Maercoledì, Febbraio 26th/ 2014
– Redazione Quieuropa –
Venerdì, Ottobre 4th/ 2013
– di Padre Piotr Anzulewicz e Sergio Basile –
Assisi, San Francesco d'Assisi, Padre Piotr Anzulewicz, Catanzaro Lido, Sacro Cuore, Strage di Lampedusa, Papa Francesco, Crocifisso di San Damiano
Francesco, la Baracca in pezzi e l'Infedele
San Damiano Insegna: tocca a noi riparare la baracca
in questo mondo selvaggio. Sveglia!
di Padre Piotr Anzulewicz e Sergio Basile
Francesco, Ambasciatore di Pace in Medioriente
Catanzaro, Assisi, Lampedusa – di Padre Piotr Anzulewicz e Sergio Basile – Oggi, Venerdì 4 Ottobre, è un giorno particolare per la comunità francescana, essendo il giorno in cui si commemora l'amato fondatore, il "Poverello d'Assisi" che dal Duecento in poi seppe ridare ossigeno puro alla Chiesa e lasciare un segno indelebile nella storia. Celebriamo dunque, in un giorno cupo come questo, per le notizie che ci giungono da Lampedusa e da altri teatri di guerra e morte, San Francesco d’Assisi († 1226), amante di Cristo povero e crocifisso, fondatore della famiglia francescana, patrono d’Italia, ambasciatore di Pace e Speranza in Medioriente. Evento, tra l'altro, coincidente con la prima visita pastorale di Papa Francesco proprio ad Assisi. Ma oggi è anche – ribadiamo – una giornata di lutto personale e comunitario, prim'ancora che nazionale, per l’ennesima «ecatombe» di – pare – oltre cento, ma c'è chi parla addirittura di trecento o più, migranti-disperati al largo di Lampedusa. In questa giornata di paradossi, sentimenti e sensazioni tanto contrastanti, ripartiamo dalle parole dette dal Crocifisso di San Damiano al giovane Francesco: «Va’, Francesco, ripara la mia casa» (2 Cel 10: FF 593), parole che furono il programma della sua vita. Parole che "scolpirono" la sua “missione”. Ma per avere pace è necessario partire dalle famiglie, rispettando pertanto i diritti e la sovranità di tutti i paesi ed i popoli, a prescindere che si tratti di Italia, Africa o Medioriente. Non si può conciliare il colonialismo con la "pace". Non trovate? Altra cosa è invece la pace cristiana…
Francesco e l'Infedele
Sulla parete presbiteriale della nostra chiesa è “scolpito” il Cristo con il cuore sul petto in evidenza, e in compagnia, più in basso, ai lati, dei santi Antonio e Francesco. Un mosaico-programma immagine della "missione cristiana universale". Questa chiesa si sente fortemente chiamata in causa – in codesta causa – sin dai suoi inizi. Francesco, il Papa, in tal senso, canta la Misericordia di Dio e assicura chiunque sul fatto che Dio sia un Padre che ha pronto il perdono: anche per chi si sente imperdonabile, anche per chi gli volta le spalle. Anche – addirittura – per l'infedele, che dimostra buona volontà… lo stesso infedele (sultano) che il Poverello affrontò in terra straniera con una parola di verità e con coraggio, con risultati sorprendenti, per non dire miracolosi.
L'Incontro della nostra Debolezza con la forza della Sua Grazia
Il finale di questa "catechesi vivente" è quello della speranza oltre la razionalità umana, ma anche quello dell’esame di coscienza: «Siamo una Chiesa che chiama e accoglie a braccia aperte i peccatori, che dona coraggio e speranza, o siamo una Chiesa chiusa in se stessa?». Ci mettiamo di fianco al disagio di chi vorrebbe chiedere il perdono del cielo, ma si sente fragile? Siamo una Chiesa in movimento anche verso il peccatore più lontano da Dio, o una Chiesa statica che giudica e basta? "Non avere paura di puntare in alto – è la replica di Francesco – non avere paura della santità!" La santità non consiste anzitutto nel fare cose straordinarie, ma nel lasciar agire Dio anche quando tutto sembra perso… E’ l’incontro della nostra debolezza con la forza della sua grazia; è avere fiducia nella sua azione che ci permette di vivere nella carità, di fare tutto con gioia e umiltà, per la gloria di Dio e nel servizio del prossimo.
Tocca anche a noi riparare la Baracca…
Le parole di Cristo: «Va’, Francesco, ripara la mia casa», hanno colpito il cuore del Santo assisano e lo hanno convertito e “spogliato”. Bando, dunque, all’auto-referenzialità e all’auto-glorificazione! Bando anche al pessimismo e all'immobilismo! Una Chiesa come la nostra non se li può permettere senza tradire la grande eredità di Francesco. È piuttosto all’inverso che deve procedere: abbassarsi e chinarsi per farsi carico delle ferite dei poveri e riscaldare i loro cuori, diventando, secondo l’espressione di Papa Francesco, un “ospedale da campo”. Quello che il Papa ci invita a fare, assumendo il nome del Santo di Assisi, è il cammino dall’apoteosi alla spogliazione e alla conversione, nella direzione che ci è stata tracciata da Benedetto XVI, quando il 17 giugno 2007 spiegò: «Che cosa è stata, miei cari fratelli e sorelle, la vita di Francesco convertito se non un grande atto d’amore? Lo rivelano le sue preghiere infuocate, ricche di contemplazione e di lode, il suo tenero abbraccio del Bimbo divino a Greccio, la sua contemplazione della Passione alla Verna, il suo “vivere secondo la forma del santo Vangelo”, la sua scelta della povertà e il suo cercare Cristo nel volto dei poveri».
L'Appuntamento di San Damiano
Filo conduttore di questo messaggio è la riscoperta della Misericordia, con quello spirito di accoglienza integrale che porta la tenerezza di Dio nelle fibre della vita vissuta, personale, familiare e comunitaria, come ci ricorda il nostro Arcivescovo nella Lettera per l’Anno pastorale 2013-2014: «…l’amor che move il sole e l’altre stelle». Nel Testamento in cui Francesco sintetizzò la sua “avventura” umana e cristiana, fu lui stesso a declinarla in termini di misericordia, cioè di «cuore che sente pietà». La stessa conversione è da lui posta in connessione con l’abbraccio a un fratello: il più bisognoso, il malato di lebbra, quella che gli ripugnava. Usandogli misericordia – egli scrive – «ciò che mi sembrava amaro, mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo» (Test 3: FF 110). Il Crocifisso di San Damiano gli dava così appuntamento nella carne di tanti fratelli “crocifissi”, infermi, «pellegrini e forestieri», affamati e assettati… Papa Francesco, fin dalle prime parole, ci ha additato l’orizzonte della fratellanza. Egli sul concetto di fratelli, costruisce il tessuto delle relazioni tra quanti imboccano, con lui, la via del Vangelo (cfr. Test 14: FF 116). Il concetto di fratellanza, tuttavia, s’impone anche oltre il cerchio dei credenti. È un valore universale.
Gettare Ponti e Demolire Muri
Nel nostro cammino, dunque, cerchiamo di ispirarci a queste parole, vivendo sempre come «un cuor solo e un’anima sola» (At 4,32-33), ancora più “universale”, grazie allo slancio universale di Francesco, “fratello universale”, fratello di credenti e “non credenti”, armato solo di fede e di mitezza evangelica. Ciò in un’epoca di scontri e falsità, facendoci così paladini di una cultura di pace, gettando ponti e demolendo muri. Infatti solo demolendo i tanti muri di gomma e falsità che ogni giorno non possiamo non notare, potremo dirci davvero credenti… Ce la faremo? Ma a ben vedere, non era forse così – pur in altri termini e forse minori esasperazioni mondialiste – al tempo di Francesco? Fu allora impressionante come dal giovane convertito di Assisi potesse sprigionarsi un movimento che segnò la storia. E che cosa non potrebbe partire da un Papa che s’ispira alla stessa radicalità e chiama tutti a una piena conversione al Vangelo? Quanti muri potrebbero cadere? Come scordare – ad esempio – il muro fisico che il Servo di Dio, Giorgio La Pira, seppe far crollare dopo la sua visita in Algeria, ponendo fine al conflitto Franco-Algerino, con la forza della fede? Pertanto con le parole stesse del Santo assisano – quelle rivolte a frate Leone – inviamo la benedizione a Papa Francesco – in visita, mentre scriviamo, ad Assisi – e al nostro prossimo; la benedizione che Egli, prima ancora di impartirla, ha chiesto per sé stesso affidandosi all’implorazione del popolo di Dio: "Il Signore ti benedica e ti custodisca, mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te. Rivolga verso di te il suo sguardo e ti dia pace".
No a questo mondo Selvaggio…
Ma il primo muro da abbattere è quello dell'indifferenza, come ha appena ricordato lo stesso Papa ad Assisi, ribadendo che non possiamo più accettare "un mondo selvaggio che è indifferente al dramma di famiglie e persone costrette a fuggire dalle loro case" per affrontere i ben noti viaggi della morte, finendo in un cimitero chiamato "Mediterraneo" o in luoghi distanti migliaia di chilometri dalla loro patria e dai propri tesori. La Pace deve pertanto iniziare proprio dalle loro case. Evidentemente l'Occidente coloniale deve invertire rotta!
Fr. Piotr Anzulewicz, Sergio Basile (Copyright © 2013 Qui Europa)
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