Venerdì, Luglio 26th/ 2013
– di Sergio Basile e Andras Kovacs –
Romania, Ungheria, Viktor Orban, Tensione e paura in [...]
Lunedì, Giugno 17th/2013
– di C.Alessandro Mauceri e Sergio Basile –
Turchia, presidente del Consiglio di Stato turco, Huseyin Karakullukcu, Hurriyet, Gezi, Istanbul, Recep Tayyip Erdogan, Bosforo, Sulim I, Çhd (Associazione degli avvocati progressisti), Caglayan, Akp, vicesegretario generale del Consiglio d'Europa, Gabriella Battaini Dragoni, agenzia Anadolu, Amnesty International, Casa Bianca, ministro degli Esteri, Emma Bonino, Abdullah Gül, Fethullah Gülen, Zaman, Berlino, Salonicco
Le Lunghe Ombre Nere oltre gli Alberi di
Gezi Park
Turchia – Spuntano le ombre nere di Otpor e Soros
A poche settimane dal saldo dell'ultima rata di debito
all'FMI, Erdogan mollato dai suoi colleghi atlantisti.
Come mai? Che si profila all'orizzonte?
L'Analisi di Qui Europa
Il Premier chiama a raccolta i suoi e ammonisce: "Paese
sotto attacco di una banda di sediziosi golpisti!"
di C.Alessandro Mauceri e Sergio Basile
Istanbul, Ankara, Salonicco – Nelle ultime ore, il premier Erdogan rispolverando l'inconsueta "divisa" di paladino della democrazia e della giustizia (che aveva completamente e clamorosamente dismesso nei rapporti di "buon vicinato con la vicina Siria) ha invitato i manifestanti – che da due settimane protestato in centinaia di piazze turche – a rientrare nei ranghi, rilanciando precise accuse verso quella che ha bollato come una minoranza di sediziosi golpisti. Lo ha fatto chiamando a raccolta migliaia di fedelissimi dell'Akp, accorsi tempestivamente da tutto il Paese. Il premier ha parlato letteralmente di "golpe" ai danni del suo esecutivo, esortando la popolazione: “non lasciatevi ingannare, non cascate nella loro trappola se io sono qui è per servire il Paese!". Ma c'è evidentememte di più! Qualcosa che sfugge all'indiscreto occhio digitale dei media occidentali. Vediamo!
Strani Movimenti in Turchia… Olezzo di Primavera Turca…
Nei giorni scorsi le prime pagine di quasi tutti i notiziari sono state riempite di articoli circa gli scontri tra manifestanti e forse dell’ordine in Turchia. Si è parlato anche del presunto uso di armi chimiche non convenzionali… Qui Europa ha seguito da vicino gli eventi, con ampi reportage e foto. Come al solito, però, in molti TG e quotidiani (di regime) poche volte si è andati al di là della notizia da copertina per approfondire la vicenda. Sarebbe bene, invece, cercare di comprendere quali siano le reali cause della protesta almeno ora le il puzzle appare più chiaro. Che senso avrebbe una sommossa popolare iniziata il 27 maggio solo per difendere un centinaio di alberi e ancora in corso dopo due settimane e per di più con ripercussioni internazionali non indifferenti? Se così fosse sarebbero poco giustificate le frasi bellicose pronunciate da Erdoğan di fronte al suo gruppo parlamentare: «Taglieremo gli alberi di quel parco, saranno ripiantati in un altro posto». E, per farlo, per far sgombrare la piazza perché mandare forze dell’ordine che, come visto nei filmati, sparano ad altezza d’uomo? Se oggetto del contendere fosse stato solo il parco (come dimostrato nei pregressi articoli: vedi allegati) sarebbe strana la durezza del premier. Specie in considerazione del fatto (riportato da pochi media, ma determinante in questa situazione) che il presidente del Consiglio di Stato turco, Huseyin Karakullukcu, citato dal quotidiano Hurriyet, ha affermato che esiste già una sentenza del 31 maggio che boccia il progetto del governo per le modifiche al parco!
L'orizzonte al di là degli alberi…
In realtà, probabilmente, la ragione di una simile ostinazione da entrambe le parti è da cercare altrove. Forse nello stato di estremo disagio della popolazione non solo di Istanbul, ma di tutte le grandi città turche, che ha fatto da detonatore ad una diffusa insoddisfazione per un potere islamico che non nasconde la voglia di trasformare l’egemonia politica in egemonia culturale contro la forte opinione pubblica laica turca. Il parco di Gezi, che si trova nella parte “europea” di Istanbul, al centro di un distretto turistico famoso per i suoi ristoranti e negozi sarebbe solo il centro della protesta. E l’abbattimento degli alberi doveva servire non a migliorare il parco, ma a realizzare (come visto) edifici pubblici e centri commerciali, la “giusta causa”. Forse quindi, a ben vedere, la protesta dei partecipanti è diretta contro politiche sempre più autoritarie del governo guidato dal primo ministro Recep Tayyip Erdogan, che la settimana scorsa ha fatto approvare due leggi: la prima vieta i baci in pubblico, la seconda la vendita di alcool all'aperto e in assoluto dopo le 22 e, al tempo stesso, varava iniziative come la costruzione del terzo ponte sul Bosforo (che comporterà la distruzione di molte delle poche zone verdi nella città) dedicandolo al sultano ottomano Sulim I, passato alla storia per aver ordinato un massacro di membri di una minoranza sciita. Per tacere sulle politiche imperialiste e coloniali filo-Nato perseguite in Siria.
L'involuzione
Anche l’atteggiamento del premier è apparso strano quando dopo aver affermato (1) che "i piani per la distruzione del Gezi Park andranno avanti. e (2) "Segheremo gli alberi di quel parco e li ripianteremo in un altro posto", ha aggiunto (3) riferendosi ai manifestanti, che si procederà "indipendentemente da quello che loro faranno". E, infatti, la polizia turca non solo ha arrestato numerosi manifestanti, ma anche almeno 73 avvocati che si erano messi a disposizione per difendere i loro diritti. Lo riferisce la Çhd (Associazione degli avvocati progressisti). I legali sono stati fermati dall'unità speciale della polizia nel tribunale di Caglayan. Anche dei giornalisti (della CNN) pare siano stati colpiti durante le azioni della polizia. In totale – come visto – sarebbero oltre 1.000 i feriti durante gli scontri: a riferirlo è l'Associazione dei medici turchi, che ha sottolineato la durezza delle azioni portate avanti dalle forze antisommossa affermando che almeno 4 persone hanno perso la vista dopo essere stati centrati dai candelotti lacrimogeni sparati dagli agenti mentre altri 4 sono curati per fratture al cranio. Ma altre fonti (come visto – vedi articolo in allegato) asseriscono addrittura che i feriti sarebbero oltre 6000. E questo solo per un centinaio di alberi?
La strana reazione dell'atlantista Ue
Intanto è venuto fuori che quattro persone, tre manifestanti e un poliziotto, sarebbero morte nelle proteste antigovernative iniziate pochi giorni fa. A renderlo noto è stato proprio il premier Recep Tayyip Erdoğan. Eppure uno dei motivi che aveva portato Erdoğan a essere eletto era stato il fatto che il suo partito, l’Akp, fosse stato da sempre considerato "storicamente" un partito (per così dire) "moderato". E allora perché questa improvvisa durezza? Durezza che non poteva passare inosservata e che non poteva essere accettata da un Paese democratico. Infatti, sono arrivate da più parti, in Europa, forti condanne nei confronti della Turchia. "E' chiaro che una polizia che interviene in modo così violento per noi è totalmente inaccettabile, che avvenga in Turchia o in qualsiasi altro Paese". A sostenerlo è stato il vicesegretario generale del Consiglio d'Europa, Gabriella Battaini Dragoni, manifestando preoccupazione per una reazione "che viene fatta contro il cittadino che vuole legittimamente esprimersi e non per oltraggiare i beni pubblici e privati. Bisogna lasciare che la gente manifesti". La risposta del premier turco è stata netta: “Non riconosco alcuna decisione presa sulla Turchia dall’ Europarlamento”. Citato dall’agenzia Anadolu, Erdoğan ha anche aggiunto che “coloro che hanno approvato questa risoluzione dovrebbero guardare alla Grecia, alle proteste e alla risposta della polizia lì”. Amnesty International ha parlato di "violenza brutale e vergognosa". Anche la Casa Bianca (???) ha espresso preoccupazione per quanto sta accadendo, esigendo il rispetto della libertà di espressione, di assemblea e di associazione, e di avere (da che pulpito) “una stampa libera e indipendente” (certo che, dopo quello che è venuto alla luce in America circa la libertà di stampa e il rispetto dei diritti dei cittadini le parole di Obama suonano a dir poco strane). Ma come mai questo improvviso distacco dal "fedelissimo" Erdogan?
Anche il partner italiano stranamente storce il naso …
Pure in Italia si sono levate voci di protesta. Per questo motivo il ministro degli Esteri, Emma Bonino, in una informativa alla Camera ha riferito che "Piazza Taksim non è piazza Tahrir. E i turchi non sono arabi", precisando che le manifestazioni di Istanbul ricordano più le piazze italiane o quelle di Occupy Wall Street che quelle che furono centro, in Egitto, della rivolta contro il presidente Mubarak quando, il 25 gennaio del 2011, i manifestanti occuparono la piazza. In breve però il loro numero crebbe e arrivò a 1 milione fino a quando, il 2 febbraio, non esplose la violenza fra i sostenitori di Mubarak e gli oppositori del regime. Sarà, certo è che, stranamente, i segnali che provengono dalla Turchia diventano di giorno in giorno più chiari. Drammaticamente più chiari…
Il Silenzio del "Presidente Turco" verso il "Primo Ministro" Erdogan
A molti è sembrato strano che il presidente Abdullah Gül, da quando Erdogan è rientrato ad Ankara, abbia mantenuto un silenzio impenetrabile. E ancora più strano è parso essere il silenzio di Fethullah Gülen, uno dei principali protagonisti degli ultimi decenni della politica in Turchia. Gülen è stato ed è tuttora uno degli attori principali della scena politica turca e della direzione dell’Akp. Multimiliardario (in dollari), considerato da Time tra i 100 uomini più influenti del pianeta, dalla Pennsylvania, dove vive da anni, controlla centinaia di moschee in Turchia e nel mondo e, attraverso una complessa rete di finanziarie, è proprietario di un grande impero mediatico (il quotidiano Zaman e varie emittenti radio e televisive) che gli permette di giocare un ruolo cruciale nelle campagne elettorali (Erdogan gli è debitore per i suoi straordinari successi) e quindi di avere una enorme influenza sull’Akp. Eppure tace dopo la violenza degli scontri.
Open Society Foundation – Lo zampino del mondialista George Soros
Pochi hanno notato l’atteggiamento in questi giorni del magnate (mondialista per eccellenza e padre di Otpor) George Soros, fondatore di numerosi progetti (per così dire) "filantropici" e dichiarato sostenitore e finanziatore di gruppi "pro-democrazia" (gli stessi che hanno iniziato le manifestazioni antigovernative in Turchia: gli stessi che hanno fomentato le cosiddette falsissime e celeberrime Primavere Colorate e Primavere Arabe). Già nel 2011, Lisa Graas del David Horowitz Freedom Center evidenziava “l’influenza manifesta” di Soros in Turchia tramite la sua Open Society Foundation. Secondo il giornalista e scrittore Richard Poe, ogni volta che Soros cerca di destabilizzare un’area applica lo stesso schema, composto da sette punti. E il sesto punto è l’occupazione delle strade (se è vero che si sta adottando questo schema, il prossimo passo saranno le dimissioni di Erdoğan per timore di un intervento NATO). Se ciò dovesse verificarsi, ciò equivarrebbe allo "scaricamento" ufficiale dei membri del club mondial-colonialista (Usa-Nato) ai danni di un loro stesso carissimo e fidato "collega".
Il ritiro dei capitali investiti in Turchia
Ma più di ogni altra cosa dovrebbe essere sintomatico il forte ritiro di capitali esteri investiti in Turchia. La borsa di Istanbul ha perso più del 10% la settimana scorsa (-20% per indice Bist 100 dai massimi dello scorso 22 maggio), bruciando miliardi di dollari e la banca centrale ha dovuto intervenire per sostenere la moneta turca, la lira, caduta ai livelli più bassi rispetto al dollaro dall'ottobre 2011. E la protesta si sta estendendo ad altre città, da Berlino a Salonicco (che è proprio al confine con la Turchia) dove migliaia di persone hanno marciato verso l’ambasciata turca. Altre 7mila persone hanno manifestato ad Ankara, dove ci sono stati scontri tra i dimostranti che tentavano di raggiungere gli uffici del primo ministro e la Polizia. I primi hanno alzato barricate con materiale raccolto in strada e lanciato bombe incendiarie, gli agenti hanno risposto con gas lacrimogeni. E questo solo per un centinaio di alberi? Sarà, ma, a ben guardare i fatti, è difficile da credere.
Dalle stanze dell'FMI a quelle di Washington
Specie dopo la notizia bomba trapelata nelle ultime settimane, secondo la quale la Turchia di Erdogan avrebbe da pochissimo finito di corrispondere l'ultima rata di debito al Fondo Monetario Internazionale. Una cosa è certa amici: Erdogan è l'incarnazione dell'imperialismo ottomano più estremo e buio (vedi caso Siria), ma qualcuno sta cercando di pilotare la sua roccambolesca uscita di scena a proprio favore, magari favorendo la salita al trono di un'altra testa di legno, stile Italia o Grecia, per continuare ad esercitare il proprio monopolio su siffatti prototipi (o modelli) coloniali. La risposta forse potrebbe trovarsi proprio a Washington, tra le austere e "eteree" stanze della White House. E' un'ipotesi… Che dite? Ma soprattutto – c'è da chiedersi – chi sarà il prossimo fortunato, post-rottamazione? Di sicuro un pezzo da Novanta! Almeno a giudicare dalla tabella di marcia del New World Order in quella strategica e particolarissima scacchiera che è il Medioriente e nel luogo nel quale un tempo crebbe l'oscura fama dell'imperatrice Teodora e dei suoi apocalittici retaggi.
C. Alessandro Mauceri, Sergio Basile (Copyright © 2013 Qui Europa)
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