Venerdì, Aprile 17th/ 2015
– di Sergio Basile, Presidente "Sete di [...]
Domenica, 4 febbraio / 2018
– Articolo estratto dalla rivista Cristianità, Anno V, nº 24, aprile 1977, pagg. 7-9
Redazione Quieuropa, Comunismo, Capitalismo, Sistema bancario, rivoluzione bolscevica
Rivoluzione d'Ottobre e supercapitalismo
Chi finanziò la rivoluzione giudeo-bolscevica
anti-cristiana del 1917?
Ruolo del sistema bancario internazionalista e dell'élite
anglo-americana e tedesca nell'ascesa del comunismo
Articolo estratto dalla rivista Cristianità, Anno V, nº 24, aprile 1977, pagg. 7-9
Premessa
Roma – Tutto, forse, è già stato scritto sulla Rivoluzione russa, ma una domanda inquietante non ha avuto ancora esauriente risposta. Chi finanziò la Rivoluzione? Quali furono, cioè, gli uomini o i gruppi che offrirono alla Rivoluzione il supporto economico necessario per il suo successo e per il suo consolidamento? (2) Si tratta di una domanda non retorica e non secondaria, che viene stimolata dal recente libro di Aleksandr Solženicyn (1918-2008) Lenin a Zurigo (3): un volume che, al di là dei suoi pregi letterari, ha il merito di offrire al grande pubblico uno squarcio di storia contemporanea, che fino a oggi aveva attirato l'interesse solo dei «sovietologi» o di qualche cultore di quel genere particolare di storia che va sotto il nome di «guerra occulta». Il lettore estraneo a tale tematica rimarrà certamente sconcertato nel vedere emergere, come reale protagonista delle pagine di Solženicyn, un personaggio fin qui ignoto ai libri di storia: Aleksander Israel Helphand (1867-1924), detto Parvus (foto grandi in copertina: primo da sinistra) (4) , la cui figura sanguigna e ributtante giganteggia accanto a quella di Lenin (1870-1924), «l'unico al mondo che potesse veramente competere con lui e il più delle volte vittoriosamente, sempre avanti di qualche passo» (5). Parvus-Helphand non fu infatti solo l'uomo in casa del quale nacque l'Iskra, il giornale di Lenin, e che suggerì a Leon Bronstein Trotskij (1879-1940) la teoria della «Rivoluzione permanente» (6), tirando le fila del primo Soviet di San Pietroburgo, nel 1905; ma fu anche il veicolo del massiccio aiuto finanziario che Lenin ottenne dagli ambienti politici e militari tedeschi. «Fanatico rivoluzionario, non gli tremava la mano nel distruggere gli imperi; mercante fino al midollo, gli tremava la mano quando doveva contare i soldi» (7). «Non c'era socialdemocratico al mondo – scrive ancora Solženicyn – del quale Lenin non sapesse con che chiave aprirlo e su che ripiano sistemarlo: il solo Parvus non si lasciava aprire e incasellare, e restava a sbarrargli la strada» (8).
(*) Articolo estratto dalla rivista Cristianità, Anno V, nº 24, aprile 1977, pagg. 7-9. (2) Tralascio, evidentemente, la risorsa dell'«autofinanziamento» attraverso «esproprio proletario», attentamente considerata in M. Lucini, Chi finanziò la Rivoluzione d'Ottobre, Editrice Italiana, Roma 1967. (3) Cfr. A. Solženicyn, Lenin a Zurigo, Mondadori, Milano 1976. (4) Aleksander Israel Helphand, di origine ebraica, fu il punto d'incontro tra gli ambienti socialdemocratici tedeschi e quelli russi. Dopo la scissione dei socialdemocratici russi nel 1903, si avvicinò a Trotskij, dirigendo di fatto la prima Rivoluzione russa del 1905. Sfuggito alla deportazione, riparò all'estero, riuscendo ad accumulare in breve tempo una considerevole fortuna. Dal 1910 al 1915 fu nei Balcani, consigliere finanziario, tra l'altro. dei governi turco e bulgaro. Nel febbraio 1915 iniziò le trattative con il ministero degli Esteri tedesco per suscitare la Rivoluzione in Russia. Morì in una ricca dimora nei pressi di Berlino nel 1924. Vedi la sua importante biografia, cui attinge Solženicyn, di Z.A.B. Zeman-W.B. Scharlau, The Merchant of Revolution: The Life of Alexander Israel Helphand (Parvus) 1867-1924, Oxford University Press, New York 1965. (5) Cfr. A. Solženicyn, op. cit., pag. 133. (6) Su questo punto, vedi Encyclopaedia Judaica, Keter Publishing House, Gerusalemme 1972, vol. XV, pag. 1404. (7) Cfr. A. Solženicyn, op. cit., pag. 131. (8) Ibid., pag. 130.
Il finanziamento tedesco
I documenti tedeschi conservati nella Wilhelmstrasse, su cui George Katkov (9) ha per primo attirato l'attenzione, hanno offerto agli storici la
prova definitiva del decisivo
appoggio finanziario tedesco ai bolscevichi (10).
Un prezioso spoglio dei documenti è stato fatto da Werner Hahlweg (1912-1989) (11) e da Zbyněk Anthony Bohuslav Zeman (1928-2011) (12). Lo stesso Zeman nella sua biografia di Parvus ha perfettamente messo in luce la stretta collaborazione tra Parvus e il conte Ulrich von Brockdorff-Rantzau (1869-1928), ambasciatore tedesco a Copenaghen, a sua volta intimo amico del sottosegretario al ministero degli Esteri Arthur Zimmermann (1864-1940).
Attraverso questa catena (13) i cui capi erano rispettivamente
Lenin e il cancelliere tedesco Theobald von Bethmann-Hollweg (1856-1921),
fu trasferita ai bolscevichi una somma che Zenaan e Scharlau valutano
non inferiore ai trenta milioni di marchi-oro (14).
(9) Cfr. G. Katkov, «German Foreign Office Documents of Financial Support to the Bolsheviks in 1917», in International Affairs, vol. XXXII, 1956, pagg. 181 e ss. (10) Il finanziamento tedesco, fin dall'apparizione dei «documenti Sisson» – settanta documenti, dal 27 settembre 1917 al 9 marzo 1918, raccolti nel febbraio e nel marzo 1918 a San Pietroburgo da Edgar Sisson, rappresentante del Committee on Public Information (organo ufficiale della propaganda americana nella Prima Guerra Mondiale) e poi pubblicati in The German-Bolshevik Conspiracy, War Information Series, nº 20, Washington 1918 – è stato oggetto di una lunga querelle storica. George F. Kennan, che ha mostrato come quei documenti fossero parzialmente falsificati (cfr. «The Sisson Documents», in Journal of Modern History, Vol. XXVIII, 1956, pagg. 130-154), non ha potuto dimostrare l'inautenticità delle informazioni in essi raccolte. Il più recente tentativo di «minimizzare» il finanziamento ai bolsevichi si deve a B. Souvarin, in «Soljénitsine et Lenin», in Est et Ouest, 1-15 aprile 1976, pagg. 121-136. Ma agli studi citati di Katkov, Hahlweg e Zeman si possono aggiungere quelli di Michael Futrell, Northern Underground, Faber and Faber, Londra 1963; Stefan Possony, Lenin: The Compulsive Revolutionary, George Allen and Unwin, Londra 1966 e Joel Carmichael, «German Money and Bolshevik Honour», in Encounter, marzo 1974. (11) Cfr. W. Hahlweg, Lenins Ruckkehr nach Russland 1917. Die deutschen Akten, E. J. Brill, Leida 1957, che raccoglie cento documenti tedeschi sul viaggio di Lenin dal 7 settembre 1914 all'11 luglio 1917. (12) Cfr. Z.A.B. Zeman, Germany and Revolution in Russia 1915-1918. Documents from the Archives of the German Foreign History, Oxford University Press, Londra 1958, che raccoglie 136 documenti (di cui alcuni già pubblicati da Hahlweg) dal 9 gennaio 1915 al 25 giugno 1918. (13) Jacob Furstenberg (1879-1937), conosciuto come Hanecki, Ganecjkji o «Kuba», un ebreo polacco legato a Radek e Dzeshinsky, fu probabilmente, come inclina a credere Futrell (op. cit., passim), la figura chiave della vicenda. Furstenberg, stretto collaboratore politico di Lenin e braccio destro finanziario di Parvus, fu incaricato da Lenin di far passare in Russia i fondi di Parvus. Dopo la Rivoluzione di Ottobre fu commissario principale delle banche presso il ministero delle Finanze e quindi ministro del Commercio Estero. Venne eliminato durante le purghe del 1937. (14) Cfr. Z.A.B. Zeman-W.B. Scharlau, The Marchant of Revolution, pag. 231.
Il sigillo di Zimmermann al giudeo-comunismo
L'aiuto tedesco ai bolscevichi si concretizzò, inoltre, nel famoso viaggio di ritorno di Lenin in Russia sul «treno piombato», di cui Michael Pearson (15) ci ha dato di recente un'attenta ricostruzione. Il 17 aprile 1917, trentadue esponenti rivoluzionari, tra cui Lenin, la Nadezhda Krupskaya (1869-1939), Grigory Zinoviev (1883-1936), Karl Radek (1885-1939) e Grigory Sokolnikov (1888-1939), lasciarono infatti Zurigo sul «treno piombato» (isolato, cioè, con sigilli, dalle altre carrozze, per sottolineare la non connivenza tra Lenin e il nemico tedesco) alla volta di San Pietroburgo, da qualche settimana in piena rivoluzione.
L'operazione, approvata dal Cancelliere e personalmente seguita da Zimmermann
(prima foto grande da destra)
e dagli ambasciatori tedeschi a Copenaghen e a Berna,
era stata varata perché
«è nostro interesse che in Russia prevalga la frazione radicale dei rivoluzionari» (16) .
«Dobbiamo assolutamente cercare di creare in Russia il maggiore caos possibile.
A questo scopo, evitare ogni aperta ingerenza nel corso della Rivoluzione russa.
Ma in segreto fare di tutto per approfondire le contraddizioni
tra i partiti moderati e i partiti estremisti,
tenendo presente che noi abbiamo tutto l'interesse che prevalgano questi ultimi,
poiché in tal caso un rivolgimento sarà inevitabile
e tale da scuotere le fondamenta dello Stato russo […].
Abbiamo un maggior interesse ad appoggiare gli elementi estremisti in quanto essi sono in grado di compiere un lavoro più efficace e di raggiungere più in fretta dei risultati. Secondo tutte le previsioni, si può valutare che nel giro di tre mesi la decomposizione sarà abbastanza avanzata perché un intervento militare da parte nostra provochi immancabilmente il crollo della potenza russa» (17).
(15) Cfr. M. Pearson, Il treno piombato, Sperling and Kupfer, Milano 1976. Pearson avanza, tra l'altro, l'ipotesi che Lenin, dopo avere appreso dai tedeschi, durante il viaggio sul treno piombato, l'ampiezza del finanziamento a sua disposizione, cambiò opinione sulla tattica rivoluzionaria, decidendo di compiere immediatamente il balzo verso la seconda fase della Rivoluzione (la formula «tutto il potere ai soviet»!). Né è escluso, secondo Pearson, che Lenin abbia lasciato San Pietroburgo il 12 luglio non solo perché malato, ma perché a conoscenza della data precisa della controffensiva tedesca, e abbia progettato il suo colpo di Stato in previsione dell'umiliazione nazionale che avrebbe fatto seguito a una disfatta dell'esercito russo. Inoltre, una delle ragioni delle sue frenetiche pressioni perché il partito agisse in ottobre sarebbe stata la notizia avuta da Berlino, secondo cui gli austriaci stavano per offrire a Kerensky un accordo di pace separata, e che questo avrebbe fatto crollare tutte le speranze dei bolscevichi di arrivare al potere (pagg. 311-317). (16) Telegramma dal segretario di Stato agli Affari Esteri Zimmermann al rappresentante del ministro degli Affari Esteri presso il Quartier generale del 23 marzo 1917, in Z.A.B. Zeman, Germany and Revolution, pagg. 25-26. (17) Telegramma dall'ambasciatore di Germania a Copenaghen conte von Brockdorff-Rantzau al Ministro degli Affari Esteri, del 2 aprile 1917 (segretissimo); in Z.A.B. Zeman, Germany and Revolution, pagg. 30-31.
Il finanziamento americano
Se il viaggio di Lenin sul «treno piombato» è passato alla storia, ancora oscure sono le circostanze di un non meno storico ritorno in Russia. Il 27 marzo 1917, infatti, venti giorni prima della partenza di Lenin, aveva lasciato New York la motonave Christiana Fiord, anch'essa con il suo carico di rivoluzionari che prendevano la via della Russia. Il viaggio ebbe solo uno spiacevole intoppo ad Halifax (Nuova Scozia), dove le autorità canadesi fecero sbarcare sei passeggeri, sospetti di attività sovversive. Tra questi era Leon Bronstein Trotskij, giunto negli Stati Uniti il 13 gennaio dello stesso anno, dopo essere stato espulso dalla Francia (18).
Era stato lo stesso presidente Thomas Woodrow Wilson (1856-1924)
(seconda foto grande da destra)
a interessarsi perché Trotskij potesse ottenere un passaporto americano
con il quale intraprendere il viaggio di ritorno in Russia (19).
Trotskij fu dunque rilasciato senza difficoltà dalle autorità canadesi, soprattutto quando intervenne l'autorevole raccomandazione del Colonnello Edward Mandell House (1858-1938), conosciuto come l'alter ego del presidente Wilson e noto come figura di spicco dell'establishment finanziario di Wall Street. «House aveva delle potenti relazioni tra i banchieri internazionali di New York. Era peraltro influente, ad esempio, presso grandi istituti finanziari rappresentati da personalità quali Paul e Felix Warburg, Otto H. Kahn, Luis Marburg, Henry Morgenthau, Jacob e Lortimer Schiff. House aveva inoltre potenti relazioni tra i banchieri e gli uomini politici d'Europa» (20). L'avallo di House e Wilson alla partenza per la Russia di Trotskij ci apre uno spiraglio per avvicinarci a un'altra pagina, che ci permette di gettare un'occhiata più approfondita sul complesso capitolo dei finanziamenti ai bolscevichi. Non esistono, infatti, solo i documenti tedeschi, ma anche i documenti americani, contenuti per lo più nella sezione 861.000 dell'U.S. State Dept. Decimal File degli Archivi Nazionali.
(18) Sul soggiorno di Trotskij a New York, vedi tra l'altro, J. Nevada, Trotzky and the Jews, Jewish Publication Society of America, Filadelfia 1972. (19) Cfr. J. L. Wise, Woodrow Wilson: Discipline of Revolution, Paisley Press, New York 1938. «Gli storici – ha scritto Wise – non possono dimenticare che Woodrow Wilson […] rese possibile a Leon Trotzky di entrare in Russia con un passaporto americano» (pag. 647). (20) Cfr. D. Smoot, The Invisible. Government, Western Islands, The Americanist Library, Belmont 1965, pag. 2.
I documenti americani
Si tratta di documenti quasi totalmente inediti, di cui un primo spoglio è stato fatto, tuttavia, da Antony C. Sutton (1925-2002) in un volume che ha lo straordinario merito di avere per primo sollevato, sul piano scientifico, il velo sui rapporti tra Wall Street e la Rivoluzione bolscevica (21). Mi limito qui a ricordare un altro storico viaggio a San Pietroburgo, avvenuto nel fatidico 1917, di cui Sutton ci rivela gli interessanti retroscena. Si trattò di una strana «missione» della Croce Rossa (22), finanziata da William Boyce Thompson (1869-1930) (23), uomo di spicco dell'establishment, direttore dal 1914 della Federal Reserve Bank of New York, uno dei gangli più importanti di Wall Street. Lo stesso Thompson si aggregò alla delegazione, peraltro più ricca di banchieri che di medici (solo cinque, su ventiquattro componenti). Appena arrivato a San Pietroburgo, Thompson si preoccupò di incontrare, presso l'ambasciata americana, Alexandr Kerensky (1881-1970), cui si premurò di assicurare l'appoggio economico di Wall Street al suo governo. Ma analogo appoggio fu assicurato ai bolscevichi, ai quali Thompson versò un milione di dollari, pagati sull'unica banca di San Pietroburgo sfuggita alla nazionalizzazione: la National City Bank dei Rockefeller (24). Thompson si fermò in Russia fino al 5 dicembre 1917. Sulla via del ritorno negli Stati Uniti fece sosta a Londra dove, assieme a un altro esponente dell'establishment, Thomas Lamont (1870-1948), incontrò David Lloyd George (1862-1945) (25). Nel colloquio, Thompson assicurò il suo interlocutore che Trotskij e Lenin non erano agenti tedeschi e che un appoggio alla Rivoluzione bolscevica era necessario per fare sì che i russi continuassero la guerra contro la Germania. L'atteggiamento di Thompson non fu isolato. Il libro di Sutton dimostra ad abundantiam come il gesto del passaporto americano a Trotskij del presidente Wilson non fosse un gesto occasionale, ma la conseguenza di una precisa scelta dei circoli finanziari di Wall Street.
(21) Cfr. A. C. Sutton, Wall Street and the Bolshevik Revolution, Arlington House, New Rochelle 1974. (22) Ibid., pagg. 71-78. (23) Su William Boyce Thompson vedi H. Hagedorn, The Magnate: William Boyce Thompson and His Time, Reynal and Hitchcock, New York 1935. (24) Cfr. A. C. Sutton, op. cit., pagg. 82-83. L'episodio fu registrato, tra l'altro, dalla Washington Post del 2 febbraio 1918 in questi termini: «William Boyce Thompson, che è stato a Pietrogrado da luglio fino a novembre scorso, ha offerto un contributo personale di un milione di dollari ai bolscevichi per la propagazione della loro dottrina in Germania e in Austria». (25) Cfr. A. C. Sutton, op. cit., pagg. 91-95.
Wall Street
Una sorpresa ci attende a questo punto: anche l'esame attento dei canali usati dai tedeschi per il loro finanziamento ci porta agli stessi circoli di Wall Street. Questi canali, infatti, come risulta dai documenti, furono sostanzialmente due: la svedese Nya Banken e la banca tedesca Warburg. – La Nya Banken fu fondata nel 1912 dall'ebreo russo Olof Aschberg (1877-1960) (26), col fine di aiutare, attraverso uno strumento finanziario, la Rivoluzione socialista. Ora, fin dall'epoca zarista, Aschberg era legato al gruppo Morgan-Rockefeller, per conto del quale, durante la guerra, negoziò un prestito di cinquanta milioni di dollari alla Russia (27). Nel 1918, la Nya Banken cambiò nome e divenne la Svensk Ekonomiebolaget. Aschberg ne mantenne il controllo, ma chiamò a succedergli Marcus Wallenberg (28). Nel frattempo i bolscevichi si posero il problema della loro organizzazione finanziaria. «Ciò di cui abbiamo bisogno – scrisse Trotskij – è un organizzatore come Bernard Baruch» (29).
Il Baruch sovietico fu Aschberg, posto a capo della Ruskombank,
la banca commerciale sovietica nata con un capitale di dieci milioni di rubli-oro,
sottoscritto in gran parte da banche anglo-americane.
Tra i suoi più stretti collaboratori alla Ruskombank, Aschberg nominò Max May, vice-presidente del Guaranty Trust of New York (dei Morgan), uno dei gruppi finanziari portanti di Wall Street (30).
(26) Su Olof Aschberg, vedi Le Meoarer, Albert Bonniers Förlag, Stoccolma 1946. Michael Futrell, che lo intervistò prima della morte, ne ebbe la conferma che i fondi bolscevichi furono depositati presso la Nya Banken. (27) Cfr. A. C. Sutton, op. cit., pagg. 55-58. (28) Il banchiere Marcus Wallenberg è uno degli insider ammessi nella ristretta cerchia del Bilderberg Club, come risulta dall'elenco pubblicato in Cristianità, Piacenza, marzo-aprile 1976, anno IV, nº 16. (29) Cfr. H. Coston, Les financiers qui mènent le monde, La Libraire Française, Parigi 1955, pag. 115. Secondo Coston, Aschberg sarebbe stato «il dittatore delle finanze sovietiche» e «il grande corruttore sovietico in Europa occidentale» tra le due guerre (ibid.). (30) Cfr. A. C. Sutton, op. cit., pagg. 62-63.
Warburg e gli uomini del Fed Act
La Banca Warburg, fondata ad Amburgo nel 1798, risulta essere l'altro canale del finanziamento tedesco. Ora, vale la pena ricordare che mentre il più anziano dei fratelli Warburg, Max, era rimasto ad Amburgo a curare gli interessi della famiglia, i due fratelli più giovani, Paul e Felix, si erano da diversi anni trasferiti negli Stati Uniti, dove avevano sposato le figlie di due noti banchieri dell'establishment. Paul aveva sposato Nina Loeb (1863-1912), figlia di Salomon Loeb, e Felix Frieda Schiff (1876-1958), figlia di Jacob. Jacob Schiff (1847-1920) (31) aveva sposato a sua volta l'altra figlia di Solomon Loeb, Teresa, ed era stato da questi associato alla guida della banca da lui fondata, la Kuhn, Loeb and Co. (32), una delle maggiori degli Stati Uniti. Felix Warburg divenne partner e poi senior partner nella banca del suocero (33), Paul Warburg (in copertina: seconda foto grande da sinistra) fu l'uomo che riformò il sistema finanziario degli Stati Uniti con il Federal Reserve Act, elaborato in una storica riunione di banchieri internazionali a Jekyl Island (Georgia) nel 1910, e presentato al Congresso dal presidente Wilson nel 1913 (34). I Warburg americani e tedeschi conservavano naturalmente stretti contatti, tanto che il maggior prestito concesso dagli Stati Uniti alla Germania, nel settembre 1914, fu negoziato dalla banca Kuhn, Loeb and Co., che depositò venticinque milioni di marchi sulla propria corrispondente tedesca: la banca Warburg di Amburgo (35).
(31) Jacob Schiff, discendente del rabbino Meir ben Jacob Schiff, è esplicitamente indicato, accanto ai Warburg e ad altri esponenti della comunità ebraica tedesco-americana, come uno dei finanziatori della Rivoluzione russa in uno dei documenti centrali degli Archivi Nazionali americani, sotto la collocazione State Dept. Decimal File 861.000/5339, dal titolo Bolshevism and Judaism. L'interesse storico di questo documento deriva dal fatto che esso fu ampiamente utilizzato negli ambienti dell'emigrazione russa (vedi, ad esempio, A. De Goulevitch, Zarismo e Rivoluzione, Bocca, Milano 1939, pagg. 164-165), e dalla pubblicistica contro-rivoluzionaria (vedi, ad esempio, P. Virion, Bientot un gouvernement mondial, Editions St. Michel, Parigi 1967, pagg. 134-135), senza che peraltro ne fosse mai dimostrata l'autenticità, ora provata dal prof. Sutton (op. cit., pagg. 186-187). L'Encyclopaedia Judaica sottolinea l'odio di Schiff verso i Romanoff e il suo appoggio finanziario a Kerensky, ma tace dei rapporti con i bolscevichi (vol. XIV, pagg. 960-962). (32) La Kuhn, Loeb and Co. fu fondata nel 1867 dai cognati Abraham Kuhn (1819-1892) e Solomon Loeb (1828 1913). Vedi Encyclopaedia Judaica, vol. X, nº 1287. (33) Su Felix M. Warburg (1871-1937), vedi Encyclopaedia Judaica, vol. XVI, pagg. 282-284. (34) Su Paul M. Warburg, vedi Encyclopaedia Judaica, vol. XVI, pagg. 281-282. (35) Cfr. A. C. Sutton, op. cit., pag. 64.
Un clan supercapitalista
Vale la pena, a questo punto, di tentare una ricapitolazione. È certo che i bolscevichi ricevettero cospicui fondi dai tedeschi, ufficialmente in chiave anti-russa: al fine cioè di accelerare la disgregazione dell'esercito russo attraverso l'apertura di un «fronte interno». È anche certo, però, che i bolscevichi ricevettero fondi da alcuni circoli finanziari americani, ufficialmente in chiave anti-tedesca: al fine cioè di ottenere che i russi continuassero la guerra contro la Germania e che, in tempo di pace, il mercato economico russo fosse sottratto ai tedeschi. D'altra parte, emerge altrettanto inconfutabilmente che i finanziatori americani erano in realtà così poco anti-tedeschi da continuare a finanziare, durante la guerra, la stessa Germania (vedi Kuhn, Loeb and Co.); di più, i finanziatori americani e tedeschi dei bolscevichi, apparentemente contrapposti in quanto a intenzioni, risultano strettamente legati tra loro da vincoli economici, se non addirittura «dinastici». Non può dunque reggere l'ipotesi di una «furbizia» bolscevica nel riuscire a ottenere fondi dalle due parti contrapposte, ma prende invece concretezza quella della «furbizia» di un vero e proprio «clan» tedesco-americano che finanziò deliberatamente i bolscevichi dietro copertura patriottica. Alla domanda «chi finanziò la Rivoluzione russa»? sembra dunque improprio rispondere «gli americani» o «i tedeschi», ma pare storicamente più preciso rispondere che
la Rivoluzione russa fu finanziata, attraverso canali diversi,
da un «clan» internazionale, che aveva nelle banche americane ed europee
i suoi, non più misteriosi, centri di potenza.
I legami intrecciati tra questa élitesupercapitalista e la sètta bolscevica furono di natura non ideologica, strettamente legati cioè a interessi commerciali, o tradussero invece, sul piano finanziario, affinità più reali e profonde? Quel che è certo è che questi legami, in sessant'anni di storia, non sono venuti meno; hanno, anzi, acquistato consistenza e spessore e sembrano orientare oggi supercapitalismo e comunismo verso un medesimo oscuro destino.
da Cristianità, Anno V, nº 24, aprile 1977, pagg. 7-9
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Martedì, 26 settembre/ 2017 di Sergio Basile Redazione Quieuropa, Sergio Basile, Piano Kalergi, Comunismo, Europeismo, Massoneria Piano Kalergi e convergenza tra europeismo e comunismo Kalergi, Lenin e Trotsky: stessa anima, stessi obiettivi “Esiste anche un'altra alleanza […]