Grecia – Le Cariatidi votano “dracma”
Giovedì, Aprile 26th / 2012
Europa / Grecia / Euro / Francois Hollande / Marine Le Pen / Sarkozy / Francia / Angela Merkel / Mario Monti / Dracma / Rigore / Austerity / Una crisi figlia del liberismo / Franco De Domenico / Qui Europa
Contro l’euro con furore
La Grecia vota per la dracma,
la Francia contro il rigore
Bruxelles – Gli equilibri dell’Ue, e della sua creatura principale, l’euro, si stanno scompagnando, disegnano nuove strategie, come su una cartina del Risiko, gioco strategico per conquistare il mondo. Soltanto che, ora, sembra che si faccia a gara non ad allargare, ma a chiudersi ognuno nei propri confini; soprattutto i Paesi più deboli. E’ il caso della Grecia, che il sei maggio voterà se tornare o no alla moneta locale, e non dimentichiamo che, la sera stessa, l’uno o l’altro dei due contendenti alla presidenza francese prenderà atto che anche la maggioranza dei transalpini non vuole più stare nell'Europa così come è oggi. Se vincerà Hollande, si tratterà di rinegoziare il patto fiscale (Fiscal Compact) appena sottoscritto in seno al Consiglio Ue con la Germania di Angela Merkel e gli altri partner dell'Unione. Ma anche se vincesse Sarkozy, ad ascoltare i suoi ultimi comizi a caccia di voti lepenisti, il futuro non sembra meno tempestoso: «Ora basta, cambiamo o non ci sarà più l'Europa».
Una politica del rigore che non convince più nessuno
E venti di cambiamento, o almeno venticelli, si annunciano, non solo a Parigi. Infatti, nell’economia dell’euro, nessuna cura sembra funzionare. I mercati (impazziti e nevrotici) hanno prima punito il poco rigore dei Paesi debitori, poi hanno punito l'eccesso di rigore imposto ai Paesi debitori, e ora sembrano temere che gli elettori fermino la politica del rigore. Insomma, è ormai chiaro che quella dei mercati traspare sempre più come un alibi preconfezionato da quanti evidentemente puntano su un ridimensionamento della democrazia degli stati e su politiche iperliberiste di privatizzazione. In Italia stiamo eseguendo, più o meno bene, tutti i compiti a casa che ci sono stati richiesti, eppure lo spread – a controprova di quanto detto – resta stranamente sotto la sufficienza. C’è un governo che doveva essere – secondo i proclami di Napolitano, Mont & Co. – di Unità nazionale, ma i partiti pensano ai loro nomi e ai loro soldi, i giornali pensano di nuovo a Ruby – senza spiegare quasi mai in maniera sistematica e trasparente cosa davvero si celi dietro questa pseudo-crisi indotta – mentre i sindacati pensano a far chiudere i supermercati il 25 Aprile. Ciò, mentre la grande maggioranza degli Italiani deve fare i conti con stipendi ai minimi storici rispetto all’inflazione.
I limiti dello strumento "eurobond" e l'asse Merkel-Monti
In tutto questo, qual è la soluzione che trovano i governanti europei? Naturalmente, una task force italo–tedesca, un’asse Roma–Berlino, Merkel–Monti che tamponi le falle create dall’eventuale elezione di Hollande. Qualcuno dovrà per forza rimettere insieme le due ruote dell'asse di eurolandia, e quel qualcuno – secondo la tecnocrazia dominante – non può che essere il professor Monti. La strategia consisterebbe nell'aiutare la Merkel a tenere a freno le bizze di Hollande sul rigore, in cambio di una seria apertura sulla crescita. Ma a giudicare dagli effetti recessivi dell'austerity, quella della crescita resta l'ennesima vuota propaganda. Roma vuole in cambio due cose, e ora sa che le vuole anche Hollande: bond europei (cioè in pratica altri "debiti" con l'Europa, sempre per non deludere gli affezionati fans della debitocrazia) per – pare – finanziare grandi progetti (da non confondere con gli eurobond, cioè titoli comuni del debito, sui quali nessuno si illude di convincere oggi Berlino) e nuovi capitali per la Banca europea degli investimenti (Bei). L’euro, tanto agognato, ci ha messo in queste condizioni: e i suoi fautori corrono a riparare la moneta unica. Sperando che non cada a pezzi. Ciò mentre salgono alti i cori pro-dracma in grecia e pro-lira in Italia. Già, proprio lei, la cara vecchia lira, a questo punto non sembra essere più un tabù, e ad affermarlo è il fior fiore di premi Nobel come Paul Krugman.
Franco De Domenico (Copyright © 2012 Qui Europa)
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