Mercoledì, Gennaio 29th/ 2014
– di Sergio Basile –
Martedì, Maggio 15th / 2012
– di Silvia Laporta e Sergio Basile –
Unione europea / Eurozona / Commissione europea / Crisi Ue / Disagio sociale / Germania / Elezione regionali / Angela Merkel / Francoise Holland / Mario Monti / Nord Reno-Westfalia / Land tedeschi / Austerity / Grecia / Italia / Spagna / Francia / Ungheria / Irlanda / Bei / Stato sociale / Welfare state / Deficit spending / Poteri forti / Goldman Sachs
Povertà, disagio sociale e malgoverno:
quadretto di un'Europa targata Ue
L'insostenibile pesantezza dell'essere nell'Ue
colpisce anche la Germania.
Regionali: batosta per il "panzer Merkel"
Berlino, Parigi, Bruxelles, Roma – Il disagio sociale, inizia ad alzare prepotentemente la sua voce e a farsi sentire in tutta Europa, anche nei land tedeschi. Le strategie di governo per fronteggiare la crisi si dividono tra l’austerity, proposta dalla Commissione di Barroso, d'intesa con la casta teutonica (di Berlino e francoforte) e improntata sui tagli alla spesa pubblica (abolizione del deficit spending e spending review: termine ormai entrato di diritto anche nell'italianissima "Treccani"); e la consapevolezza dei governi di dover invece agire in qualche modo, per poter sostenere la ripresa economica e l’occupazione, uscendo dalla crisi. Ma gli euro-capò, tuttavia, continuano a concentrarsi sui particolari – facendo gli gnorri in regia, per non andare al fronte – tralasciando di occuparsi della biblica trave negli occhi della tecnocrazia europea: cioè nei loro furbi occhi. Chi meglio di noi Italiani può sapere cosa significhi austerity? L'ossequioso gran'ufficiale Mario Monti – nostro malgrado – attuale presidente del governo tecnico ed ex consulente di Goldman Sachs – oltre che di circa 40 società finanziarie – ha deciso, come noto, di adottare una politica quanto più fedele al progetto dell’austerità. La sua (per quanto noi sappiamo fittizia) idea è che il rigore dei conti, può essere considerato l’unico mezzo attraverso il quale mettere l’Italia nelle condizioni di cogliere i primi segnali di ripresa non appena questi si presentassero. Magari accettando un ipotetico ed irreale "invito a cena"! Da qui l’austerity si è potuta esplicare nel miglior modo possibile nella nostra Pseudo-Repubblica, attraverso provvedimenti che eufemisticamente potremmo definire “opinabili”, ma che sono stati finora le linee guida del governo tecnico. Tagliare la cassa integrazione; modificare l’articolo 18 in una rivoluzione per i licenziamenti economici e disciplinari con possibilità quasi nulle di reintegro; salutare la certezza di un “noiosissimo” posto fisso di lavoro; non effettuare nessuna concessione ad investimenti pubblici finanziati in disavanzo (deficit spending) solo alcuni dei più clamorosi diktat espressi dal capò dei professori.
Anche i tedeschi stanchi dell'austerity merkeliana
Nel resto d’Europa che conta (almeno oggi) tale posizione di austerity – respirata anche nella patria dell'indusrtia automobilistica europea e mondiale, dove negli ultimi 10 anni i salari sono aumentati di un risicatissimo 7%, contro il 27% dell'Eurozona – è stata tuttavia rovesciata dopo il crollo della Cdu di Angela Merkel nelle elezioni regionali in Nord Reno-Westfalia, il Land più popoloso della Germania. Una Merkel che, dunque, potrebbe essere presto definitivamente disarcionata dalla stessa cancelleria. Evento, quello della "relativa sorpresa" nel ricco Land, che ha seguito ad un sensibile segnale di cambiamento venuto d'oltralpe: la sconfitta di Nicolas Sarkozy ad opera di Francoise Hollande, e la promessa (vedremo se rispettata o meno) di un radicale cambiamento nel riconoscimento di un ruolo da protagonista al bistrattato welfare state.
La strategica propaganda mini-rivoluzionaria di Hollande
Il nuovo premier francese, dunque – stando almeno a quanto dichiarato in campagna elettorale ed ai suoi primi proclami ufficiali da nuovo Re dell'Eliseo – avrebbe soffiato anch’egli sulla leggera e fresca brezza aleggiante sul Vecchio Continente, e portatrice di una nuova politica economica votata all’onestà, all’equità e ad una migliore retribuzione del reddito. Tassazioni importanti sui “ricchi”; applicazione di aliquote del 75% ai redditi superiori a un milione di euro, solo per antipasto. Ciò per dimostrare ai suoi elettori di star adottando una strategia che va incontro al sociale. Tuttavia, un nodo importante e cruciale resta da sciogliere: il nuovo premier non sembra voglia mettersi contro e di traverso ai veri nemici della Democrazia, le vere responsabili del debito degli stati e dello sfacelo europeo: le grandi banche e le grandi società finanziarie francesi ed internazionali. Strategie, dunque, che – da un'attenta analisi dei primi giorni di governo del bohemien Hollande – potremmo considerare più “politiche” che “sociali”, costruite attorno a diversi interessi, che non corrispondono però con quelli dei cittadini! Dove è finito lo Stato Sociale? Dove è finita la tutela dei diritti dei cittadini? Oserà prima o poi il re dell'Eliseo sfidare i poteri forti sul loro stesso campo? O saranno i secondi ad ammorbidire il suo slancio rivoluzionario? Vedremo!
Markel e Monti, appesi al filo del "Deficit Spending"
L’unica svolta reale sulla quale la strana coppia Monti-Merkel potrebbe, ora, convergere – al fine di evitare il peggio, ed eventuali e probabili future fughe a bordo di elicotteri – è quella di far passare nel Patto di Stabilità e crescita, il principio secondo il quale nel debito pubblico non siano considerati gli investimenti in opere infrastrutturali, anche quando siano finanziati in disavanzo,oltre il limite attualmente fissato dello 0,5% sul Prodotto Interno Lordo. Anche un aumento dei fondi a disposizione della Banca Europea per gli investimenti, potrebbe essere un incentivo: ma non una garanzia di crescita democratica, visto e considerato chi di fatto controlla l'istituto "d'interesse comunitario". L’opinione pubblica europea però, è ormai palesemente stanca di giochi e strategie politiche, fatti su misura per gli interessi governativi. Si rende conto che la politica dell’austerity ha provocato solo povertà di massa e sta iniziando a maturare disapprovazione e tensioni, pronte a deflagrare soprattutto nelle classi più deboli, assolutamente arrabbiate e non tutelate in questa tragica situazione. Quello del "deficit spending" (strumento d'investimento da sempre, fino all'arrivo dello scellerato "fiscal compact", considerato quale arma privilegiata di sviluppo degli stati moderni) potrebbe essere quindi l'ultimo "filo sottile" al quale si aggrappano i destini della cancelliera di ferro e dell'élitario professore bocconiano. Ciò, mentre in Grecia come in Italia, in Spagna come in Francia, in Ungheria come in Irlanda, la fondazione dell’Eurozona, una spazio monetario comune, sta giungendo al termine. I governi sudditi delle banche e distruttori del lavoro e dello stato sociale sono ormai in fase di smascheramento! Passaparola!
Silvia Laporta e Sergio Basile (Copyright © 2012 Qui Europa)
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