Venerdì, Febbraio 1st/ 2013
– di Suor Annunciata Dordoni e amici di "Ora Pro Siria" –
Siria / SOS Siria [...]
Giovedì, Dicembre 27th/ 2012
– di Sergio Basile –
Limiti alla Teoria della Decrescita Felice di Serge Latouche / Ecco perchè Non Crediamo alla Teoria della Decrescita Felice di Serge Latouche / Decrescita Felice / Serge Latouche / Catastrofismo / Club di Roma / Occidentalizzazione del mondo / Limiti allo Sviluppo / Stalin / Lenin / The Population Bomb / Peggiori ideologie del Novecento / Dittatura / Privatizzazione banca centrale sovietica / Russia / Socialismo marxista / Liberismo capitalistico / Anarco-capitalismo / Trockij / Paul Echrlich / Gosbank / Signoraggio bancario / Profeti del limite / Nuovo ordine Mondiale / Favelas / Corno d'Africa / Sfruttamento / Vangelo secondo Matteo / Dio / Mammona / Crescita solidale
Ecco perchè Non Crediamo alla Teoria della
Decrescita Felice di Serge Latouche
La grande incoerenza dell'autolimitazione dei popoli
La Decrescita e le analogie con lo stalinismo e i mali
del capitalismo: facce della stessa medaglia
Roma – Al fine di introdurre la riflessione odierna e comprendere meglio la portata delle nuove teorie "pseudo-socialiste" che in maniera direi troppo semplicistica tendono a propinare ai popoli europei ricette miracolistiche per uscire dalla crisi dell'Eurozona (chiamata impropriamente ed ingannevolmente "crisi economica globale") senza far riferimento alcuno al vero inganno che ci tiene schiavi del sistema (il signoraggio bancario e quello ingenerato dall'euro e dalla moneta-debito) riprendiamo un nostro articolo pubblicato in data 22 Dicembre. Uno scritto che parte dalle paure disseminate strategicamente in giro per l'Europa – e nel mondo – dai cosiddetti "catastrofisti", falsi profeti riconducibili in gran parte alle sconclusionate ed ingannevoli "favole" sui "Limiti allo Sviluppo", propinate all'umanità da trent'anni a questa parte – e senza alcun riscontro scientifico reale ed oggettivo – dal celeberrimo Club di Roma, un gruppo di intellettuali (come visto) "di sensibilità spiccatamente mondialista".
La Favole dell'Apocalisse Imminente
Dunque da oltre trent'anni siamo bombardati da rapporti e da studi (appunto pseudo-scientifici) che prevedono apocalittiche sventure che si verificheranno nell'immediato se – sostengono i falsi profeti del catastrofismo da bancarella – non ci decideremo a diminuire il numero di esseri umani nel mondo, a combattere l'industrializzazione (solo quella in determinate aree, a quanto pare, lasciando integri – guardacaso – i privilegi lobbistici dei soliti volti noti), l’inquinamento e a "decrescere". Non a caso oggi si parla della "Teoria della Decrescita" di Serge Latouche. Una teoria che – come vedremo – ci porta ad accettare lo status quo dei nostri "padroni" e ad adeguarci – nostro malgrado – a queste bufale pazzesche. Una teoria contro il sistema, ma stranamente appoggiata da tutti i media del sistema e propinata alle masse come una sorta di Nuovo Vangelo.
Decrescere non ha senso
E poi – ci chiediamo – che senso ha "decrescere" mentre dall'altra parte – come detto – pochi eletti che controllano media e "pseudo-scienze" crescono all'inverosimile sulle nostre carcasse? La "giustizia" non era uguale per tutti? Evidentemente no! Pertanto non ha davvero nessun senso, cari lettori! In tal ottica vi suggeriamo di approfondire anche gli studi portati avanti da due illustri ed obiettivi scrittori, Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari, che confutano nettamente gli studi catastrofistici del Club di Roma e le stesse "Teorie della Decrescita" ad essi collegate.
Controllo delle nascite e Catastrofismo
Ecco perchè oggi sentiamo parlare sempre più spesso di “ECO-catastrofismo" (e – contestualmente – di annessa decrescita ) anche se in realtà questi pericoli non si sono mai verificati. E' questa, signori, una delle più sottili ed efficaci manovre per il controllo globale sulle masse e sulle coscienze. E gli esempi sono molti e molto concreti. Per esempio è ciò che finisce per giustificare paradossi come il controllo programmato delle nascite e le connesse politiche di depopolamento in Asia e Africa. Nel precedente articolo vi abbiamo illustrato alcune delle tante bufale eco-catastrofiche che si sono succedute nel tempo. L'esempio più lampante è stato quello del biologo Paul Ehrlich, cui conclusioni vennero riprese dal "Club di Roma", che a sua volta pubblicò un'opera (guardacaso molto pubblicizzata dai media a livello planetario, e trasformata ben presto in un "bestseller" di sventura) dal titolo “I limiti allo sviluppo”: uno studio (poi largamente smentito) che dettagliava le date in cui si sarebbero esaurite le varie risorse minerali e che in un certo senso aprì la strada alle recenti teorie della decrescita. Previsioni ovviamente catastrofiste ed assolutamente errate, ma che ci permettono tuttavia di fare in tal sede un ulteriore considerazione sulla "bontà" (si fa per dire) della cosiddetta e pluriosannata "Teoria della Decrescita Felice" di Serge Latouche.
Una premessa storica essenziale – Usciamo dai luoghi comuni
Per meglio compendere la radice e le conseguenze della "Teoria della Decrescita", dobbiamo prima però sfatare un altro mito, dopo quello dei "Limiti delle risorse terresti". Dobbiamo cioè sfatare il dogma che vuole la netta ed assoluta separazione storica tra socialismo marxista (e successive evoluzioni "anarco-capitalistiche" di esso) e liberismo capitalistico. A ben vedere, specie alla luce dell'analisi dell'attuale situazione della società russa, e delle metamorfosi intervenute nel grande Paese in cui nacque il comunismo, nel corso del Novecento (e fin dall'avvicendamento e della staffetta Lenin-Stalin) le due correnti economico-filosofiche e politiche sembrano essere diventate stranamente speculari l'una all'altra. Per supportare la bontà delle nostre tesi, poniamo alla vostra attenzione fatti storici inoppugnabili ed inequivocabili, pur evitando – comunque – di demonizzare in toto quanti in buona fede credono nelle istanze egualitarie del comunismo. Certo, concorderete con noi – a prescindere dalle vostre convinzioni politiche – che osannare lo spirito di questi ultimi, disconoscendo fondamentali momenti storici insiti nello stesso processo evolutivo del comunismo sarebbe sconveniente e poco obiettivo. Ecco alcuni esempi.
Il "Liberal-comunista" Stalin e la disastrosa caduta di un mito
Nel 1937, come molti ignorano, Stalin privatizzò la Banca Centrale dell’Unione Sovietica (Gosbank), con la complicità del petroliere ebreo-americano Armand Hammer. Ma che c'entra un comunista doc con un petroliere americano di origine ebraica? Apparentemente nulla! Nella sostanza molto! Non va inoltre dimenticato che dopo la morte di Lenin i due candidati successori, Trockij (all'epoca comandante dell' Armata Rossa) e Stalin (segretario del Comitato centrale del proprio partito) non viaggiavano di certo sulla stessa lunghezza d'onde. Al punto tale che uno decise di "eliminare" l'altro. Ma come mai? Vediamo. Il primo, Trockij, voleva eliminare il capitalismo; Stalin (al contrario) lo voleva affermare in modo permanente. Un pò ciò che fece Michail Gorbachev con la sua Perestroika tra gli Anni Ottanta e Novanta del Novecento: aprire il portone di casa al deleterio e distruttivo liberismo economico. Ovvero al capitalismo più selvaggio, sfrenato e cruento. La mossa di Stalin non fu da poco: privatizzando la Banca Centrale del suo "Grande Paese", il politico non fece di certo gli interessi del suo popolo. Anzi! Sancì e suggellò la perdità della sovranità monetaria del popolo stesso (ed il relativo controllo di esso sulla moneta nazionale) trasferendo in maniera gravissima, il diritto di signoraggio nelle mani di lobbisti privati. Una sorta di "Sacco nazionale" ben orchestrato e retto da moltissimi dei suoi seguaci (comunisti stalinisti) e ben celato dalla storia e dai sacri custodi dei testi scolastici, fino ad oggi.
Al nocciolo dello stalinismo
Stalin, grazie all'industrializzazione russa ed all'appoggio di élitarie ed altolocate "amicizie" ottenne maggiori consensi del rivale, riuscendo a spuntarla nella successione a Lenin. Trockij, dal canto suo, fu costretto ad una sorta di "esilio" all'estero e successivamente fu tolto definitivamente di mezzo attraverso il ricorso ad una forma estrema di "missione (per così dire) politica": cioè fu ucciso da sicari di Stalin. Successivamente, dopo l'eliminazione degli oppositori e dei dissidenti vicini a Trockij, Stalin potè attuare in piena libertà il suo programma di industrializzazione e privatizzazione, reinvestendo – tra l'altro – gli ingentissimi capitali provenienti dal settore primario. Per questo, milioni di ettari di terra furono espropriati ai braccinati agricoli, in nome del comunismo. Ma i veri obiettivi perseguiti, come detto, furono quelli di favorire in tutti i modi la nascita di una società iper-liberista. Una sorta di dittatura ben mascherata. Questa imponente processo di espropiazione, fu alla base di un altettanto imponente processo di accumulazione originiaria che trasformò la società russa in una società capitalistica. Pertanto, poprio il "comunista" Stalin contribuì in maniera netta a spezzare definitivamente quel legame quasi "sacro" esistente tra "moralità" e "profitto". Profitto e benessere non furono più visti quali mezzi per la creazione di una ricchezza diffusa e per la crescita della società e del prossimo, ma bensì come mezzi di controllo sociale delle masse. Non mezzi, dunque, ma obiettivi. La radice di quello che oggi possiamo chiamare "sfruttamento sociale".
Logiche di Casta – Al di là della politica e delle maschere
Non si tratta più dunque di ideologie contrapposte e scontri politici, ma bensì di "logiche di casta". Logiche di potere tra gruppi, logge e caste tra di esse trasversalmente collegate ed unite, a prescindere dalle divise politiche. In fondo lo specchio di ciò che accade oggi nella nostra società moderna, cosiddetta "civile" e "democatica" (?), dove tutti (o quasi, ed a prescindere dal colore politico) sembrano aver gettato la maschera rendendosi palesemente complici gli uni agli altri di un immensa opera di depredazione sociale ed economica. E sullo sfondo di "carrozzoni partitici unici" che vanno da destra a sinistra, passando per il centro. Uno scippo colossale cui sintomi sono da rinvenire nel trionfo del privato sul pubblico, ma anche nell'imposizione di mentalità laiciste ed atee, quale superamento del "divino" e della sacralità dell'essere umano, in quanto creatura di Dio, fatta a Sua immagine e Somiglianza.
Ritornando a Latouche
Ritornando ora a Latouche – dopo questo obbligatorio intermezzo – di primo acchitto e dall'analisi superficiale della sua "Teoria della Decrescita Felice", ci pare che l'accademico propenda per una visione critica del liberismo e del capitalismo. Egli parla di "imperialismo dell'economia moderna". Concordiamo con lo scrittore laddove avalla il costrutto concettuale secondo il quale l'attuale sistema economico abolisce di fatto le frontiere esistenti tra morale, politica ed economia, omogeneizzando il tutto attraverso – aggiungiamo – una sorta di "nuova religione illuminata". Di un nuovo ordine delle cose. Concordiamo con Latouche nel sostenere l'assunto secondo il quale il potere totalitaristico del consumismo (che – attenzione – proprio dal signoraggio bancario, però, pende pieni poteri e nutrimento. Non dimentichiamolo!) conviva perfettamente con l'attuale caos della politica e con le ingiustizie sociali che il sistema favorisce ed amplifica; ma non concordiamo assolutamente con le conclusioni dello scrittore. A questa deriva capitalistica, Latouche contrappone un argine concettuale – consentiteci – piuttosto ambiguo, pur partendo da onorevoli e condivisibilissime premesse. Egli – come detto – riprendendo in effetti gli studi del Club di Roma, (sanciti nell'opera di punta "I Limiti allo Sviluppo") si fa profeta del "limite". Un limite (chiamato decrescita "felice") che teoricamente dovrebbe assolvere ad una funzione sociale e morale altissima: arginare l’imponente fiume dei divoratori delle risorse umane del pianeta, prima che esse si esauriscano e non bastino più per tutti. (limite intrinseco – tra l'altro – alla Divina Provvidenza).
Una grave dimenticanza
Ma Latouche dimentica un particolare: non esiste affatto un'unica grande famiglia umana di utilizzatori e consumatori. Gli utilizzatori globali di tali risorse, infatti, non sono che una piccola percentuale. E tra l'altro sono gli stessi che detengono le fila del potere e guidano le sorti dell'economia mondiale, trovando indubbio giovamento nella ghettizzazione forzata della stragrande maggioranza della polopazione mondiale. In Cina come in Africa, in America Latina, nell'Eurozona ed in altre zone calde del pianeta.
Limiti di Serge Latouche e della Teoria della Decrescita
In effetti Latouche propone ai popoli ed alle nazioni una nuova forma di organizzazione mondiale che (almeno in teoria) non veda l’imperialismo Occidentale continuare a dominare incontrastato, come avvenuto negli ultimi secoli, fino ad oggi. Apparentemente la "Teoria della Decrescita" di Latouche, dunque, sosterrebbe il contrario di quello che sostiene la tesi mondialista del cosiddetto "Nuovo Ordine Mondiale": NWO alimetato – anche e soprattutto – sulle ali delle politiche neo-colonialistiche di Usa e Nato (vedi paradigma siriano) che vorebbe far coincidere i termini "democrazia" e "libertà" con un devastante processo di occidentalizzazione del mondo. Un processo che trova quale comun denominatore non valori morali, spirituali o di equità e giustizia sociale, ma bensì valori incentrati ed orientati al puro utile ed al cosiddetto mercato. Al denaro,profitto ed alla crescita illimitata. Tuttavia (come sostiene, a mio avviso, ingannevolmente il Club di Roma) i limiti naturali di sopportabilità del pianeta, "mettono in grave crisi ogni forma di vita che non si adegui ad uno stile più moderato e rispettoso". Per Latouche è dunque fondamentale "ritrovare il senso del limite". Per farlo – sostiene – "è imprescindibile una scelta che preveda l’autolimitazione come perno di una nuova identità planetaria".
L'Incoerenza dell'autolimitazione
Ma i limiti di questa sorta di "egualitarismo" filosofico in Latouche – consentiteci – sono palesi e pericolosi. Vediamo perchè. La prima considerazione riguarda l’autolimitazione. "L’uomo – secondo Latouche – dovrebbe porre un freno ai propri desideri e godere di quello che ha". Tuttavia, ci chiediamo come questo principio possa valere per i cittadini europei dell'Eurozona (fatti oggetto della speculazione finanziaria internazionale proprio grazie a privatizzazioni selvagge ed a principi liberisti); per le povere comunità del Corno d'Africa o per i disperati delle favelas sudamericane. E ci chiediamo anche se questo principio debba valere (come pare) in egual misura per i disperati ed i disoccupati italiani e greci, come per i dirigenti delle multinazionali tedesche o statunitensi: cui singoli stipendi personali da soli sovrastano la sommatoria degli stipendi di migliaia di uomini. Di migliaia di schiavi dell'Eurozona. Dunque, è giusto proporre a tutti – quale via per uscire dalle cosiddette crisi economiche – eguali limiti allo sviluppo? Come si può porre sullo stesso piano diritti e condizioni di vita di centinaia di milioni di disperati con diritti e condizioni di vita di una ristretta cerchia di plutocrati? Beh, il tutto ci pare davvero profondamente assurdo! Per non dire ridicolo ed immorale.
Decrescita Felice? – No, puzza di stalinismo
La miracolistica ricetta della "Decrescita Felice" del professor Serge Latouche, dunque, non ci appare assolutamente auspicabile e proponibile. Infatti, un invito planetario alla decrescita ed alla moderazione – se esteso a livello globale e generalizzato a ogni classe sociale – non fa altro che avvantaggiare e favorire immoralmente le categorie sociali più abbienti. Cioè coloro i quali hanno accumulato talmente tali e tante ricchezze da non essere minimamente intaccati da questa presunta decrescita. Imporre eguali limiti a tutti, non vuol dir altro che mantenere perennemente l'attuale status quo. Latouche in tal modo non fa altro che invitare alla moderazione anche milioni di oppressi che anziché trovare spinte nuove alla crescita solidale dovrebbero auto-castrarsi, a tutto vantaggio dei grandi burattinai del sistema. In tal ottica miliardi di uomini dovrebbero accettare il fatto di continuare a vivere nell'immobilismo, infligendosi un nuovo tipo (dicono "felice") di limitazione forzata. Un disegno che – ripatendo dalla premessa iniziale – puzza molto di "comunismo stalinista". Latouche in tal senso predica bene per l'80% del suo ragionamento, ma finisce per razzolare molto male, malissimo, nel finale.
Nessuno può Servire due Padroni
Pertanto le stesse ricette di Latouche incentrate sulla "salvaguardia del pianeta" e sui "Limiti allo Sviluppo" non fanno altro – a nostro modesto modo di vedere – che avallare l'imperialismo occidentale, senza appotare alcuna soluzione concreta ad esso. Alcun correttivo. L'Immagine emblematica di questo quadretto può evincersi anche nel curioso fenomeno in base al quale gli stessi paesi occidentali che oggi prendono in gran considerazione la "Teroria della Decrescita" sono gli stessi a non accettare assolutamente i limiti alle emissioni di gas serra e CO2. L'unica via d'uscita, in tal senso, ci sembra quella che – superata la fuorviante "Decrescita Felice Latoucheana" – protenda per lo smantellamento dei limiti imposti dai poteri forti e dalle mafie internazionali per far si che tutti i popoli della terra anziché "decrescere" possano aspirare ad affrancasi dai lacci dei loro aguzzini, ed intraprendere prolifiche strade di crescita armonica e solidale. E ciò a partie proprio dalla nazionalizzazione della banche centrali e dall'inibizione del signoraggio bancario. D'altra parte, amici, la storia insegna: se il vero obiettivo dell'umanità è quello di mantenere in condizione di inferiorità e subalternanza miliardi di uomini, e nel contempo di prostrarsi al dio denaro (a Mammona) allora non ci saranno limiti allo sfruttamento o decrescite che tengano. "Nessuno può servie due Padroni, perchè amando l'uno disprezzerà l'altro. Non potete sevire Dio e il danaro" . Nessuno può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro: non potete servire a Dio e a Mammona (Mt 6, 24).
Sergio Basile (Copyright © 2012 Qui Europa)
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