Domenica, 22 ottobre / 2017
– di Giacinto Auriti: ricordi e pensieri –
Redazione Quieuropa, [...]
Lunedì, Luglio 23th/ 2012
– L'Editoriale, di Sergio Basile –
Unione Europea / Romania / Commissione europea / Parlamento europeo / Manuel Barroso / Martin Schulz / Terremoto politico / Traian Basescu / Crisi economica / Esm / Fiscal compact / Usl / Referendum popolare / Malcontento / Fmi / Manuel Barroso / Victor Ponta
Romania sotto scacco di una sanguinosa Austerity
ma questa volta Dracula non c'entra
Ponta-Basescu-Barroso: i retroscena di un terremoto
che fa tremare i palazzi del potere dell'eurocasta
Tutto quello che i media taccioni sul caso Romania
Bucarest – La Romania è entrata a far parte dell'Ue (ma non della zona euro) solo nel 2007, assieme alla Bulgaria, ed è accomunata a quest'ultima dal fatto di rappresentare il fanalino di coda tra le 27 economie dell'Unione e del'intera Europa. Nella settimana appena conclusasi, all'indirizzo del governo romeno di Victor Ponta sono giunti gli ennesimi accorati appelli-diktat dell'euro-casta per spingere – dicono – il paese ad una "presunta riforma della giustizia". Secondo le ultime dichiarazioni rilasciate in merito dal Presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz (divenuto ormai l'ombra fedele di Barroso) la Romania "deve attuare immediatamente le raccomandazioni espresse dalla Commissione europea e rispettare gli standard dell'Ue. (…) siamo un'unione di valori condivisi e fiducia reciproca – ha continuato Schulz – tutti i Paesi membri devono rispettare le istituzioni democratiche (?) l'indipendenza del sistema giudiziario e lo stato di diritto''. Ma la situazione in realtà è ben diversa da quella dipinta da Tv e giornali in Italia, e intanto, all'interno dei confini del Paese, la situazione politica si fa sempre più tesa.
Romania: stesso copione greco
Una situazione che ci ricorda tanto quella ellenica, per comprenderci: e che con il paese ellenico, come vedremo, presenta molteplici tristi analogie. Ma per molti versi l'ingresso nell'Unione sembra aver già stancato una fetta abbastanza cospicua dell'elettorato rumeno. Sarà stato un caso, ma l'ingresso nell'Ue e nella dorata gabbia di Bruxelles è coinciso con lo sdoganamento di deleterie politiche neo-liberiste e con l'inizio (contestuale) di una parabola negativa per il Paese, sfociata 2 anni dopo – nel 2009 – in una profonda recessione: alimentata, ovviamente, dagll'effetto a catena della stessa crisi globale pilotata dalla speculazione internazionale con il nulla osta degli stessi organi comunitari, che non hanno mosso un dito al fine di de-finanziarizzare l'economia e ridurre la dipendenza degli stati dalla finanza.
Romania: stavolta Dracula non c'entra
Va ricordato che la Romania – notoriamente terra dei famigerati vampiri – di "adeguato riflesso" agli spettri di questa recessione, ad oggi soggiace sotto il pesante scacco dell'FMI, dell'Ue e di Banca Mondiale: costretta ad accettare "sanguinosi" aiuti (torna il parallelo con la Grecia) per 20 miliardi di Euro. Ma questa volta il pericolo non è rappresentato da un redivivo Conte Dracula, ma bensì da una razza di vampiri ancor più sanguinaria e letale. E ad aprire la porta di casa a cotanti "graditi" ospiti chi è stato? Lui! L'uomo della discordia: l'eclettico e bizzarro presidente Traian Basescu: al potere dal 2004, e con un mandato in scadenza nel 2014.
Il conflitto istituzionale che fa tremare Bruxelles
Tale "gravissima ingerenza" (che per alcuni versi ci ricorda qualcosa a noi molto familiare) è all'origine dello scontro istituzionale tra Basescu e l'attuale capo dell'esecutivo Victor Ponta: terzo leader al potere dall'inizio dell'anno; nominato il 7 maggio scorso dopo la caduta del famigerato "governo tecnico" pro-austerity guidato dal giovanissimo Mihai Razvan Ungureanu. Leader che a sua volta era subentrato all'altrettanto odiato vampiro pro-austerity Emil Boc. Le suddette ingerenze, nei giorni scorsi, hanno spinto il Parlamento rumeno a mettere sotto accusa con l'istituto dell'impeachment, ed a sospendere – rinviandolo cioè al giudizio del referendum popolare – Traian Basescu per attentato alla Costituzione ed abuso di potere. Ciò per aver scavalcato illegittimamente il Primo Ministro ed aver avallato le misure di austerrity conseguenti agli "pseudo-aiuti" (pillola avvelenata) della Troika e di Banca Mondiale.
L'indesiderata visita della Commissione
Bucarest, Bruxelles – Martedì scorso il premier rumeno Victor Ponta, in virtù di ciò, veva reso noto come l'FMI e l'Ue avessero fissato al prossimo 31 luglio una loro visita in Romania, in qualità di osservatori particolari: "missione ufficiale" che si preannuncia già dai classici toni piuttosto minacciosi. Da vero ultimatum! Timori cresciuti per le ultime risolute iniziative del governo Ponta e del Parlamento, che in data 3 Luglio si era liberato in un sol colpo di tutti gli uomini del presidente Basescu (vicini all'euro-casta): sollevati uno dopo l’altro da due delle più alte cariche dello Stato, quella del presidente del Senato (con il liberale Antoneschu che ha preso il posto di Vasile Blaga) e quella del presidente della Camera (con Roberta Anastase sostituita da Valeriu Zgonea). Il tutto dopo che le elezioni amministrative avevano marcato la netta vittoria dell’Usl, la coalizione di centro sinistra. L’Usl, ha fatto totalmente piazza pulita anche dell’avvocato del popolo, decidendo di assoggettare al controllo governativo il “Monitur Official”, una sorta di Gazzetta Ufficiale; cercando inoltre di modificare con urgenza anche la stessa legge sul referendum, proponendo la possibilità di convalidarlo a quorum del 50 % più 1 dei votanti, contro il precedente 50 % più 1 degli aventi diritto.
La "letterina" di impegni di Barroso
Tale annuncio era coinciso con una "rassicurante letterina" di "compiti a casa" indirizzata al governo di Bucarest e firmata proprio da Manuel Barroso che – sempre più trepidante per l'esito incerto del voto rumeno – aveva deciso di "mettere le mani avanti" dettando – attraverso questo "documento di servizio" – precise condizioni da seguire. Il documento (analizzato dalla redazione di "Qui Europa") parlava tra l'altro di "rispetto dello stato di diritto"; "indipendenza della magistratura"; "ripristino" dei poteri della Corte costituzionale sul controllo di costituzionalità delle decisioni del Parlamento; Abrogazione dell'ordinanza d'emergenza n. 38''; Ripristino delle norme sul quorum per la validita del referendum (50% più uno degli iscritti nelle liste elettorali e non 50% più uno dei votanti effettivi: sperando magari nel mancato raggiungimento del quorum stesso) con ''abrogazione dell'ordinanza d'emergenza n. 41''; "Esclusione dell'uso di ordinanze d'emergenza'' in situazioni di non-emergenza (conclusione, consentiteci, paradossale) e nelle decisioni che riguardano la Costituzione o lo status di istituzioni fondamentali dello Stato; Divieto di "uso selettivo" della pubblicazione di leggi sulla Gazzetta Ufficiale; Iimmediata sottomissione a tutte le decisioni della Corte Costituzionale'' (vicina, ricordiamolo, al golpista Basescu).
Possibile sospensione del voto?
Ma non è tutto! Dopo la convocazione urgente, intervenuta nei giorni scorsi, dei due "litiganti" Ponta e Basescu (entrambi a rapporto in Commissione) tra i corridoi dei palazzi del potere non si esclude l’ipotesi di sospendere il diritto di voto di Bucarest in sede europea. Si tratterebbe di applicare l’articolo 7 del trattato sull’Unione europea che lo prevede in caso di “violazione grave e persistente” dei valori dell’Unione come il rispetto della libertà, della democrazia e dei diritti umani. Paroloni tuttavia – consentiteci – del tutto inappropriati all'eurocasta che ci "domina". Nei mesi scorsi si era ipotizzato di applicare la misura all’Ungheria di Viktor Orban : intenzionato, come ricorderete, a rinazionalizzare la Banca d'Ungheria, nelle mani dei privati, ponendola sotto il controllo del Parlamento. Ipotesi evidentemente sgradita e sconveniente a Barroso e ai suoi. Per adesso esiste un solo precedente che risale al 2000, quando la destra di Joerg Haider arrivò al governo in Austria.
All'origine delle proteste
Malgrado il pressocché totale silenzio dei media italiani – sempre più asserviti alla "causa europeista" a prescindere dal tenore e dalla portata delle azioni poste in essere da Bruxelles – le proteste popolari della scorsa settimana hanno causato un terremoto la cui onda d'urto è stata avvertita potente fino ai palazzi del potere di Bruxelles, scossi fin dalle fondamenta dai disordini e dalle corali manifestazioni anti-austerity, anti FMI ed anti-casta Ue levatesi sonore e vibranti non solo da Bucarest ma anche dalle principali piazze europee: dalla Germania all'Olanda, dalla Grecia alla Romania, dalla Finlandia alla Spagna. Segno inequivocabile che la gente, in tutta Europa, non crede più ad una soluzione politica di questa “crisi”. Né tantomeno crede ormai alle balle su una crisi auto-alimentata e retta anche grazie al Trattato di Lisbona (Art. 123 in primis); da anti-concorrenziali politiche ultraliberiste e da un immobilismo cronico su questioni cardine come il bando parziale delle agenzie di rating; il bando dei paradisi fiscali e dei derivati o la rinazionalizzazione delle banche centrali: alla quali la casta ha risposto addirittura con la proposta di un ulteriore accentramento in un'unione bancaria e politica. Ma evidentemente, oggi, la voglia di Democrazia vera e di riscatto del popolo contro questo euro-baraccone è tanta, troppa. Cosa potrà fare il piccolo tecnocrate Barroso contro la sete di Giustizia e Democrazia dei popoli? Pensiamo, alla lunga, davvero nulla!
Bucarest: un'austerity forzata
Il comun denominatore del manifesto dissenso delle piazze sono state, ancora una volta, le cosiddette "misure di risparmio". Misure che per la Romania – e per gentile concessione di un contestatissimo presidente Traian Basescu – sarebbero protese a garantire – come visto – il prestito di troika e Banca Mondiale per – udite udite – "sostenere l’economia rumena". I tagli alla spesa e gli aumenti di tasse sono stati micidiali, così come per la Grecia: 30 mila poliziotti licenziati per ridurre la spesa pubblica; (nel 2010) l’iva passata – addirittura – dal 19 al 24%; stipendi dei dipendenti pubblici tagliati del 25 %; imponente smantellamento di quel che resta della Sanità pubblica e dello stato sociale. E tutto ciò mentre la manfrina del “più mercato meno Stato” viene propinata senza alcuno scrupolo di coscienza dai consueti politicanti "neoliberisti" di turno, che in ogni Paese europeo sotto attacco sono stati sempre celeri a tradire vergognosamente i propri concittadini e la propria patria, spinti vililmente ed asserviti al loro unico vero dio, chiamato "Mammona".
Un referendum decisivo
Per ora, dunque, in Romania tutto pare sospeso in attesa dell'attesissimo referendum popolare previsto per domenica prossima, 29 luglio. Un referendum che potrebbe essere decisivo sia per la tenuta politica dell'Ue, sia per lo stesso destino democratico della Romania, nel quale la popolazione sarà chiamata, nello specifico, a pronunziarsi sull'eventuale destituzione del presidente-faraone Traian Basescu: vecchio amico di George Bush, di Giorgio Napolitano quanto di Christine Lagarde (FMI). Ed oggi – come pare – affezzionato supporter dell'euro-casta di Bruxelles.
L'Europa democratica guarda alla Romania
Alla luce di quanto detto, possiamo benissimo inquadrare ciò che sta accadendo in Romania – e malgrado la vergognosa censura da regime della stragrande maggioranza degli organi di stampa italiani – come l'evolversi di un periodo di fermento politico storico ed epocale. Molti osservatori internazionali e media italiani si sono limitati a buttarla sulla mera politica, ed a parlare di "scontro istituzionale" fra un presidente conservatore (Traian Basescu) ed il leader di un governo di centro-sinistra (Victor Ponta). Ma da parte nostra preferiamo spostare il nocciolo del problema su un terreno diverso e più realistico. E', infatti, appropriato parlare (così come per la Grecia) di scontro tra casta dell'austerity e partito del popolo. Movimento oggi incarnato dalla sinistra moderata dell'Usl di Victor Ponta: una sorta di Syriza rumeno. Per analogia potremmo parlare di Ponta come di un Alexis Tsipras dei balcani.
La "Bufala degli Indignados"
Ma è curioso come "TG Bufala 24" in Italia abbia trattato il caso Romania. Le proteste della stragrande maggioranza del popolo romeno – badate bene, di un "popolo" – di colpo sono state trasformate nelle proteste di un gruppo di “Indignados" che avrebbe deciso di trasvolare da Madrid nel Regno di Dracula, per una non proprio "allegra" scampagnata. Ma il colmo della "barzelletta mediatica", nella scorsa settimana, si è raggiunto nel sostenere che un folto gruppo di cittadini romeni presenti in Italia avrebbe organizzato un presidio a Roma di fronte al loro consolato, al grido “vogliamo un governo Monti per la Romania”! Ma a tutto c'è un limite cari lettori! Come si fa a credere sulla genuinità di un tale sedicente appello "tecnocratico"? Come, d'altra parte, si fa a credere a chi predica la “concorrenza” (facendo parte da sempre di club occulti mondialisti atti a decidere in maniera anti-democratica) e si fa nominare “senatore a vita” giusto per poter diventare subito dopo Presidente del Consiglio? E nel giro di pochi giorni! Se questo non è un “colpo di Stato” che cos’è? Ma, evidentemente, visto che i sanguigni Romeni non sono come i "timidi ed illusi Italiani", prima che la situazione a Bucarest sfugga definitivamente di mano il "partito del potere e della propaganda" cerca (disperatamente) d’incanalare e strumentalizzare la protesta con un pò di "sana disinformazione", cioè con un "salutare condimento" a base "d'indignazione" e di "indignados della domenica". La stessa "farsa d'occasione" vista nelle strade d’Italia, o in molte trasmissioni tv, al momento della destituzione di "Re Silvio", ma poi d'improvviso scomparsa nel nulla e malgrado i gravissimi macelli sociali ed economici perpetrati dal Governo Monti. Ben peggiori di quelli provocati da un – pur impresentabile – governo Berlusconi: stranamente tra i supporters più convinti di Mario Monti. Non trovate tutto questo a dir poco ridicolo? Esecutivo tecnico, quello di Monti, che non sarebbe dovuto andare oltre le faccende di ordinaria amministrazione in attesa delle elezioni, ma poi travestitosi illegittimamente e magicamente da "governo politico". Ciò, mentre molti sondaggi "patacca" davano e danno qua e là il "professor Monti" in testa a tutti i sondaggi politici sul gradimento pubblico. Ma evidentemente ogni popolo ha il leader ed i media che si merita! Almeno fino a quando non deciderà di uscire dal letargo dell'indifferenza, dell'ignoranza o del "privilegium" e di pensare con la propria testa. La Romania insegna!
Sergio Basile (Copyright © 2012 Qui Europa)
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