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– di Silvia Laporta –
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Gli Irlandesi vogliono “cavarsela da soli”
Bassa affluenza al referendum, stasera l'esito!
Dublino – Tensioni politiche e aspettative differenti a proposito del referendum (Anti-Troika) sul Fiscal Compact che, nel suo primo giorno, si è chiuso ieri sera alle 22 (le 23 in Italia). Al seggio, situato nel complesso che accoglie il Dipartimento dell’Istruzione, a Malborought Street, solo il 50% degli Irlandesi si sono recati a votare a favore o contro la modifica costituzionale tesa a rendere vincolante il pareggio di bilancio pubblico: istituzionalizzato dal "Fiscal Compact". Un interesse “relativo” abbinato all’importanza “relativa” dello stesso Referendum: basta infatti che i 12 Paesi su 25 firmatari, (finora sono 5), ratifichino il Trattato perché questo entri in vigore, quindi il voto irlandese non può bloccarlo. Ma un eventuale “no” si colorerebbe di sensibili e vivaci sfumature politiche. Questo referendum è stato fatto soprattutto per riflettere l’opinione pubblica dell’Irlanda sulla dissennata strategia che i governi sotto la spinata della tecnocrazia dominante si sono dati per affrontare la crisi del debito. Qualora vincessero i si, la cancelliera tedesca Merkel potrà dire di aver portato a casa un piccolo successo. L’idea del Fiscal Compact, e dei suoi “meccanismi automatici” di riduzione del deficit, con contestuale annientamento di importanti armi statali di sviluppo, quali tra tutte il deficit spending (vedi articoli precedenti nel motore di ricerca di Qui Europa) è tutta made in Germany, ma anche – evidentemente – made in Italy, o meglio made in Bocconi! Qualora l’esito fosse un “no”, salterebbe chiaro agli occhi, come le misure di austerity promosse dalla cancelliera, non siano poi cosi “benviste”o “utili” per la popolazione. Tra i sostenitori della politica anti-austerity dell'eurocasta, anche Sinn Fèin, l’ex braccio politico dell’Iraq.
Un secco "No" alla trappola dell'Austerity e a "Debtocracy"
Dall’altro lato, la paura di molti Irlandesi è quella di dover occupare una posizione ai margini dell’Europa. A seguito di un “no”, infatti, non potrebbero più contare – stando all'euro-ricatto lanciato a mò di minaccia da Bruxelles – sui finanziamenti a basso costo dell’Esm (Fondo Salva Stati) ma solo sulle proprie forze. Ciò diventa preoccupante per i cittadini in un momento di estrema crisi economica, in cui per far fronte al crack bancario , l’Irlanda, è sotto programma Ue-Fmi, in cambio di un prestito di 67,5 miliardi. Ma alla fine è senz'altro la scelta giusta: dire no a "Debtocracy" ed ai suoi servi tecnocratici.
Irlanda – Un nobile monito per tutti gli Europei? Forse si!
Comunque vada, la popolazione sa di star andando incontro a un periodo di crisi e povertà in cui toccherà “stringere i denti” per poter andare avanti e risollevare la situazione. Nonostante i pareri discordanti divisi tra gli euro-scettici – una maggioranza decisa a voler abbandonare le misure di austerity – e gli europeisti – in minoranza – che evidenziano, al contrario, il bisogno e la stretta dipendenza dall’Unione dei tecnocrati e dei suoi finanziamenti, bisognerà aspettare questa sera per conoscere l’esito. Un esito che, ricordiamo, non sarà estremamente vincolante a livello decisionale ma esprimerà solo l’idea politica del Paese. Alle decisioni ci pensa la Merkell, purtroppo! Ma ancora non è detto. Intanto l'Europa della Democrazia sembra voler alzare la testa e riprendersi la propria sovranità.
Silvia Laporta (Copyright © 2012 Qui Europa)
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