– di Don Floriano Pellegrini e Redazione QE –

Iniziativa di Libero Confronto, "Pensa e Scrivi" di Quieuropa

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Una satira del 1851, le rubiconde caste di oggi

e i professori governativi

La proposta: perchè non eliminare l'ora di "storia di regime"?

 di Don Floriano Pellegrini e Redazione QE

Iniziativa di Libero Confronto, "Pensa e Scrivi" di Quieuropa

 Una satira del 1851  e le rubiconde caste di oggi                                              

Belluno – di Don Floriano Pellegrini e Redazione QE – Da una bella pubblicazione di Cesare Cimegotto su Arnado Fusinato, di famiglia feltrina, si legge che, nell’Ottocento, il giovane Antonio Gazzoletti (1) era perseguitato dalla polizia austriaca, che odiava la libertà e dunque odiava i giovani. Gazzoletti si lagnava infatti – cosa inaccettabile per i governi – delle caste dei suoi tempi. Le chiamava signorie e arpie infernali, che tenevano stretti tra le loro unghie i diritti civili del popolo, impedendogli di esercitarli. Nel 1851 scrisse una satira, divenuta abbastanza famosa:

"Oh che diluvio,

oh che profluvio di Signorie!

Gesù ci liberi da queste Arpie!"

( Antonio Gazzoletti – 1851 )

(1) Nato a Nago nel 1813, laureatosi avvocato a Padova nel 1835, Antonio Gazzoletti fu un protagonista di primo piano della rivoluzione del 1848 a Trieste, la città nella quale si era stabilito per svolgere la sua professione e dove aveva partecipato a intense esperienze letterarie nella cerchia del periodico “La Favilla”. Nel gennaio del 1849 fu eletto nel collegio di Rovereto a rappresentare il Trentino nell’Assemblea Costituente a Francoforte, dove si mosse in coerenza agli obiettivi nazionali già tracciati, vale a dire lo svincolo dalla Confederazione germanica e l’autonomia dal Tirolo tedesco. Al suo rientro fu arrestato e incarcerato per tre mesi a Padova, accusato di sovversione e poi assolto (in un processo le cui carte sono state rinvenute e studiate a suo tempo da un altro trentino-triestino, Giuseppe Stefani, ricavandone uno dei pochi contributi biografici significativi, Antonio Gazzoletti nella rivoluzione del Quarantotto, Trieste 1935).

 L'istruzione e l'inaccettabile filastrocca dei "professori governativi"       

Che direbbe oggi? Non è forse vero che nell’apparato socio-economico attuale fondato e tirato sù sull'usura (da moneta debito) e nei correlati apparati pubblici e partitici stagnano autentiche e spudorate arpie delle fatiche e dei guadagni della gente onesta? E’ ridicolo che all'interno di scuole e università i "professori governativi" continuino a ripetere la filastrocca, sulle teste degli alunni indifesi, che l’Austria era tiranna ecc. ecc., se oggi in Italia, gira e rigira, la democrazia è ancora manipolata e paralizzata da rubiconde caste di egoisti, ben organizzati e magari all'occorrenza pure "rivoluzionari" (?).

 L'abolizione dell'ora di "storia di regime"                                                          

Evidentemente la vera rivoluzione è culturale e passa per la confutazione di questi strategici copioni. Necessita – così come aveva intuito benissimno il Professor Giacinto Auriti – una cultura storica, economica e monetaria della verità… Tutte le altre cosiddette "forme rivoluzionarie" non possono che condurre in fuorvianti vicoli ciechi. Probabilmente anziché pensare all'abolizione dell'educazione fisica il governo dovrebbe pensare ad abolire la "lezione di storia di regime"… oppure ad insegnare la storia in maniera verace e trasparente, disilludendo milioni e milioni di giovani vittime della propaganda. In tal caso vicende come quella della strage occultata di Pontelandolfo e dei crimini degli idolatrati bersaglieri ( datata 14 Agosto 1861 – vedi qui La Guerra e l’Occidente oltre il velo della propaganda mediatica – Da Pontelandolfo a Damasco) al servizio di Garibaldi e della giudaico-massoneria inglese, potrebbero finalmente essere scritte nei manuali di "storia ufficiale", senza passare da alcuna forma di censura preventiva.