Lunedì, 4 giugno / 2018
– di Matteo Mazzariol / Presidente Movimento Distributista Italiano –
Giovedì, Maggio 24th / 2012
– di Maria Laura Barbuto –
Parlamento Europeo / Europa /Strasburgo / Pechino / Cina / Rapporti Commerciali / Concorrenza sleale / Contraffazione / Delocalizzazione / Dumping monetario / Scambi / Organo di Controllo / Risoluzione / Review Board / Aziende / Mercati internazionali / Marielle de Sarnez / Marta Bizzotto /
L’Europa sempre più geisha della Cina:
“blocchiamo la concorrenza sleale”
Il Parlamento europeo chiede l’istituzione di
un organo di controllo nei rapporti Cina – Ue
Intanto muore nel silenzio il Made in Italy e il meglio
dell'industria e dell'artigianato europeo. Complici le
politiche ultraliberiste dell'Unione europea
Strasburgo, Pechino – “Era meglio prima , era meglio prima, quando la roba era Made in Italy e non Made in China, era meglio prima” canta J Ax in una canzone che ripropone una certa nostalgia dei “vecchi tempi”. Questo motivetto musicale ha la forza di fotografare una realtà con cui gli europei devono fare i conti: la concorrenza sleale della Cina che, sui mercati, favorisce notevolmente il gigante asiatico e mette in ginocchio il Vecchio Continente. Per tacere sulla mole di prodotti nocivi che invadono letteralmente il mercato europeo, a prezzi fuori mercato. Prodotti fabbricati, spesso, con rifiuti compattati e provenienti dall'Europa (ed anche dall'Italia) che vengono trattati e trasformati con procedimenti che favoriscono la contaminazione delle fibre utilizzate, a contatto con agenti tossici e nocivi. Prodotti lavorati da un esercito di schiavi – anche e soprattutto minori – in vere e proprie prigioni, e per poche decine di euro al mese.
Chiesta l'istituzione di un organo di controllo Cina-Ue
Finalmente – almeno sull'aspetto economico: ancora sull'aspetto sociale ed umanitario tutto tace – l’Europa si è resa conto che gli asiatici le hanno fatto lo sgambetto: mercoledì, il Parlamento Europeo, riunito a Strasburgo in seduta plenaria ha adottato una risoluzione con la quale intende “fermare” l’ascesa scorretta degli “occhi a mandorla” e ripristinare l’equilibrio negli scambi commerciali. Un obiettivo da raggiungere, quindi: l’istituzione di un organo di controllo che valuti (ed eventualmente limiti) l’influenza della Cina nelle economie europee sia per gli investimenti degli asiatici nelle imprese d’Europa, sia per gli acquisti di debito sovrano. Per gli eurodeputati è quindi necessario un Review Board tutto europeo, sulla scia di quello statunitense, capace di valutare preventivamente la portata degli investimenti strategici stranieri.
Gli atri paradossi del Dragone
Accanto alla concorrenza sleale, i cinesi sono responsabili della contraffazione, della delocalizzazione, barriere commerciali e dumping monetario, tutti problemi che si riflettono pesantemente sull’Europa e sui suoi cittadini. La risoluzione presentata nell’aula di Strasburgo porta la firma dell’europarlamentare Marielle de Sarnez, la quale ha dichiarato che “è necessario un nuovo partenariato tra Cina ed Europa che riequilibri le relazioni commerciali”. Il Parlamento Europeo ha chiesto, inoltre, la collaborazione della Banca Centrale Europea con gli Stati membri per individuare i detentori di debito pubblico sovrano nell’Eurozona ed ha sottolineato i vantaggi di cui gode la Cina che, in quanto membro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc), sovvenziona in modo del tutto sleale le proprie imprese, rafforzandole inevitabilmente. Certo, in merito, fa sorridere l'atteggiamento di Mario Monti a Pechino, dell'ultimo viaggio ufficiale nella Patria del Dragone (vedi articolo nell'archivio Qui Europa) soprattutto per ciò che attine le trattative di vendita del debito pubblico nazionale e le politiche ultraliberiste instaurate certamente non a vantaggio dell'Italia e dell'europa, ma a vantaggio del partito unico delle lobbies internazionali. Ed in questo non esistono né confini geografici, né appartenenza culturale o identità etnica.
Il blocco degli appalti pubblici delle imprese europee
Ma non finisce qui: il paese orientale blocca gli appalti pubblici delle imprese europee, nonostante l’Ue garantisca l’accesso al proprio mercato a parti invertite. “Mentre la Cina con un prodotto interno lordo pari all’8% cresce, sfruttando i lavoratori e producendo senza regole né rispetto per l’ambiente, in Europa si contano oggi ben 23 milioni di disoccupati e altre centinaia di migliaia di lavoratori sono a rischio licenziamento – dichiara la leghista, eurodeputato, Marta Bizzotto – Le nostre imprese, soffocate dall’invasione di prodotti asiatici a basso costo, vengono così tagliate fuori dal mercato: per questo o delocalizzano, magari proprio in Cina dove il costo del lavoro è un ventesimo di quello italiano, oppure chiudono”. Una triste verità che fa male al nostro continente: l’imperativo è “Corriamo ai ripari e si salvi chi può”, nella speranza che l’Europa non si trasformi in una geisha solo per la Cina.
Maria Laura Barbuto (Copyright © 2012 Qui Europa)