Giornalismo in carcere: lo stabilisce il voto segreto del Senato

Venerdì,  Novembre 16th/ 2012

– di Maria Laura Barbuto –

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 Sì al carcere per i giornalisti: al Senato 131

voti favorevoli, 94 contrari e 20 astenuti

La fine della libertà di stampa passa per l’Italia:

carcerazione per il reato di diffamazione

Il voto segreto e vigliacco a Palazzo Madama

 Roma –  Giornalisti dietro le sbarre e bavaglio di censura per la stampa: lo ha stabilito il Senato italiano che mercoledì è stato chiamato ad esprimere il voto sulla tanto chiacchierata riforma di  legge sulla diffamazione, trasformando i giornalisti in “delinquenti della carta, della radio e del web” e prevedendo per loro, in caso di reato, un anno di gattabuia, in alternativa a multe salatissime che vanno dai 5.000 ai 50.000 euro. A Palazzo Madama la vigliaccheria ha fatto da padrona: con 131 voti favorevoli, 94 contrari e 20 astenuti, è passato l’emendamento proposto dalla Lega Nord, che di fatto ripristina la carcerazione per gli operatori dell’informazione. Ciò che lascia fortemente perplessi è il fatto che i senatori italiani abbiano deciso di optare per il voto a scrutinio segreto, dietro richiesta del Carroccio e dell’Allenza per l’Italia del “buon” Rutelli: una scelta tutt’altro che coraggiosa volta a raggiungere un fine ben preciso, quello della censura. E parliamo proprio di censura senza mezzi termini. Sarà che i nostri politici, dalle coscienze non tanto pulite ed immacolate, mirino a coprire i loro sotterfugi, i “magna magna” e gli “spendi e spandi” (dei soldi pubblici), intimorendo i giornalisti e minacciando la libertà di stampa? La risposta ci pare quasi scontata: hanno tentato di porre limiti, anche psicologici, a chiunque voglia formulare un’opinione. E questo non è un vero e proprio bavaglio? Non è una dittatura?

 "Quarto Potere" depotenziato 

La carcerazione sembra davvero troppo: questo non significa che non debbano esistere delle sanzioni previste per il professionista che commette reati a mezzo stampa, ma questa decisione destabilizzerà completamente il mondo del giornalismo – già di per sé molto fasciato – della comunicazione e dell’informazione ed il “quarto potere” sarà preda facile della politica marcia e corrotta.  “La scelta di trincerarsi è la prova regina della ferita inferta ai principi di libertà e pluralismo” – ha dichiarato il capogruppo dell’Udc, Gianpiero D’Alia – “E’ un segnale di vendetta che disonora il Parlamento”. Un emendamento vendicativo, infatti, e nient’altro: così merita di essere definito il provvedimento sulla riforma della legge sulla diffamazione con cui i senatori hanno deciso di fare la cresta ai giornalisti. Intanto l’esame del ddl sulla diffamazione viene rimandato a martedì prossimo per come stabilito dalla conferenza dei capigruppo e sarà uno dei punti all’ordine del giorno.

 Il punto di Sallusti – "Da oggi a San Vittore non sarò più solo!" 

E intanto, a commentare in modo del tutto sarcastico la vicenda è proprio Alessandro Sallusti, direttore responsabile del Giornale dal 2012, condannato a 14 mesi di reclusione per diffamazione, la situazione del quale ha scatenato l’urgenza della riforma: “Da oggi non mi sento più solo –  ha scritto su twitter – A San Vittore saremo in tanti”. E probabilmente sarà proprio così: tanti giornalisti sbattuti dietro le sbarre e paragonati a delinquenti, criminali o rapinatori. La cosa sconcertante, in tutta questa faccenda, è che la giustizia italiana, piena di buchi, lenta e paradossalmente “fin troppo poco giusta”, lascia a piede libero i veri colpevoli. Ma questo si sa, è un problema dalle antiche radici. La cosa che fa davvero rabbia è che a votare il ddl sulla diffamazione siano i politici, appartenenti alla categoria ed alla classe più sporca di tutti i tempi, una classe per gran parte corrotta e privilegiata che si fa beffa di coloro che lavorano seriamente ed onestamente. E la legge sulla condanna dei politici chi la fa? A quella chi dovrebbe pensarci? Se la facessero i cittadini, siamo sicuri che ricorrerebbero al voto palese, al contrario di come fanno i “nostri” rappresentanti. “Se si comporta con serietà, correttezza e professionalità, il giornalista non abbia paura di avere coraggio”: peccato che la stessa massima non sarà mai applicabile alla politica che di coraggio ne ha dimostrato davvero poco.

Maria Laura Barbuto (Copyright © 2012 Qui Europa)

 

 

 

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