Un piano Marshall per l’Europa
Venerdì, Maggio 4th / 2012
– di Franco De Domenico –
Europa / Italia / Crisi / Piano Marshall / Keynes / Fondi statali / Disoccupazione giovanile
Il Titanic – Europa vuole un salvagente
Un piano Marshall, ma i fondi mancano
Bruxelles – I piani ci sono, sono pronte le strategie, come si diceva negli anni '80; ma mancano i fondi per un vero e proprio piano Marshall europeo, che salvi il Titanic dal naufragio. Si tratta del documento "Strategia 2020", un'agenda che dovrebbe programmare lo sviluppo per il prossimo decennio in tutta Europa, all'insegna di cinque obiettivi: occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale e difesa del clima. Questo documento – almeno dai proclami più o meno retorici piovuti nelle ultime ore da Bruxelles – conterrebbe, in via sotterranea, un rinnegamento della via liberista e monetarista che finora ha delineato le scelte europee. Al contrario, è il buon vecchio John Maynard Keynes che fa capolino e torna a far scuola, dalle coraggiose, costose e risolutive scelte che l'economista di Cambridge dettò al presidente Roosvelt, per fronteggiare la crisi del '29, la Madre di tutte le crisi.
La via Keynesiana e l'inizio del Welfare State
Ricordiamo che in "Esortazioni e profezie", il suo libro più osannato, Keynes insegnava qualcosa che allora era assolutamente nuovo: un'entrata massiccia dello Stato nell'economia, per finanziare il lavoro e superare la disoccupazione, a costo di far lavorare "operai che scavano buche per colmare altre buche". Fu l'inizio del welfare state, lo sappiamo quasi tutti e il lettore non si offenda se ricordiamo come tutto iniziò. Poi le cose cominciarono a funzionare in altri modi, si proposero nuovi liberismi, il reaganismo, il tatcherismo, a sancire un'uscita progressiva dello Stato dai mercati.
Verso un nuovo Marshall?
Oggi, sembra curioso ma è forse di nuovo la soluzione radicale, si invoca un nuovo – e ancora una volta keynesiano – piano Marshall per uscire dalla crisi più grave e più lunga dal '29 che il capitalismo ricordi. Manca, però, lo spiegamento di forze e di finanziamenti massicci che gli USA schierarono nel secondo dopoguerra. Mentre si prendono queste importanti decisioni – "senza decidere" realmente – la disoccupazione giovanile, in Italia, sale statisticamente al 32%; l'Istat cioè sancisce quello che sapevamo già, che un giovane su due ha già un vissuto di ricerca del lavoro incerto o dalle porte chiuse, e nel Sud la stragrande maggioranza ha pochissime speranze di trovare lavoro. E', presumibilmente, anche il risultato dell'annunciata riforma del lavoro, che non ha avuto un grande effetto positivo sul mercato delle "risorse". Ecco che, a furia di chiamarle "risorse", "risorse umane", si è perso il senso dell'umanità, e servono sul serio risorse economiche per aiutare soprattutto i giovani.
Il paradosso dei paradossi, nella crisi
Intanto, mentre si parla di un probabile stanziamento di alcune decine di miliardi di euro per rifinanziare la crescita, stona e di molto la consapevolezza che tale misura è in relatà una risposta flebile ed insufficiente rispetto ad un problema di proporzioni apocalittiche che passa sempre dalla speculazione finanziaria – anche se la tecnocrazia dominante continua a restare in un inaccattabile immobilismo – e che comunque non giustifica il regtalo di 1000 miliardi di euro che la Bce ha fatto alle banche private ad un tasso dell'1% in tre anni: regalo al quale presumibilmente si uniranno altri regali simili in un futuro prossimo. Pazzesco!
Franco De Domenico (Copyright © 2012 Qui Europa)
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