Ecofin – stallo su ricapitalizzazioni bancarie
Giovedì, Maggio 3rd/ 2012
– di Sergio Basile –
Unione europea / Consiglio europeo / Ecofin / Ministri delle Finanze Ue / Ricapitalizzazioni bancarie / Speculazioni / Polonia / Svezia / Repubblica Ceca / Regno Unito / Tier Core 1 / Eurozona / City / Eba / Raccomandazione Eba / Ingerenze del Regno Unito / Riserva Patrimonialre / Basilea II / Basilea III / Opposizioni / Posizioni divergenbti / Ipotesi maggioranza / Catanzaro / Convegno sulla Crisi Ue di Catanzaro / Università Magna Graecia / Crisi del welfare / Povertà / Contraddizioni / Osservatorio Qui Europa / Sergio Basile
Ecofin – nulla di fatto su riforma
ricapitalizzazioni bancarie
La City rivendica maggior flessibilità: intanto
speculazione e povertà dilagano senza freni
Bruxelles, Francoforte, Londra, Catanzaro – Si è appena concluso, alle ore 2,00 della scorsa notte, il meeting Ecofin sulle delicate questioni legate alle celeberrime ricapitalizzazioni bancarie nell’Eurozona. Una seduta piuttosto estenuante – lunga circa sedici ore – ma, tuttavia, non sufficiente ai ministri delle finanze della Ue per raggiungere un soddisfacente accordo sulla modifica dei parametri di capitalizzazione delle banche, contro – almeno a sentire i comunicati ufficiali – i presunti rischi di fallimento e di stress, definiti nell’ambito di Basilea 3. Ma d’altra parte, traspare chiaramente come oggi tali rischi di fallimento siano più che mai di esclusiva spettanza delle aziende private e degli stessi cittadini europei, più che delle banche. Se analizziamo infatti le dinamiche economiche e finanziarie della crisi, si comprende facilmente come gli istituti bancari abbiano fatto incetta di titoli del debito pubblico degli stati sovrani – soprattutto di quelli dei paesi cosiddetti “Piigs” – con introiti lauti e legati agli interessi d’oro – del 6% e anche più – mantenuti alti dall’infausto e beffardo meccanismo del rating e dello spread applicato agli stessi stati ed ai loro titoli “sovrani” del debito pubblico. Ciò cozza fortemente con questi presunti rischi di fallimento degli istituti di credito, che davvero non si comprende come possa avvenire. Intanto mentre gli interessi ed i guadagni degli investitori – tra i quali le stesse banche – lievitano, a fallire è il welfare state europeo e le aziende fiore all’occhiello di paesi come la stessa Italia.
Posizioni diverse ma speculazioni uniche – Le ingerenze della City
La presidenza danese – quella di turno dell’Ue – rappresentata dal ministro danese delle finanze Margrethe Vestager, è stata costretta quindi a rinviare il tutto al prossimo 15 maggio: troppe infatti le differenze d’opinione, espresse e rilevate nell’assemblea, tra gli stati membri. Da parte sua la City di Londra – come noto la prima piazza bancaria d’Europa – ha fatto sentire tutto il suo peso politico – ricordiamo che la Banca d’Inghilterra pur non essendo il Regno Unito paese membro dell’Eurozona, è ad oggi, curiosamente, l’azionista di “maggioranza relativa” della Bce – nel pretendere per i governi nazionali una libertà quasi completa di imporre “requisiti di capitale addizionali” (o “buffer sistemici”) da aggiungere all’8% minimo individuato dagli accordi di Basilea 3: coefficiente già abbastanza alto di per sé. Ciò, come i nostri lettori capiranno, andrà ad innalzare i coefficienti di Riserva Patrimoniale di – diciamo così – “sicurezza” delle banche: iper-protette malgrado i vantaggi legati alla speculazione sui titoli del debito pubblico dei Piigs (dei quali beneficiano in maniera diretta) e malgrado ricevano euro dalla Bce al tasso dell’1%, “rivendendoli” poi agli stati ed ai privati ad un tasso francamente inaccettabile: più o meno vicino al 6%. Evidentemente qualcuno ha perso la bussola, ed in maniera pesante! Con Londra, tuttavia, hanno fatto un coro unico la Polonia (che ha rivendicato addirittura la “flessibilità anche nell’imposizione di buffer diversi tra casa madre di un istituto di credito e le sue filiali sparse in altri paesi Ue”) assieme a Svezia e Repubblica ceca.
La raccomandazione dell’Eba
In merito va ricordato che l’Autorità bancaria europea (Eba) ha emanato di recente una Raccomandazione sul capitale delle banche che fa seguito “all’esercizio sul capitale” annunciato il 26 ottobre scorso, ed inerente ad un pacchetto europeo più ampio di misure, approvato dal Consiglio dei Capi di Stato o di Governo il 26 ottobre scorso. L’Eba, in pratica, ha chiesto alle banche di – udite udite – “rafforzare la loro posizione patrimoniale costituendo un buffer di capitale eccezionale e temporaneo”. La costituzione del buffer di capitale (tetto, o riserva aggiuntiva di capitale) dovrà essere tale da portare, entro la fine di giugno 2012, il Core Tier 1 ratio delle banche al 9%. Percentuale davvero spropositata ed ancora più iniqua se si considerano i devastanti effetti recessivi che tale sistema, unito al fenomeno del “credit-crunch” (stretta creditizia) sta causando, in maniera diretta o indiretta, all’intero sistema economico europeo. Giusto per la cronaca, c’è da dire che all’esercizio dell'Eba sul capitale hanno partecipato 71 banche europee, tra le quali i cinque maggiori gruppi bancari italiani: Unicredit, Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare e Unione di Banche Italiane. Ricordiamo che gli stessi sono oggi i proprietari reali della Banca d’Italia (di fatto “privatizzata” nei primi anni Novanta in seguito al decreto Carli-Amato, favorito dall’ex Presidente del Consiglio Giuliano Amato) in quanto dell’Istituto detengono, assieme ad altre banche ed assicurazioni il 96% del capitale azionario. E allo stato sovrano cos’è rimasto? Il solo 4%, detenuto attraverso l’Inps. Davvero strano e grave! Non trovate?
Le proposte di compromesso Ecofin
Ma, tornando alle trattative Ecofin, l’ultima proposta di compromesso di stamane, emersa, fissava la percentuale di flessibilità al 3% per l'intera esposizione bancaria e la innalzava al 5% per quanto concerne le esposizioni bancarie domestiche e previa autorizzazione preventiva di Commissione Ue e/o dell’European Banking Authority (Eba). Degno di nota è stato l’intervento del ministro tedesco delle finanze Wolfgang Schauble, che nella serata di ieri, nel corso dell’assemblea, aveva dichiarato: “Se non arriviamo ad un accordo stasera, c'é il pericolo che non ci arriveremo mai, e ciò sarebbe un disastro”. In effetti un disastro lo sarebbe ancor più e lo è tutt’ora da un’analisi seria e trasparente dei dati economici, incrociata a gli ultimi dati “sociali”: suicidi (17.000,00 nella sola Italia durante il 2011) e disoccupazione da record (addirittura del 50% in Grecia); migliaia di aziende fallite e svendute all’estero; delocalizzazioni senza freno. Ed il tutto quando ancora si parla di “credit-crunch” e di ricapitalizzazioni bancarie. Numeri, questi, da far invidia a qualsiasi film apocalittico o horror made in Hollywood. Sarebbe ora di finirla! Queste – tra l’altro – saranno le tematiche che nella giornata di domani “Qui Europa” porrà a politici, economisti, giuristi, giornalisti ed esperti nazionali ed internazionali, convenuti, presso l’Ateneo Magna Graecia di Catanzaro, in occasione del convegno dal titolo “La Crisi Economica e Sociale dell’Unione Europea: Analisi e Prospettive”, promosso e co-organizzato dallo stesso Osservatorio Nazionale “Qui Europa” in Italia, nella regione Calabria: una delle più colpite dall’attuale crisi, e con una percentuale di disoccupati vicina a quella della vicina Grecia.
Ecofin – L’azzardata opzione della “Maggioranza qualificata”
Intanto, in attesa dei risultati dei lavori del prossimo Ecofin di metà Maggio, ed in assenza di un poco probabile e plausibile accordo che sposi gli interessi e le prerogative di tutti e 27 i Paesi membri dell’Ue, la soluzione paventata – o meglio, azzardata – sarebbe quella di procedere a maggioranza qualificata. Ma, francamente, la capitalizzazione bancaria, in tempo di crisi e di speculazione, è un tema troppo delicato e spinoso da poter permettere un siffatto metodo “antidemocratico”. D’altra parte l’Europa è, o dovrebbe essere – in teoria – di pertinenza e “proprietà” di tutti gli Europei (500 milioni di anime) e non di uno sparuto pugno di menti illuminate. Non è eticamente e moralmente accettabile l’idea di un’Europa che possa permettersi di marciare a due o tre velocità per assecondare la cieca ed egoistica volontà di lobby e gruppi di pressione. Ma a parte tutto, consentiteci due battute: a fine Ecofin, quando partirà l’Eco-welfare per ricapitalizzare le tasche degli Europei? Quando verranno tagliate le ali della speculazione internazionale, magari mettendo mano all’Art.123 del Trattato di Lisbona ed alla legge sulle società di rating? Questo francamente ci interessa in egual misura, se non di più!
Sergio Basile (Copyright © 2012 Qui Europa)
Appendice – Cos’è il Core Tier?
Questo astruso termine è divenuto di uso comune nell’ambito degli accordi di Basilea. Esso, in pratica, attiene al patrimonio delle banche, del quale è componente essenziale. In particolare, è utile sapere che il capitale di una banca può essere distinto in due classi (o tier): una “primaria” (Tier 1) composta dal capitale azionario e riserve di bilancio provenienti da utili non distribuiti al netto delle imposte; un’altra “secondaria o supplementare”, composta da elementi aggiuntivi. Ora, con Basilea, al fine di evitare che il capitale Tier 1 venisse reso meno solido dall’uso di strumenti innovativi e altamente volatili, si decise di limitarne l’inclusione nel Tier 1 al 15%, e di escludere in toto i suddetti strumenti “innovativi” dal Tier 1 capital. Inoltre, nacque un altro importante misuratore, il cosiddetto “coefficiente patrimoniale Tier 1” (che in effetti da la misura di patrimonializzazione di una banca: criterio spesso sotto accusa dagli osservatori internazionali e da molti economisti e nobel) ottenuto rapportando il Tier 1 alle attività ponderate per il rischio. Tale coefficiente patrimoniale (già molto robusto, ma che le lobby bancarie vorrebbero aumentare ancor di più) comprende in effetti: utili non distribuiti; Riserve, al netto dell'avviamento; Azioni ordinarie e di risparmio; Preferred Securities (cioè obbligazioni perpetue richiamabili non prima di 10 anni: il cui pagamento, tuttavia, può essere sospeso in presenza di andamenti negativi della gestione e privilegiate solo dinnanzi alla presenza di azioni ordinarie e azioni di risparmio). Ora, entrando più nello specifico – al fine di non restare nell’ignoranza della delicata tematica – c’è da sapere che il Tier 1 si scompone in Core Tier 1 (il cui ammontare deve essere non inferiore all'85% dell’intero Tier 1: formato dai primi 2 elementi sopra indicati) e Hybrid Tier 1: che accoglie invece solo le preferred securities, in un ammontare massimo non superiore al 15% dell'intero Tier 1.
Sergio Basile (Copyright © 2012 Qui Europa)
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