– di Rocco Carbone, Sergio Basile e Maria Bianchi –
Redazione Quieuropa, Rocco Carbone, Sergio Basile, Maria Bianchi, Sete di Giustizia, Giacinto auriti, Articolo 18, diritto al lavoro, privilegio
L'Anti-rivoluzione dell'Articolo 18 – Lavoro come
dovere-privilegio
Essenza dell'autolesionismo democratico e dimensione
del lavoro, quale diritto sacrosanto ed inviolabile
La saggezza auritiana ci aiuta a smascherare i falsi profeti
di Rocco Carbone, Sergio Basile e Maria Bianchi
L'anti-rivoluzione dell'articolo 18
Roma, Pescara – di Rocco Carbone, Sergio Basile e Maria Bianchi – "La riforma del mercato del lavoro è la più importante e sarà fatta nel prossimo mese al massimo". Queste le ultime dichiarazioni di Matteo Renzi che, da Londra, ha "rilanciato" anche sull'articolo 18: "Non è una battaglia ideologica, né tantomeno una mezza riforma: questa è una grande riforma e sarà molto apprezzata dagli investitori". Dietro le solite battute gettate in pasto ai media da Renzi & soci, tuttavia, dobbiamo cercare di fare un pò di chiarezza, sfatando antichi luoghi comuni, così come fatto sul ruolo storico dei sindacti (vedi qui Mistero Marx – Ruolo dei Sindacati e paradosso del Plusvalore secondo Auriti).
Il tripudio dell'autolesionismo e i servi degli usurai
E' noto che ogni regime per reggersi a lungo ha bisogno prima di tutto del consenso popolare, ha bisogno cioè di chi lo elogia e di chi lo applaude; poco importa, per i vertici che detengono il comando, la condotta morale dei servi obbedienti: non importa se essi siano incompetenti, lavativi o disonesti. Il sistema non si pone tali "rogne", semplicemente perchè esso non ha preoccupazioni di "vuoti di potere", in quanto auto-stampando dal nulla la moneta, non ha problemi si scarsità di risorse finanziarie e può compare la fiducia dei "suoi" uomini. Ma il paradosso più evidente è che il prezzo di questo imbroglio, cioè il debito pubblico derivante dall'emissione monetaria, lo paga il cittadino, cioè lo stesso che acclama il sistema nelle piazze, in un tripudio di autolesionismo e masochismo.
Qualcosa di nuovo
Ma oggi sta accadendo qualcosa di nuovo ed unico, qualcosa mai accaduto prima d'ora nella storia dell'uomo: la gente non applaude più, comincia ad acquisire consapevolezza e il consenso sta calando velocemente. I cittadini iniziano finalmente a diffidare e a desiderare di scendere dalla giostra. Ovviamente il maestro di giostra non può stare a guardare e sta cercando di applicare i suoi provvidenziali correttivi, provvedendo ad eliminare chi non applaude, quasi come se fossimo in un grande video games o in un reality alla "Grande Fratello". Non importa se un cittadino sia onesto, preparato e coscienzioso. Per la subdola dittatura (subdola perché nascosta, non palesata, ma non per questo irreale) il dissidente deve morire di fame!
La strumentalizzazione del lavoro, da diritto a dovere-privilegio
Ecco come sarà utilizzato l'art.18: il lavoro da diritto insindacabile e sacrosanto qual dovrebbe essere – secondo costituzione – diventerà un dovere-privilegio, garantito solo a chi ribadisce fedeltà all'organizzazione attuale. Un sistema clientelare dedito – per statuto – all'usura ed alla corruzione, secondo copioni ormai svelati, e palesemente scritti contro gli interessi dei cittadini onesti. Dunque la vera domanda prioritaria da porci dinanzi alla questione dell'articolo 18 è: cosa dobbiamo ottenere prima della difesa dello stesso "diritto al lavoro"? La risposta è semplice: dobbiamo affermare la politica del "Padre Nostro", il diritto ad ottenere il nostro pane quotidiano, senza perderci nella difesa di interessi parziali. Senza cioé guardare al nostro piccolo orticello.
fondamento morale e spirituale del diritto al lavoro
Abbiamo diritto a lavorare semplicemente perchè esistiamo e possediamo atavicamente la dignità di uomini, come status di nascita. Il lavoro non è un bene o servizio limitabile e/o destinato all'esaurimento. Così come i beni della terra e la ricchezza del creato si autorigenerano senza limiti e dal nulla grazie al miracolo del seme che muore e germoglia… Così il lavoro, che implica in ultima istanza la trasformazione di tali beni, deve essere necessariamente considerato un diritto inalienabile.
Auriti docet
E' questa la verità che i media e i giornalisti prezzolati ci nascondono. Una volta appresa questa grande verità l'indignazione e la rabbia sono evidentemente reazioni inevitabili (anzi, se non ci arrabbiamo vuol dire che non abbiamo capito nulla! Giacinto Auriti docet) perché ci hanno depredato di tutto: della dignità, di un futuro sereno e dello stesso diritto alla vita. Questa rabbia, tuttavia, dev'essere necessariamente costruttiva, deve portarci all'azione comune, evitando – come lasciato intuire – inutili separatismi, regionalismi, ecc.. Questo è il momento dell'unità nazionale di un popolo unito contro i grandi usurai. Allora capiamo perché in questo particolarissimo frangente storico anche le spinte separatiste possono risultare "provincialiste" – nel senso più negativo del termine – e controproducenti.
Il debito pubblico è una truffa
L'elemento di legittimazione del ridimensionamento indotto delle pubbliche risorse, funzionale alla repentina diminuizione dei posti di lavoro disponibili, si chiama oggi "debito pubblico". La prima cosa da compendere e gridare a tutti è, dunque, il fatto che il debito pubblico sia una truffa architettata per controllare i cittadini grazie proprio alla mancanza indotta di lavoro. Architettata per espropriare gli stati e quindi noi tutti: distratti, fessi e illusi cittadini. Espropriare, cioè, i popoli della sovranità e di tutti i beni che essi posseggono. Quanto all'attuale assetto eurocentrico, i trattati non hanno fatto altro che legittimare questo schema (vedi qui Cantiere Europa – Lo spot che ha stufato anche i santi e qui Dittatura UE – Dichiarazione unica IVA in nome di Risparmio ed Evasione?). Mediante i trattati UE tutta la sovranità è stata ceduta arbitrariamente alla privata BCE.
La profezia di Giacinto Auriti: disperazione o suicidio
Il prof. Giacinto Auriti in tempi non sospetti "profetizzò" l'attuale status quo: "senza la sovranità monetaria le future generazioni non avranno altra scelta tra la disperazione e il suicidio". Egli si è battuto per noi giungendo, dopo 30 anni di studi, alla formulazione la teoria del valore indotto della moneta (vedi qui Il Consenso Collettivo che crea valore monetario e schiavitù, può liberarci), vera ed unica rivoluzione economico-sociale capace di mettere in crisi il sistema bancario che va da secoli a braccetto con l'attuale regime "democratico", liberal-capitalista e social-comunista.
Il fulcro della teoria auritiana
La moneta – e qui sta il fulcro del pensiero auritiano – è nostra di diritto perché siamo noi che ci mettiamo d'accordo per convenzione e l'accettiamo come misura di valore. Se stampassimo denaro in un'isola deserta, il denaro, infatti, non servirebbe assolutamente a nulla. L'euro (in Europa… così come le altre valute all'estero, e la lira ieri) ci viene oggi ADDEBITATO come se fosse di proprietà della banca. Se si afferma la denuncia di questa menzogna, il maestro di giostra sarà contretto a fermare tutto e a battere ritirata.
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