentre dunque in Origene non si vede bene come questo mondo possa proseguire, ma si percepisce soltanto il mandato di tendere allo sbocco escatologico, Agostino mette in conto una permanenza della situazione attuale, che ritiene tanto giusta per quest'età del mondo, da desiderare un rinnovamento dell'Impero romano. Ma rimane fedele al pensiero escatologico in quanto reputa tutto questo mondo un'entità provvisoria e non cerca perciò di conferirgli una costituzione cristiana, ma lascia che esso sia mondo, che deve tendere lottando a conseguire il proprio relativo ordinamento. In tal misura anche il suo cristianesimo, fattosi in modo consapevole legale, rimane, in un senso ultimo, "rivoluzionario", poiché non può considerarsi identico ad alcuno Stato, ma è invece una forza che relativizza tutte le realtà immanenti al mondo, indicando e rinviando all'unico Dio assoluto e all'unico mediatore tra Dio e l'uomo: Gesù Cristo.
Joseph Ratzinger
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partecipa al dibattito – infounicz.europa@gmail.com
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