Martedì, 3 ottobre / 2017
– Lettera di Don Marco Belleri alla Pontificia Accademia Pro Vita –
Sabato, 10 marzo / 2018
– di Thierry Lefévre –
Redazione Quieuropa, Eugenetica, Adolf hitler, Nasismo, socialismo, Eutanasia, Genocisio, Vita
La cospirazione eugenetica – 5 – Corrispondenza
tra Eutanasia ed Eugenetica
L'ideologia della cultura della morte. Dagli esperimenti del
Terzo Reich ai giorni nostri: attori e idee a giustificazione
del genocidio eugenetico
di Thierry Lefévre / La connexion eugéniste
Eutanasia ed Eugenetica- Il progetto incrociato
Oggi si parla molto di «morte con dignità», di «suicidio assistito»,
di «interruzione di gravidanza», di «embrioni impiantati»
e di «aborto terapeutico».
Parigi, Berlino, Londra, Washington – In realtà, non si tratta di una novità perché il XX secolo, dotato di fertile immaginazione, si è appropriato della capacità tecnologica di realizzare le sue ambizioni. Il clan eugenista non si è limitato all'indispensabile, ma ha saputo dotarsi dei mezzi necessari per raggiungere i suoi obiettivi. È sotto questa luce che dev'essere considerata l'«eutanasia» dei malati mentali nella Germania del Terzo Reich, della quale gli psichiatri sono stati direttamente responsabili. L'opinione pubblica e gli psichiatri di oggi conoscono poco e male questo capitolo della loro storia. Fino ad allora, il trattamento dei malati mentali aveva registrato un progresso notevole per i pazienti. I tedeschi, del resto, avevano giocato un ruolo importante in questo campo. Ma
alla fine del 1939, quattro uomini,
alla presenza di un gruppo di medici e di un chimico,
furono deliberatamente uccisi con ossido di carbonio
anche se non erano né dei criminali, né dei perturbatori.
Erano cooperativi e fiduciosi.
Si trattava di pazienti ordinari di un ospedale psichiatrico statale,
responsabile del loro benessere.
La prassi dell'omicidio
Questa esperienza «riuscita» condusse alla costruzione di locali appositi per questo uso in un buon numero di ospedali psichiatrici (Grafeneck, Brandenburg, Hartheim, Sonnenstein, Hadamar e Bernburg). L'eliminazione dei malati mentali era un grande progetto ben organizzato, come nessun altro progetto psichiatrico, e forse anche meglio. Tutto era stato preparato e pianificato. Poi i metodi vennero messi a punto.
Venne creata un'agenzia di trasporto specializzato
e costruiti dei forni crematori negli ospedali psichiatrici.
In questa organizzazione era implicata tutta una serie di ospedali e di istituzioni psichiatriche, alcuni professori di psichiatria, direttori di istituti e personale proveniente dagli ospedali. L'eliminazione di questo genere di malati divenne una routine. Questi psichiatri, senza essere costretti, agivano secondo lo stesso principio che animava Karl-Otto Koch (1897-1945), il famoso comandante di un lager nazista:
«Nel mio campo non ci sono malati.
Ci sono solamente dei sani e dei morti».
"Liberazione attraverso la morte"
Tuttavia, per designare questa operazione era stato operato uno scivolamento semantico: «aiuto al morente», «liberazione attraverso la morte»,
«distruzione di vite senza valore»
(oggi si dice «prive di una vita di qualità»)
«eutanasia», «azioni caritatevoli» o più brevemente «azioni». Il più grande errore che possiamo commettere sarebbe di credere all'attuazione di un programma legittimo sul piano sociale, morale e medico, e che solo gli eccessi furono riprovevoli. Ora, non ci fu nessuno eccesso. Raramente un'operazione civile è stata così ben pianificata, organizzata e messa in opera con altrettanta precisione. Col tempo, l'utilizzo dell’ossido di carbonio venne applicato per motivi sempre più futili:
malformazioni, incontinenza, difficoltà nell'educazione,
presenza superflua, bocca inutile, improduttività e indesiderabilità.
In tutte queste cause si potrebbe trovare un denominatore comune:
l'eliminazione dei deboli.
Oggi, si stima che le vittime in questo contesto ospedaliero ammontino a 275.000 unità.
Foto giù in copertina: persone affette da malattie genetiche inguaribili e da handicap mentali. Le cosiddette «vite indegne di essere vissute». Karl-Otto Koch (1897-1945 – foto GIù in copertina – la prima grande da sinistra)
Gli attori del genocidio
Si potrebbe pensare che le persone che hanno condotto questo genocidio fossero dei bruti dotati di istinti bestiali o forse di persone costrette dal sistema nazista. Nulla di tutto questo. Si trattava di individui normali, che avevano ricevuto una buona educazione, dotati di un alto livello di formazione, di buoni padri di famiglia. I medici che hanno organizzato questa operazione l'hanno fatto di loro spontanea volontà. Quelli che non hanno voluto partecipare non sono stati obbligati. Il Direttore dell'Istituto di Hadamar fu personalmente responsabile della morte di oltre 1.000 pazienti.
Egli apriva i contenitori di gas
e osservava dallo spioncino i suoi pazienti morire,
bambini compresi.
Egli dichiarò: «Certamente, tutto ciò mi tormentava. Ma il fatto di sapere che eminenti scienziati come il Prof. Carl Schneider, il Prof. Heyde e il Prof. Nitsche prendessero parte all'operazione mi rassicurava». Per giustificarsi, il Dr. Karl Brandt (1904-1948), Direttore medico del progetto di eutanasia, disse: «I professori universitari non erano favorevoli a questo programma? Chi avrebbe potuto essere più qualificato di loro»? E difatti,
furono gli psichiatri più rinomati che lanciarono questo programma.
Com'è potuta apparire e svilupparsi questa mentalità? Bisogna ritornare agli anni '20 per trovare le idee che hanno scatenato tutto ciò.
(In foto di copertina – prima grande da sinistra: il Reichskommissar SS Karl Brandt, direttore del Programma T4: eutanasia dei disabili).
Le idee
C'erano nella psichiatria – non solamente tedesca – alcune tendenze a pronunciare alcuni giudizi di valore su certi individui e su certi gruppi, fondati su basi mediche o medico-sociologiche. Alcuni scritti considerati (ancora oggi) come «scientifici» avevano preparato il terreno. L'opera più significativa di questa corrente fu
Die Freigabe der Vernichtung lebensunwerten Lebens
(«Il permesso di annientare vite indegne di vita»)
pubblicata a Lipsia nel 1920, scritto dal rinominato psichiatra Alfred Erich Hoche (1865-1943 – vedi foto in copertina: seconda grande da sinistra) e dal rispettato giudice Karl Binding (1841-1920 – vedi foto in copertina: prima grande da destra). Il libro ebbe un tale successo che nel 1922 ne uscì una seconda edizione. Questo studio difendeva la tesi secondo cui l'eliminazione delle «persone prive valore» doveva essere legalizzata. I concetti di «vita senza valore» o di «vita indegna di essere vissuta», utilizzati dai nazisti, provenivano da questo scritto. Binding e Hoche parlano di «esseri umani senza valore» e sostengono «l'eliminazione di quelli che non possono essere salvati e la cui morte è necessariamente urgente». Parlano di coloro che sono sotto il livello animale e che non hanno «né la volontà di vivere, né quella di morire». Evocano la sorte di chi è «mentalmente morto» e che forma «un corpo estraneo nella società degli uomini».
In particolare, gli autori insistono sul fattore economico,
sullo «spreco» di denaro e di lavoro nelle cure ai ritardati.
Richiamano ad un «atteggiamento eroico» che si suppone perduto. Hoche fu Professore di Psichiatria e Direttore alla clinica psichiatrica di Freiburg dal 1902 al 1934. Egli apportò peraltro un contributo – giudicato positivo – alla neuropsichiatria. Molti eminenti specialisti sono stati formati nella sua clinica, il Dr. Robert Wartenberg (1887-1956), ad esempio. La sua sana visione della classificazione delle malattie mentali ha avuto un'influenza considerevole sulla psichiatria americana, particolarmente attraverso Adolf Meyer (1866-1950), Professore di Psichiatria al John Hopkins. Egli stesso considerava Die Freigabe der Vernichtung lebensunwerten Lebens come una delle opere più importanti. L'altra corrente intellettuale che contribuì al massacro dei malati mentali è stata l'esagerazione dell'influenza dell'ereditarietà delle malattie mentali.
Ernst Rüdin,
Professore di Psichiatria all'Università di Basilea, in Svizzera, e a Monaco,
fu il più rappresentativo di questa tendenza.
Fu colui che fornì la giustificazione «scientifica»
alle sterilizzazioni di massa degli handicappati e il principale artefice
della Legge sulla sterilizzazione forzata del 1933.
I risultati degli studi sulle castrazioni forzate dal 1933 al 1945 sono ancora citati dalla letteratura psichiatrica odierna, generalmente senza spirito critico. Si può indiscutibilmente collegare questa corrente intellettuale all'Eugenics Society di Londra che cedette i suoi locali alla Birth Control Society, il ramo inglese dell'International Planned Parenthood Federation. I portavoce del movimento eugenetico, Margaret Sanger e Marie Stopes (1880-1958 – seconda foto grande da destra), avevano infatti assunto un linguaggio razzista ed esaltavano la sterilizzazione forzata dei deboli. Il progetto eugenetico non fu un fenomeno circoscritto alla Germania nazista, ma fu in voga (e lo è ancora) anche in Inghilterra e negli Stati Uniti.
(Sopra, in copertina, in basso a destra: il libro Die Freigabe der Vernichtung lebensunwerten Lebens e gli autori Alfred Erich Hoche e Karl Binding; Foto in copertina – seconda grande da destra e prima foto piccola in basso a sinistra: Marie Stopes).
Il progetto oggi – Due concezioni di medicina
Non è una storia finita perché gli emuli contemporanei non mancano e si può senza eccesso collegare Binding e Hoche a Sid J. Caillavet o Schwarzenberg. Si ritrovano, nascosti dietro la stessa fraseologia umanitaria, gli stessi sordidi motivi economici e la stessa indifferenza nei confronti delle persone. In effetti, non ci sono che due concezioni della medicina:
(*)
La prima considera la vita umana come sacra,
e fa di tutto per proteggerla: ricerche, cure, accompagnamento, ecc…
Fino a quel momento questo concetto veniva considerato
come la vocazione intrinseca della medicina.
(*)
L'altro approccio non vede nell'essere umano che un materiale da gestire,
e la sua prima preoccupazione è il rendimento.
Il suo ideale è spesso quello dell'uomo che si evolve verso un miglioramento della razza; è ciò che spiega Henri Laborit (1914-1995) nel suo libro del 1970 L'homme imaginant («L'uomo che immagina»): «L'individuo appartiene ad una specie che è essa stessa il risultato di una lunghissima discendenza evolutiva […]. Ciò che caratterizza essenzialmente questa specie è il fatto di possedere nella sua corteccia alcune zone associative particolarmente evolute, sul funzionamento delle quali giace l'immaginazione creatrice. Ora, sembra in definitiva che oggi pochissimi uomini, dopo migliaia di anni di evoluzione umana, siano in grado di utilizzare queste zone cervicali privilegiate. Si può dunque dire che molti uomini invecchiano prima ancora di essere nati alla loro umanità. In altri termini, non sono ancora giunti allo stadio evolutivo non dei loro nonni, non dei loro antenati, ma a quello degli antenati della loro stessa razza? Non sono forse i veri antenati?
Che cosa serve allora prolungare l'esistenza,
non di morti in attesa, ma di rappresentanti di una razza pre-umana
che non vuole estinguersi?
Alibi degli eugenisti per uccidere
Alcuni esemplari non sarebbero sufficienti per conservarne un campionario»? (1). Liberation fece l'elogio di quest'uomo presentandolo come un spirito indipendente e un anarchico (2). Lo stesso giornale, il 12 dicembre 1990, aprì le sue colonne a Louis Thaler (1930-2002), Professore all'Università di Montpellier, Direttore dell'Istituto di Scienze dell'Evoluzione: «Mi sembra indiscutibile che l'uomo si evolva sotto l'effetto di ciò che chiamerò "un rilassamento della selezione". Questo fenomeno […] è uno degli effetti dei progressi […] della medicina […]. Questo rilassamento della selezione lascia prevedere un accumulo di difetti genetici col passare delle generazioni […] provocando un aumento sempre più gravoso delle spese per la sanità. Questa prospettiva invita, a mio avviso, ad una riflessione sulle pratiche mediche, e particolarmente su quelle riguardanti la procreazione». L'eutanasia è presente in alcuni paesi ed è in attesa di essere legalizzata negli Stati Uniti, in Australia, nei Paesi Bassi e in Gran Bretagna; essa è già praticata in grande scala in Francia, come afferma ad esempio Anne Seys (3).
(1) Cfr. H. Laborit, L'homme imaginant, pagg.187-188. (2) Da notare che Laborit ha ricevuto il Premio Lasker, come il Dr. Baulieu, un grande ammiratore di Margaret Sanger. (3) Cfr. A. Seys, Itinéraire d'un objecteur de conscience («Itinerario di un obiettore di coscienza»), Ed. T.D.D., 1995.
Thierry Lefévre – La connexion eugéniste
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Appendice – Eutanasia oggi nel mondo
[1] L’eutanasia – letteralmente buona morte – consiste nel procurare la morte di un individuo la cui qualità della vita sia compromessa in modo permanente da una malattia, menomazione o condizione psichica. L’eutanasia è attiva diretta quando il decesso è provocato tramite la somministrazione di farmaci che inducono la morte. L’eutanasia è attiva indiretta quando l’impiego di mezzi per alleviare la sofferenza causa, come effetto secondario, la diminuzione di tempi di vita. L’eutanasia è passiva quando viene interrotto un trattamento medico necessario alla sopravvivenza dell’individuo. l’eutanasia. [2]Art. 575 cod. pen. [3] Art 579 cod. pen.
In Italia
In Italia, chi aiuta un malato terminale a morire rischia una condanna fino a dodici anni di carcere. Nel nostro paese, infatti, l’eutanasia attiva (per la definizione, controlla la nota [1]) è assimilabile all’omicidio volontario [2] e, dunque, aiutare anche un genitore o un figlio in fase terminale a morire costituisce un reato. Anche qualora il malato sia consenziente, non è permesso favorire l’eutanasia poiché il codice penale [3] sanziona l’omicidio del consenziente con la reclusione da sei a quindici anni. L’eutanasia passiva (per la definizione, controlla la nota [1]) può essere invece praticata in ambito ospedaliero solo nei casi di morte cerebrale. Devono comunque essere interpellati i parenti dell’interessato; è necessaria inoltre la presenza e il permesso scritto del primario, del medico curante e di un medico legale. In caso di parere discordante fra medici e parenti la decisione spetta al giudice.
A livello internazionale
In Olanda l’eutanasia è stata legalizzata nel duemila. Tale procedura è praticabile a condizione che sia il paziente a richiederla al proprio medico. La richiesta deve essere formalizzata per iscritto e accompagnata dalla compilazione di un questionario di cinquanta domande. La “dolce morte” è praticabile solo ai malati terminali, previa comunicazione alle autorità competenti. A partire dal 2004, l’eutanasia ha trovato applicazione anche per bambini di età inferiore ai dodici anni per i quali, però, è necessaria l’autorizzazione dei genitori. Nella Confederazione Elvetica, è previsto e tollerato il suicidio assistito, attuato in strutture private all’esterno delle istituzioni medico-ospedaliere. In Portogallo, non è consentito praticare le tecniche di eutanasia attiva e passiva, ma il Consiglio Etico, in casi di estrema gravità, può autorizzare l’interruzione dei trattamenti terapeutici. In Belgio, dal duemiladue è in vigore una legge che disciplina l’eutanasia, a condizione che la domanda dell’interessato sia conseguente ad uno stato di “costante ed insopportabile sofferenza fisica e psichica”. Nei paesi scandinavi, il panorama è abbastanza omogeneo: in Svezia, l’eutanasia attiva è vietata, ma è tollerato il suicidio assistito. In Finlandia e in Norvegia l’eutanasia passiva è legale a condizione che l’interessato presenti un’apposita istanza (o che essa sia presentata da prossimo congiunto se l’interessato si trova in stato di incoscienza). In Germania, il suicidio assistito è tollerato e praticato, purché il malato sia capace di intendere e di volere e ne faccia esplicita richiesta; è proibita invece l’eutanasia attiva. In Francia, la recente legge dell’aprile 2005 relativa ai diritti dei malati terminali riconosce loro la possibilità di richiedere una “degna morte”: sono praticabili le cure palliative e l’eutanasia passiva. Resta vietata la possibilità di praticare l’eutanasia attiva. Nel Regno Unito, l’eutanasia è assimilata all’omicidio, sebbene non mancano alcune pronunce difformi adottate da corti locali. In Ungheria, è ammessa la sola eutanasia passiva su richiesta dell’interessato. Negli Stati Uniti d’America, la Corte Suprema ritiene legittima l’eutanasia passiva e il governo federale ha autorizzato i singoli stati a regolamentare tale materia. In Canada, l’eutanasia è vietata ma, in alcune province, è tollerata la forma passiva. In Colombia, l’eutanasia non è disciplinata dalla legge, ma di fatto è legittimo praticarla sulla base di alcune pronunce grazie della Corte Costituzionale. In Cina, dal 1998, gli ospedali sono autorizzati dalla legge a praticare l’eutanasia ai malati terminali (Nota di Giorgia Maria Calabrò – Fonte: Eutanasia: ecco i paesi in cui è legale ).
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