Strage di Via d’Amelio, Vent’anni dopo

Giovedì, Luglio 19th/ 2012        

– di Mario Luongo –

Trattativa Stato mafia / Attentato via D’Amelio / Paolo Borsellino / Giorgio Napolitano / Stragismo mafioso / Francesco Messineo / Nicola Mancino / Peppino Impastato / Ragione di Stato / Salvatore Borsellino / Corteo Agende rosse / Roberto Scarpinato / Antonio ingroia / Marcello dell'Utri  

Trattativa stato-mafia: oggi il 20° anniversario

della morte di Paolo Borsellino e della scorta 

Le insensate parole di Giorgio Napolitano

Ingroia: "Siamo nella stanza della verità, ma

qualcuno vuol chiuderci la luce!"

Scarpinato: i potenti che hanno mosso i fili delle

stragi sono tra noi, ma sanno che riusciremo a

portarli sul banco degli accusati!"         

Roma, Palermo – Oggi ricorre il ventennale della morte del giudice Paolo Borsellino e della sua scorta nell’attentato in Via d’Amelio. Di retorica ne è stata fatta fin troppa, e non sembra il caso di continuare anche in questa sede. Purtroppo c’è da constatare con amarezza che si tratta di una retorica sterile, per non dire finta che va avanti da venti anni e non ha portato ancora a nulla; si incensa la memoria degli eroi, si giura eterna lotta ai “cattivi”, alla mafia, si fa appello al senso di unità nazionale, agli alti valori di giustizia, onestà, collaborazione, senso del dovere, coraggio. Belle parole che coprono sempre più a fatica un enorme vuoto, quello della verità e della volontà di far luce su uno dei misteri italiani più importanti.

  Una Montagna di Merda  

La Trattativa Stato-mafia già dal nome mette in risalto l’apparente ossimoro dell’argomento: sono due elementi agli antipodi, il primo basato (in teoria) sulla legalità, il consenso, l’ordine, la politica, la giustizia, mentre il secondo è l’aberrazione di tutto ciò. È il trionfo dell’omertà, della violenza, della coercizione, dell’illegalità, della paura. È una montagna di merda, come diceva Peppino Impastato. È inconcepibile un qualsiasi rapporto tra Stato e mafia, eppure quella che è definita una presunta trattativa, diventa sempre più una realtà che in tanti ancora oggi hanno difficoltà a guardare in faccia, nonostante siano passati più di venti anni. Francesco Messineo, procuratore di Palermo ieri ha dichiarato in proposito “Sarei in contraddizione con me stesso se aggiungessi presunta. Abbiamo avviato un procedimento che è in fase di avviso di conclusione indagini basato proprio sull’ipotesi che la trattativa ci sia stata e sia stata reale.” Anche il presidente Napolitano, d'altra parte – da poco tempo – ha cominciato a chiamare col suo vero nome questa pagina a lungo ignorata della storia italiana.

  Lo Stato processa se stesso   

Dunque le indagini dei giudici palermitani sulla Trattativa con le conseguenze che in questi giorni sono sotto gli occhi di tutti ( implicazioni del segretario giuridico del Quirinale Loris D’Ambrosio, le intercettazioni su Nicola Mancino, il Capo dello Stato chiamato in causa, il conflitto di attribuzione sollevato da quest’ultimo) hanno ragion d’essere molto più importanti e radicali di quanto si pensi. Per questo il comportamento delle istituzioni e della politica, salvo qualche rara eccezione,  è stato criticato già in articoli precedenti (vedi quello pubblicato ieri). “La indagini sulla Trattiva – ha scritto Attilio Bolzoni –  è lo Stato che processa sè stesso". È lo Stato che si guarda dentro, che si autoaccusa di colpe gravissime, che si riconosce traditore per avere patteggiato con il nemico. È tutto così semplice e tutto così complicato che vent'anni dopo c'è ancora un'Italia che ha paura.” Quindi l’ossimoro di cui prima viene meno, Stato e mafia non sembrano così tanto inconciliabili, anzi. A prevalere sono la ragion di Stato, la real-politik, il pragmatismo politico, si può chiamarla in mille modi, ma la sostanza rimane uguale: i principi etici, i valori morali vengono messi in secondo piano e sacrificati sull’altare di una politica che per fermare lo stragismo mafioso degli anni 90 è scesa a patti con la mafia stessa attraverso i suoi uomini politici, rappresentanti delle forze dell’ordine e alte cariche dello Stato.

  Standing Ovation per i magistrati di Palermo   

In uno stagno di mezze verità, false testimonianze, elementi che vengono a galla anni dopo, una presa di posizione come quella di Napolitano diventa un “macigno sulla strada della giustizia”  come afferma indignato Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, che aggiunge “ fino a quando non sarà cancellato il peccato originale di una Seconda Repubblica fondata sulle stragi del ’92 e ’93 l’Italia non potrà mai dirsi un paese democratico e civile”. Il passato che in questo stagno ritorna a galla, pur non essendo mai stato dimenticato. Oggi l’anniversario della strage ha messo in moto a Palermo  una serie di cortei, manifestazioni, incontri sia istituzionali che civili, come il dibattito alla facoltà di Giurisprudenza di Palermo nel quale sono intervenuti i magistrati che indagano sulla Trattativa, accolti da una standing ovation, oppure il corteo delle Agende Rosse (dalla famosa agenda rossa di Borsellino, mai ritrovata dopo l’attentato), simbolo di quella parte di Italia che vuole conoscere la verità sulla strage.

  Napolitano – Parole prive di senso   

In un momento così caratterizzato da un bisogno di giustizia, di chiarezza, di una presenza forte dello Stato, appaiono quasi prive di senso le parole del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: “Come ha fermamente dichiarato il Presidente del Consiglio Senatore Monti non c’è alcuna ragion di Stato che possa giustificare ritardi nell’accertamento dei fatti e delle responsabilità e nella ricerca della verità specie su torbide ipotesi di trattativa tra Stato e mafia” per poi aggiungere ““E proprio a tal fine  è importante scongiurare sovrapposizioni nelle indagini, difetti di collaborazione tra le autorità ad esse preposte, pubblicità improprie e generatrici di confusione”. L'immorale e becera retorica, appunto!

  Le parole di Ingroia e Scarpinato    

Allora possiamo comprendere e condividere pienamente le dichiarazioni giunte – in secca replica alle dichiarazioni di Marcello Dell'Utri – nelle scorse ore dal Procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, secondo il quale "siamo entrati della stanza della verità ma siamo al buio (…) io a volte mi sento un pò pazzo – ha aggiunto Ingroia – perchè credo che si possa raggiungere la verità sui misteri del nostro Paese". Parole che fanno eco a quelle giunte da Caltanissetta, e pronunciate dal Procuratore Generale Roberto Scarpinato, secondo il quale: "i potenti che hanno mosso i fili delle stragi sono fra noi, ma oggi sanno che riusciremo a trascinarli sul banco degli accusati". Infondo è la speranza che pulsa nel cuore di tutti gli Italiani onesti.

Mario Luongo  (Copyright © 2012 Qui Europa)

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