Disastri e crimini compiuti dalla Massoneria nell’Italia Meridionale dopo la conquista del potere (1860) – 1
Mercoledì, Giugno 10th, 2015
– di Don Floriano Pellegrini –
Redazione Quieuropa, Don Floriano Pellegrini, Massoneria, Unità d'Italia, Giuseppe Garibaldi, Massone Boggio, i panni sporchi dei mille, Pier Carlo Boggio, Boggio si rivolge a Garibaldi, Crispi, Bertani, Depretis
Storia e Controstoria – Massoneria e unità d'Italia
Disastri e crimini compiuti dalla Massoneria nell'Italia
Meridionale dopo la conquista del potere (1860) – 1
Tutte le anomalie dell'era Crispi-Bertani-Depretis
1860/1861 – Governo segreto e illegittima creazione di governatori
e province; corruzione dilagante e sprechi
Prima Parte
di Don Floriano Pellegrini
Crimini della Massoneria nel Meridione d'Italia dopo l'unità
Belluno, Roma – di Don Floriano Pellegrini – Quella di seguito riportata è un’importante descrizione coeva dei fatti narrati, a firma del massone Pier Carlo Boggio. E’ tratta dal libro di Angela Pellicciari, I panni sporchi dei Mille (Siena, Edizioni Cantagalli, 2011, pp. 189-200). Le notizie sull’autore sono tratte dalle pp. 145-146. Nello scrivere il Boggio si rivolge a Garibaldi, gran maestro del 33° grado, che si era autoproclamato dittatore assoluto al posto del re di Borbone e che come tale veniva riconosciuto, di fatto ma non ufficialmente (la solita falsità), dal Cavour e dal Savoia, massoni anch’essi. Lo scritto, a leggerlo, fa persino male, perché documenta cose talmente criminali, e in così enorme quantità, che a stento non solo saremmo stati in grado di ammetterle, ma persino di immaginarle. Eppure sono cose certe, perché raccontate da una persona che, malgrado tali fatti, approvava l’invasione dell’Italia Meridionale ad opera del Regno di Sardegna.
Pier Carlo Boggio – profilo di un collaborazionista massone
Pier Carlo Boggio, personaggio oggi praticamente sconosciuto, era un cittadino del regno di Sardegna. Nato nel 1827, influente massone, «risorgimentale della prima ora» (Pellicciari), accettò di collaborare con il Risorgimento, il giornale fondato da Cavour. Giornalista e polemista, dopo aver messo da parte alcune divergenze con il Cavour, collaborò a portare avanti la sua azione di conquista della penisola italiana. Scrisse due libretti battaglieri e schietti: nel 1859 «Fra un mese», con il quale sosteneva le ragioni della guerra contro l’Austria; nel 1860 «Cavour o Garibaldi», con il quale chiarire «perché la guerra così ben iniziata in Italia Meridionale debba assolutamente essere interrotta» (idem). Quando scrisse le pagine che riportiamo, perciò, aveva solo 33 anni. Morì poi tragicamente, non senza eroismo, nel 1866: mentre l’ammiraglio Persano in quell’anno (caratterizzato dalla cosiddetta Terza Guerra d’Indipendenza) portava la flotta navale alla rovina, Boggio preferiva morire, affondando, che mettersi in salvo, accogliendo la proposta che gli era stata fatta personalmente dal Persano. Qui, dallo scritto «Cavour o Garibaldi» (che la Pellicciari riporta integralmente) estraiamo in ampio sunto (come detto) concernente il solo capitolo XXXV.
Don Floriano Pellegrini
Il testo del Boggio (da "I panni sporchi dei Mille" – Cap XXXV)
Tratto da : Angela Pellicciari, I panni sporchi dei Mille (Siena, Edizioni Cantagalli, 2011, pp. 189-200) – La dittatura è fatta sinonimo di anarchia; di qua e di là del Faro non sono più leggi, non è più amministrazione regolare, non tutela delle persone e delle proprietà, non tribunali, non ordine, nulla insomma di ciò che costituisce il vivere civile di uno Stato. La legislazione borbonica è abbandonata in gran parte come incompatibile col nuovo ordine di cose. Fu invece proclamato lo Statuto del Regno italico (1) ma la sua esecuzione venne rinviata a quell’epoca ulteriore che un decreto dittatoriale prefiggerebbe; e questo decreto non s’è visto finora. Così ai cittadini è venuta meno la tutela delle leggi nuove; suppliscono alla lacuna il capriccio e l’arbitrio! Il Dittatore ha delegato la sua autorità in Sicilia ed a Napoli ad un Pro-dittatore. I poteri del Dittatore sono illimitati – quelli del Pro-dittatore non vennero punto definiti – epperò sono sconfinati anch’essi. Ma qui ecco anzitutto una prima anomalia. L’ufficio di Pro-dittatore pare, e realmente in un ordine di cose meno anarchico sarebbe, officio di altissima importanza: or come si spiega la leggerezza incredibile, colla quale i Pro-dittatori si fanno e si disfanno?
(1) Lapsus molto interessante questo parlare di «regno italico» ancora nel 1860. Ma non è stato proclamato, e qualcuno dice persino sorto nel 1861? Bella anche questa! Nel Meridione d’Italia si parlava di Regno italico già un anno prima… E, dunque, come la mettiamo con i presunti 150 anni di unità di non si sa chi, non esistendo ancora un’Italia unita? Siamo nel completo ridicolo culturale: delle pubbliche Istituzioni hanno dichiarato solennemente che l’Italia è nata subito unita, confondendo la nascita dello Stato (un atto ufficiale e giuridico) con la sua unificazione (un atto storico); confusione tanto più riprovevole, ad ogni livello, in quanto nell’atto di fondazione dello Stato non si accenna, se pur falsamente, al compiersi della unificazione nazionale! Insomma, è una trovata e una fantasia, una forzatura e un falso storico dei politici italiani: anche di quelli del giorno d’oggi!
Pro-dittatore scelto con molta solennità fu il Depretis, uomo d’ingegno, e di polso, di opinioni liberali molto avanzate, ma onestamente fedele alla Dinastia ed alla Nazione… (2) Chi non ricorda i proclami nei quali esso veniva dal Dittatore annunciato ai popoli Siculi colle più lusinghiere e cordiali espressioni di stima e di fiducia? In quel medesimo proclama del 10 settembre in cui il Dittatore annunziava per la seconda volta che l’annessione si doveva fare in Roma, e proclamare dal Quirinale, sta ancora scritto: «Depretis annunzierà al caro popolo della Sicilia il giorno della annessione dell’Isola al resto della libera Italia – ma è Depretis che deve determinare – fedele al suo mandato ed all’interesse d’Italia – l’epoca fortunata». Or bene; passerà appena una settimana, e un altro proclama pure del Dittatore annunzierà che il pro-dittaore dal 17 settembre sarà Mordini, senza che pur una parola, una sillaba accenni che egli surroga Depretis, il quale si trova rimosso d’ufficio con meno garbo di quello con cui si licenzia un fante… (3) Ma che? Mordini appena è installato, e già si buccina che il suo posto è offerto ad Aurelio Saffi, e che altro non rimane, salvo ché questi lasci la cattedra, dalla quale insegna letteratura italiana agli inglesi, e giunga in Palermo, perché l’ex triumviro di Roma sia alla sua volta Pro-dittatore di Sicilia!… Che pensare di tanta instabilità di persone e d’officii? Non accenna essa alla assoluta mancanza di un principio dirigente in chi è al timone dello Stato? (4)Eppure v’ha di peggio!
(2) Io traduco le frasi in questo senso: un venduto a casa Savoia e al suo progetto di conquista dell’Italia.
(3)Nel senso generico di servitore.
(4) Cioè in Garibaldi, al quale il Boggio si rivolge.
La consorteria…
Un uomo onorando, caro a tutta Italia, quegli a cui Garibaldi nel 1856 scriveva «avere egli tali titoli alla sua fiducia ed al suo affetto da fargli desiderare che gli comandasse in ogni circostanza» Giorgio Pallavicini Triulzio, è chiamato in Napoli d assumervi la Pro-dittatura. Appena vi è giunto, il Dittatore lo rimanda a Torino, latore di quelle domande che già erano state negate a Trecchi ed a Brambilla; mentre il rispettabile vecchio logora in viaggi le forze, la consorteria (5) lo soppianta, e tornato a Napoli egli troverà che il suo posto sarà stato dato a Carlo Cattaneo, il repubblicano federalista, l’uomo che osa dire preferir esso l’Italia nuovamente schiava dell’Austria, anziché vederla ordinata a reggimento costituzionale con Vittorio Emanuele Re!… (6) Carlo Cattaneo arrossirà egli per gli altri dello sfregio immeritato al martire dello Spielberg, (7) e cercherà pretesti per non accettare…; ma la consorteria s’affretterà a tutto di vulgare, affinché, se non altro, sappiasi che non è cinismo, del quale si senta incapace! (8)
(5) Il gruppo massonico che, nell’ombra dirigeva tutto, come si dirà esplicitamente più avanti.
(6) Quanto aveva ragione, il poverino!
(7) Sarebbe interessante sapere a cosa si riferisce, poiché a me sfugge.
(8) Il cinismo massonico, senza alcun limite
Il governo segreto
Se questi scambii succedono nei gradi superiori, se questi sconci si avverano nei primi uffizi, che sarà dei subalterni? Senonché l’ufficio dei Pro-dittatori è nominale ed illusorio; dietro e sopra il governo officiale, sta un governo segreto, che è il solo padrone vero di tutto e di tutti. (9) A Palermo Crispi, a Napoli Bertani, e con questi due la consorteria dei Nicotera, dei Ferrari, dei Mario, dei Cattaneo, dei Mazzini, ecco i veri arbitri delle sorti di undici milioni d’Italiani che Garibaldi crede aver liberati dalla tirannide, ma che gemono ora sotto un dispotismo peggiore, quello dell'anarchia. (10) A colorire di qualche apparenza di regolarità (11) questo sgoverno, si sono creati ministri responsabili. Ma ecco nuovo modo d’intendere la responsabilità ministeriale…
(10) Importanti queste frasi: il «crede aver liberati», ossia che liberazione non c’era stata, ma solo scambio di padroni, di tiranni; e che i secondi erano peggiori dei primi. Solo che, al punto di darne la colpa alla massoneria, di cui è parte e come avrebbe dovuto conseguentemente fare, scivola sulla generica espressione di «anarchia», che dice tutto e nulla, quasi che il caos sociale si fosse generato da sé.
(11) Si noti l’ammissione dell’ipocrisia generale che circondava il tutto.
Anomala creazione di governatori e province
Il Principe di Torrearsa legge nel foglio ufficiale la propria nomina a Presidente del Consiglio dei Ministri, della quale è affatto inconsapevole: attende l’annunzio diretto dal Capo dello Stato: passa un giorno, passano due, nulla riceve; e intanto escono sulla Gazzetta governativa decreti e provvisioni che appaiono da lui emanate: si presenta tre volte al Dittatore per chiedere una spiegazione: gli dicono che non ha tempo di riceverlo; a gran fatica riesce il terzo giorno a farsi sentire, per protestare contro lo indegno abuso del nome ed ottenere che cessi. A Napoli Bertani eclissa le glorie di Crispi. I ministri esistono, i ministri sono uomini autorevoli, probi, stimati; ma che? Esce un decreto firmato Bertani il quale crea i Governatori per le Provincie, ed annunzia che avranno poteri illimitati. Il Ministero protesta per la forma e per la sostanza dell’atto, perché di nulla fosse stato informato, e perché cotesti Governatori con facoltà sconfinate fossero altrettanti capi indipendenti nello Stato che rendessero impossibile l’azione direttiva del Governo centrale. Il Dittatore promette che l’abuso verrà corretto; ed emanano infatti nuove istruzioni più circospette: (12) ma ecco un altro guaio. Ad ogni tratto son decreti e provvisioni ed atti d’ogni natura formati ora dal Dittatore, ora da Bertani, e resi esecutorii senza la controfirma di alcun ministro. Nuovi lamenti, energiche proteste e formale promessa del Dittatore che non si pubblicherà più decreto veruno senza la firma ministeriale.
(12) Circostanziate, dettagliate
Incredibile ma vero…
Ora viene il bello: ecco un giorno, poi l’altro, il foglio ufficiale zeppo di decreti, tutti portanti in piena regola la firma dei ministri rispettivi: eppure questi sanno di nulla aver firmato di ciò, e quelle provvisioni che recano in calce il loro nome riescono loro affatto nuove! Accorrono dal Dittatore sdegnatissimi per tanta soperchieria: e là l’imperturbabile Bertani apre un portafogli, e mostrando loro le minute originali dei decreti: «Ecco, dice loro, ecco che abbiamo lasciato in bianco lo spazio per le firme vostre: potete apporle adesso!». Fra dieci anni chi vorrà credere questi fatti che paiono romanzo,e sono storia pur troppo; e quel ch’è peggio storia italiana?(13) Crispi non è così arguto e sottile; ma vince Bertani d’energia. – Eccone un saggio. – In consiglio il barone Cordova, fra i più stimati uomini di Sicilia, ministro delle finanze, non piega, come Crispi vorrebbe, a’ costui desideri: gli argomenti non sovvengono a costui spontanei e pronti come il bisogno sarebbe: ed egli, a mo’ di conclusione, trae di tasca un revolver e l’appunta al petto dell’indocile collega!… (14)
(13) Il Boggio stesso si rende conto della gravità dei fatti ricordati.
(14) Un fatto gravissimo. E sconcerto a non finire quando si pensi che, di lì a pochi anni, proprio lui, il Crispi, sarebbe stato scelto dal re a capo del governo del Regno d’Italia!!!
Nomine e capricci della consorteria
Del resto gareggiano Crispi e Bertani d’inettitudine e di disordine: lo stesso impiego è dato a due, a tre; un ministro nomina a un posto, e lo eletto quando crede prenderne possesso lo trova già occupato. Nella spedizione degli affari vige in tutta la sua efficacia la regola canonica della prevenzione: s’applica anche ad essi la teoria del primo occupante. Guai se la corrispondenza in un dicastero giunge nel momento in cui uno di questi mestatori (15) sia presente! Intasca lettere e dispacci, risponde se vuole, e quando se ne sovvenga (16) – ed alla spedizione degli affari pensi la provvidenza, (17) o meglio il caso, unica divinità di cotesta genia. (18) Le nomine agli impieghi in quale modo si facciano, l’arguisca ormai il lettore: titoli di promozione il capriccio della consorteria, o i fini interessati di chi tiene le file. (19) La importantissima amministrazione corrispondente alle nostre gabelle (20) l’avrà un vecchio capitano del 1821, che si spera possa fare buona propaganda repubblicana fra i suoi quattordici o quindicimila dipendenti. Una principalissima provincia di Terraferma avrà a Governatore un mediconzolo di villaggio, processato per truffa e falso due volte… Ma egli ha promesso in tre mesi fare de’ suoi amministrati altrettanti repubblicani sodi, e incorruttibili!
(16) Anche allora questo brutto vizio, poi diffusosi e che si potrebbe definire una piaga dei capoccioni italiani, in ogni settore del vivere civile, ecclesiastico compreso!
(17) Veramente, un cristiano lo scriverebbe al maiuscolo; ergo, si tratta solo di un’espressione letteraria, non di una dichiarazione di fede.
(18) Anche questa è una definizione che lui stesso trova appropriata!
(19) E si potrebbe, e dovrebbe, ripetere quanto detto alla nota n. 17.
(20) Le tasse.
Tra sperpero e corruzione nasce "il mito dell'Italia unita"
Che più? Nell’ultima crisi ministeriale sicula non furono elevati agli onori del portafoglio (21) di due importanti dicasteri uno scritturale o copista di cancelleria, ed un altro che i fuorusciti italiani a Malta ebbero pronto questi anni addietro, sempre quando il vollero, ai servigi più umili del commissioniere? – E fra gli altri che la spacciano (22) in Napoli non è un fotografo di Londra, a cui parve più lucrosa speculazione spillar i Napoletani, anziché far loro il ritratto? Lo sperpero del denaro pubblico è incredibile. (23) Non parlerò degli acquisti di navi, e di materiali da guerra inopportunamente fatti, dacché la flotta e l’arsenale di Napoli doveano soddisfar in breve sì largamente ai bisogni; e neppure ricorderò come queste navi comprate all’estero fossero roba di rifiuto, e inabili a tener il mare; dirò solo che gli impiegati e i creditori diretti dello Stato invano attendono si paghi il soldo e la rendita; somme ingenti, favolose scompaiono colla facilità e rapidità stessa colla quale furono agguantate nelle casse Borboniche.
(21) Espressione bella e originale, nata da quella ecclesiastica di «elevare agli onori degli altari», cioè dichiarare santa una persona; questa è la nuova santità massonica, quella del portafoglio. Parola di massone.
(22) Altra bella e significativa espressione. Noi, in dialetto, diciamo: «I la mena», che trova riscontro nel detto: «Menar il cane per l’aia».
(23) Veramente è tutto incredibile, quello che sta dicendo.
L’amministrazione della giustizia è sospesa
L’amministrazione della giustizia è sospesa. – Fu una solenne menzogna (24) quella della officiale riapertura dei tribunali, fatta dal Pro-dittatore Depretis; aperti in quella circostanza, furono chiusi di nuovo, e tali rimangono, e chi ha piati se li tenga in santa pace e misericordia… Quale tutela possono avere la proprietà, e le persone in tale stato di cose? Quale guarentigia rimane ai diritti più sacri del cittadino? La libertà di stampa, la libertà individuale, la inviolabilità del domicilio, il diritto di associazione son tutte finzioni (25) per i Crispi ed i Bertani. (Angela Pellicciari, I panni sporchi dei Mille (Siena, Edizioni Cantagalli, 2011, pp. 189-200). (Continua nella seconda parte – 11 giugno 2015).
(24) Anche allora si andava avanti a menzogne. 150 anni dopo, qualcuno lo fa ancora.
(25) Evidenzio questa frase.
Don Floriano Pellegrini (Copyright © 2015 Qui Europa)
Partecipa al dibattito – Redazione Quieuropa – infounicz.europa@gmail.com
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