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– di Giovanni Antonio Fois –
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Lunedì, Aprile 15th/ 2013
– di Giovanni Antonio Fois –
Leonardo Del Vecchio, Luxottica, Sistema bancario internazionale, Unione Europea, Assicurazioni Generali, Ray-Ban, Persol, Oakley, Partito Democratico, Popolo Della Libertà, Lega Nord, Recessione, Italia, Francesco Profumo, Credito Italiano, Avantgarde, Unicredit, Telecom, Equitalia
Storia di Leonardo Del Vecchio – Il Padre
di Luxottica attacca il sistema bancario:
''Così non si va da nessuna parte''
La denuncia del secondo imprenditore d'Italia:
''Basta ai manager mitomani finanzieri''
di Giovanni Antonio Fois
Milano – “Non investiamo neppure un euro nella finanza, perché noi sappiamo come produrre, come inventare mercato, avendo come fine la ricchezza collettiva della comunità, altrimenti questo lavoro non avrebbe senso”. Con queste parole Leonardo Del Vecchio, fondatore e principale azionista della Luxottica, pone il proprio monito alle alte sfere dell'imprenditoria italiana ed internazionale. Sflogliando il passato dell'imprenditore lombardo, ci si può rendere conto del perchè queste parole siano da considerarsi attendibili ed importanti. Questo nome, sconosciuto alla maggior parte dei nostri connazionali, è legato al secondo più importante imprenditore italiano che abbia operato sul mercato dal dopoguerra ai giorni nostri. La sua storia è quella di un orfano, nato nella Milano degli anni '30, capace con le sole proprie forze e capacità di creare un'azienda che conta oggi più di 75 mila dipendenti. Un'esistenza degna di un poema epico che sembra venir fuori dalle pagine ingiallite di un romanzo di Dickens.
Un Oliver Twist dei giorni nostri
Cresciuto nel collegio dei Martinitt, il giovane Del Vecchio divenne apprendista incisore in un'industria milanese di ricambi per automobili e montature per occhiali. Appreso il mestiere, a soli ventisei anni, riuscì nell'impresa di aprire un'attività propria con quattordici uomini alle sue dipendenze: si tratta della Luxottica S.a.s. Grazie al sistema di fabbricazione, capace di produrre tutte le diverse parti per l'assemblaggio finale del prodotto, la neonata azienda si fece strada tra le altre grandi concorrenti del settore, le quali procedevano per lo più al solo assemblaggio delle componenti. La prima Mostra Internazionale degli occhiali di Milano, contribuì poi al consacramento della Luxottica anche fuori dal Paese. Il design innovativo venne apprezzato a livello mondiale, in primo luogo dagli statunitensi, favorendo l'innalzamento delle vendite fino all'ingresso della società nella borsa di New York. Da qui in poi un escalation di successi attestarono la Luxottica nelle prime posizione del ranking mondiale per fatturato annuo, permettendo all'azienda di accapararsi la vendita al dettaglio di decine di paesi occidentali.
Luxottica: seconda azienda italiana del ventunesimo secolo
Oggi la Luxottica collabora con le principali firme dell'alta moda mondiale ed è riuscita a schiacciare importanti marchi del settore, come la Ray-Ban, la Persol o la Oakley, che sono adesso proprietà di Del Vecchio. Dato il suo trascorso da grande conoscitore del mercato e data la sua imparzialità a livello politico, ci si rende conto del perchè le parole di quest'uomo possano esserci, in un momento come questo, di grande aiuto. Corteggiato da Pd, Pdl e Lega, l'industriale milanese ha liquidato tutti asserendo ''Non mi piacciono i balli di corte''.
Un Uomo fuori dal Coro
Prendendo le distanze da quel tipo di organizzazione politica a sostegno delle grandi multinazionali, caratterizzato delle magagne tra potenti che hanno portato il Paese allo sfacelo, Del Vecchio afferma che è il sistema produttivo che crea il guadagno e la forza d'una azienda. Venendo fuori da un silenzio durato cinquantanni, l'imprenditore compie il suo primo outing al microfono del giornalista Daniele Manca, demonizzando le nuove strategie di mercato che vedono nuovi ''manager mitomani finanzieri'' giocare con la pelle dei contribuenti nel videopoker internazionale della rincorsa alle azioni.
Il paradigma delle speculazioni finanziarie
“Il problema dell’Italia nasce quando si vuole fare finanza. Quando, le aziende, usando i soldi degli investitori e soprattutto dei risparmiatori, comprano un pezzettino di Telecom, e un pezzetto di una banca russa; si mettono a repentaglio ben due miliardi di euro alleandosi con il finanziere ceko Kellner e ci si impegna con la Citylife in una percentuale che nessun immobiliarista al mondo avrebbe mai accettato, com’è avvenuto nel 2009 quando hanno investito 800 milioni in fondi di investimento greci. Miliardi di euro sono andati in fumo. Erano soldi di imprenditori italiani che avevano investito con l’idea di poter poi spostare i profitti nel mercato del lavoro per tirar su imprese e creare lavoro. I manager responsabili di questi atti perdenti sono stati tutti promossi e saldati con stipendi multi milionari. Non si va da nessuna parte, così”. In un precedente articolo avevamo sottolineato quali fossero le liquidazioni previste per i grandi manager degli istituti bancari italiani ed esteri e oggi Del Vecchio supporta a pieno le nostre ricerche. Non possiamo continuare ad investire i nostri soldi, a nostra insaputa, in fondi bancari che una volta giunti al collasso ci costrindgono al pagamento dei debiti da loro accumulati. E' chiaramente un paradosso sociale che rende ogni cittadino schiavo del proprio istituto di riferimento. Equitalia e le altre agenzie di riscossione completano il lavoro, spingendo milioni di famiglie e di risparmiatori sull'orlo del fosso.
L'Italia di allora e qualla di oggi: che cosa è cambiato?
Le parole di Del Vecchio ci ricordano come l'innovatività delle idee, il risparmio sui mezzi di produzione, il sacrificio e la perseveranza possano far crescere una piccola impresa fino a divenire un colosso nel proprio settore, a patto che si rimanga al di fuori delle logiche della finanza, cancro del ventunesimo secolo. In merito alla situazione bancaria italiana ed alle linee adottate in questi ultimi anni, il leader di Luxottica tira in ballo la figura di Profumo e racconta la sua avventura negli Usa, sostenuto, nei primi anni 80, dal Credito Italiano: “Finché Unicredit e le Generali facevano le banche andava bene. Poi si sono buttati nella finanza e hanno perso la testa. Ho visto sotto i miei occhi trasformarsi Profumo. Partecipazioni, fusioni, investimenti a pioggia inutili e perdenti, con l’unico fine di agguantare soldi veloci e facili invece che produrre impresa con l’unico risultato di ottenere perdite colossali e bonus di uscita per diverse decine di milioni di euro. Le banche italiane hanno perso la testa. Ricordo il 1981. La mia azienda, dopo 20 anni, era diventata forte e solida. Avevo capito che la globalizzazione era alle porte e bisognava andare all’attacco del mercato americano. Ma non si cerca di entrare in Usa se non si è solidi finanziariamente. Abbiamo fatto le nostre ricerche e analisi e alla fine abbiamo calcolato che avevamo bisogno di una certa cifra molto alta. Mi rivolsi al Credito Italiano. Andai a parlare con Rondelli che la dirigeva. Gli dissi che volevo iniziare acquistando Avantgarde, un marchio americano che sarebbe stato il cavallo di Troia, ma non avevo i soldi. Presentai il progetto, il business plan, il programma, i rischi. Dieci giorni dopo mi convocò alla banca. Accettò. Mi presentai in Usa che mi ridevano in faccia. Dissero la cifra. Tirai fuori il libretto di assegni e firmai senza neppure chiedere lo sconto di un dollaro. Due ore dopo, l’amministratore delegato di Avantgarde mi confessò al bar penso di aver commesso il più grande errore professionale della mia vita e si ritirò dagli affari. Un anno dopo avevo restituito alla banca tutto il capitale con gli interessi composti, avevo aperto quattro nuovi stabilimenti e assunto 4.500 persone. Questo deve fare una banca. O in Italia lo capiscono e si danno una smossa, oppure si rimane alle chiacchiere e si affonda”.
Non c'è spazio per l'ottimismo
Questa netta presa di posizione nei confronti delle banche che ad oggi evidentemente non adempiono più ai loro doveri ma anzi costringono i contribuenti al fallimento, è una denuncia al sistema bancario che sta schiacciando sempre più i giovani imprenditori. Fatti che rimandano alla memoria i suoi primi anni da incisore, come dipendente. Se anche allora gli istituti di finanziamento avessero costretto il giovane Del Vecchio al collasso, oggi l'Italia si ritroverebbe senza il suo fiore all'occhiello, la Luxottica appunto, una delle pochissime aziende considerabili, anche in tempi come questi, in continua espansione. Ci si chiede allora quante giovani menti e imprese siano state sacrificate durante l'ultimo ventennio, in nome degli interessi bancari, rei d'aver intrapreso scelte sbagliate e d'aver sommerso brillanti aziende in via di sviluppo in un mare di debiti ed obbligazioni. Tutto sommato questa è la storia italiana, la storia d'un Paese ricco di risorse e di cervelli brillanti, da qualche tempo a questa parte condannati inesorabilmente alla deriva.
Giovanni Antonio Fois (Copyright © 2013 Qui Europa)
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